La festa va bene, Kent si addormenta col costume ma la mattina dopo quando deve andare al lavoro ha una brutta sorpresa: non riesce a togliersi più il costume, neanche il naso rosso.
Anzi la moglie per toglierlo gli strappa via un pezzo di naso.
E col procedere del tempo quel costume sembra fondersi sempre più con lui e comincia anche ad avere una strana fame.
La moglie indaga su quel costume e trova il proprietario: il quale racconta di una storia di una figura inquietante che veniva dal nord per placare la sua fame di bambini. fame che veniva placata dopo aver ucciso cinque bambini.
Non ho mai avuto una fobia particolare per i clown ( pare che ci sia una patologia apposita: la fobia dei clown si chiama coulrofobia e ne sarebbe affetto Johnny Depp) ma posso dire che non mi hanno mai divertito o fatto ridere in particolare modo: ho sempre visto, forse più che visto percepito la tristezza dietro quella parrucca e quel trucco coloratissimi, un certo senso di solitudine per uno che doveva essere o meglio sembrare sempre felice e sorridente per contratto.
E mi sono chiesto sempre se tutto ciò era vero. Se quel tizio vestito in maniera buffa che faceva cose stupide era veramente felice di fare tutto quello che faceva .
E nel 2012 un piccolo horror irlandese, Stitches, mi ha riportato alla mente tutto, dopo vari anni in cui non ci avevo più pensato.
L'anno scorso poi, quasi di soppiatto, è arrivato , realizzato con pochi soldi, distribuito poco e male ( addirittura un passaggio su grande schermo anche da noi, chissà per quale errore ), questo film del carneade Jon Watts, prodotto dal prezzemolino Eli Roth che non sarà sicuramente il mio regista preferito ( anzi ) ma lo cosidero un grande appassionato e da produttore spesso va a scoprire delle piccole chicche che forse sono addirittura meglio di quello che propone lui da regista.
E Clown in un certo senso lo è.
L'idea del vestito " pericoloso" non è nuova, ricordo un vecchio tv movie di Tobe Hooper , Il vestito che uccide, che però purtroppo non supportava troppo bene quell'idea con una realizzazione piuttosto piatta e poco ansiogena.
Spunto iniziale che invece viene supportato a dovere in Clown: Watts ci fa vivere, quasi sentire sulla nostra pelle quel dannato costume, la metamorfosi di Kent da amorevole padre di famiglia a essere demoniaco è dolorosa, lacerante e anche nel finale vediamo dei rari sprazzi del vero Kent , insomma se è l'abito che fa il monaco , ebbene Kent cerca di opporsi con tutte le sue forze, riuscendoci con esiti alterni.
Insomma il protagonista di questo film non è la solita carne da macello da cucinare a puntino per un film horror, è un personaggio che all'inizio ispira simpatia e poi addirittura compassione fino alla sua trasformazione.
Eppure dentro a quel costume non perdiamo mai di vista il rimasuglio umano che vi è incastrato, imprigionato.
Kent è prigioniero suo malgrado, la trasformazione anche fisica che sta vivendo è un qualcosa che trasuda dolore e sofferenza e tutto ciò riesce in qualche maniera ad esondare dal personaggio.
Non dico che lo empatizziamo perché è una parola grossa ma abbiamo un minimo di comprensione per lui.
Così come è convincente il personaggio della moglie, anche lei lacerata da una parte dall'amore per la propria famiglia e per il marito, dall'altra dalla volontà di risolvere una volta per tutte il problema.
Non servono trucchi o smanettamenti sul volume:
Clown fa discretamente paura di suo.
E in tutta sincerità non credevo ci riuscisse.
PERCHE' SI : buona idea quella di collocare in un mito nordico l'iconografia del clown, due protagonisti tratteggiati discretamente, effetti speciali artigianali di buon impatto, il film entra subito nel vivo senza tanti preamboli inutili
PERCHE' NO : sconsigliato agli affetti da coulrofobia, forse un po' troppo vecchio stampo per i fan più giovani, qualche snodo narrativo un po' troppo facile per non dire banale.
( VOTO : 7 / 10 )