La capacità di uscire dalla dimensione del mito/martire è stato il più grande ostacolo anche per chiunque abbia provato a darne un ritratto utilizzando il mezzo cinematografico. I tentativi effettuati fin oggi sono stati quanto di peggio visto in materia degli ultimi anni: dall’inevitabile complottismo un tanto al chilo di Kurt & Courtney, allo scialbo About A Son fino al pessimo Last Days (il semi-biopic pasticciato a firma di Gus VanSant). Al contrario di tutti i suoi predecessori, Cobain: Montage Of Heck è un documentario asciutto che cerca di tenersi lontano dall’effetto shock e di trattare con sobrietà anche i capitoli più delicati quali l’eroina, la relazione con Courtney Love e il suicidio. Forse l’unico errore che compie il regista Brett Morgen è quello di voler cercare una qualche forma di determinismo causa-effetto fra le vicende personali del bambino/adolescente Kurt e la futura star problematica degli anni a venire. Per il resto si tratta del tentativo riuscito di raccontare il lato più intimo e personale del protagonista, tralasciando per quanto possibile il personaggio pubblico e in questo distanziandosi enormemente dal rockumentary in senso classico. Il ricorso all’intervista esplicita (mezzo di comunicazione disprezzato da Cobain) è fortemente limitato e si preferisce far parlare il più variegato materiale d’archivio (musica, appunti, telefonate, video privati ecc) e le testimonianze di chi lo conosceva davvero (la famiglia stretta, Chris Novoselic, Courtney Love e pochi altri). Quello che rende davvero unico Montage Of Heck è la presenza di materiale inedito assolutamente incredibile: filmati appartenenti alla famiglia con lui bambino al compleanno o cose del genere, una serie di video casalinghi pre-fama che documentano la assoluta contiguità del personaggio a quello che poi sarebbe finito sulle copertine delle riviste.
La storia come sappiamo si interrompe il 5 aprile 1994, stavo facendo colazione in cucina quando l’ho sentito alla radio. Per quelli della mia generazione è stata una roba enorme, alla fine archiviato l’hype sono l’unico gruppo dell’epoca che mi piace più di allora, dubito infatti che al tempo li avessi compresi davvero. A distanza di venti anni mi viene anche da pensare che sia andata bene così, non vuole essere cinismo da due lire, ma la fine prematura pur nella sua tragicità ci ha probabilmente preservato dal vedere il nostro idolo ingrassare e fare ospitate da Fabio Fazio per presentare canzoni via via sempre più dispensabili e inoffensive. Il suo lascito oggi è lo stesso di allora, piccolo ed enorme: una manciata di dischi, tutti essenziali. Per sempre.