Coccolare il pubblico o ammaestrarlo?

Creato il 14 maggio 2014 da Mcnab75

Guardando i miei dati di vendita potrei addirittura pensare di diventare uno scrittore a tempo pieno (e quindi vivere dignitosamente di royalties), a patto di occuparmi soltanto di due sottogeneri del fantastico: le zombie apocalypse (e territori affini) e lo steampunk.
Ebook molto datati, e a cui non faccio spesso pubblicità, continuano a vendere almeno una copia al giorno. Parlo di Jalne, di Specie dominante e de I Robot di La Marmora. Mi lamento? Certo che no. Non sono così scemo, dai. Per contro, titoli nuovi, ma di argomenti più ostici ai lettori italiani, faticano molto a vendere un numero di copie a tre cifre. Mi riferisco per esempio agli spin-off di Sibir (questo e il suo seguito), o del ciclo de La Lancia di Marte.
Sono andamenti di mercato che poco hanno da spartire con la qualità. Si tratta semplicemente di gusti e di tendenze. Gli zombie funzionano alla grande da anni (e The Walking Dead ha amplificato ulteriormente il segnale). Lo steampunk va di moda, anche se sempre più spesso si allontana dalle caratteristiche che anni fa ne facevano un filone assai particolare.
A questo punto il lettore attento mi chiederà: “Perché non ti limiti a scrivere racconti di zombie e steampunk, così ti fai i soldi?
Già, bella domanda.

La questione in fondo è tutta qui.
Il pubblico va coccolato e assecondato, oppure bisogna cercare di ammaestrarlo?
Io opto più per la seconda risposta, che però è la più rischiosa, nonché forse quella sbagliata.
Mi piace l’idea di avere un parco-lettori curioso ed eclettico. Viceversa non amo molto i lettori monotematici e seriali, pur rispettando la scelta di ciascuno di gestire i propri gusti e i propri interessi narrativi.

I supereroi, per esempio, sono visti come fumo negli occhi da buona parte degli appassionati italiani del fantastico. Ce lo siamo già detto molte volte. Il genere viene visto come “immaturo” (non lo è) e “monotematico” (non lo è).
Non c’è altro modo di dimostrare il contrario, se non continuando a pubblicare racconti di questo tipo, affiancando a essi dei post di presentazione in cui si cerca di far comprendere dove e perché il lettore riottoso sbaglia. Cosa che farò sicuramente per il nuovo ciclo narrativo di racconti su Maciste.
Non si tratta più dunque di semplice promozione, bensì di un discorso più sottile e ideologico.

Ma se il pubblico proprio non vuole saperne di un certo genere, che si fa? Se i molteplici tentativi cadono a vuoto, occorre cambiare strategia?
Risposta: se vi servono le royalties per pagare delle bollette in scadenza, sì. Fatelo. Scrivete racconti di zombie, oppure roba erotica, urban fantasy… Scrivete roba che vende. Ma cercate di farlo in bella maniera, senza perdere il vostro stile. Siate dei mercenari della parola, ma dei mercenari fighi.
Se invece avete tempi più dilatati e potete continuare a sperimentare, magari alternando “cose che vendono” ad altre a cui tenete, ma che hanno un parco lettori più piccolo, proseguite nel vostro percorso. Se riuscirete a imporre al pubblico ciò in cui credete, consci della qualità che ci mettete, la soddisfazione sarà doppia.

Gli esperti di marketing dicono che questo è il periodo in cui occorre ricavarsi delle nicchie di mercato.
Difficile costruirle dal nulla, ma ci si può sempre provare. In realtà credo che il grosso problema sia un altro: non “ammaestrare” il pubblico, bensì comunicare con esso in modo costruttivo.
La sfida è aperta, ma non è detto che saranno gli scrittori più cocciuti a vincerla.
Comunque ho qui con me una keyboard e non ho paura di usarla. (semicit.)

Vediamo come va a finire.

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(A.G. – Follow me on Twitter)


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