I Coco bond sono debiti che diventano capitale all’occorrenza. Succede quando il Core Tier 1 ratio (indicatore della solidità patrimoniale delle banche) cede sotto un certo valore prefissato. Per l’investitore maggiori rischi ma rendimenti più alti
In sostanza, la banca che emette tali obbligazioni rende noto all’investitore che, se alcuni indici patrimoniali dovessero scendere sotto un certo valore prefissato, le obbligazioni stesse potrebbero essere convertite in azioni. Così facendo, la banca trasforma automaticamente un debito (obbligazione o bond) in capitale (azioni), a beneficio immediato del patrimonio.
L’indice maggiormente oggetto di monitoraggio è il Core Tier 1 ratio, ossia il rapporto tra
il capitale primario (capitale versato +/- utili/perdite) e le attività ponderate per il loro grado di rischio (prestiti a famiglie e imprese). Più alto è tale indice, maggiore è la robustezza patrimoniale di un Istituto, il quale, pertanto, potrebbe decidere di convertire i Coco bond qualora tale percentuale scendesse sotto un livello considerato critico.
Per il risparmiatore si tratta di una opportunità e di un grosso rischio allo stesso tempo. Diventa una opportunità, poiché tipicamente i Coco bond offrono interessi più alti delle obbligazioni semplici, a parità di scadenza, e questo per effetto del maggiore rischio insito nell’operazione. Si può arrivare anche ad interessi del 10% all’anno, per scadenze di medio-lungo termine.
Tuttavia, il rischio per chi investe è, anzitutto, di ritrovarsi in mano con un capitale deprezzato e con tendenza a perdere valore. Questo è dovuto anche al fatto che aumentando la quantità di azioni in circolazione, a parità di domanda, il loro corso tende a scendere. Inoltre, l’obbligazionista-neo azionista dovrebbe rinunciare alla cedola periodica, dovendosi accontentare dei titoli di puro capitale di rischio.
Per questa ragione, spesso i Coco bond sono riservati agli investitori istituzionali, mentre c’è chi ritiene che siano strumenti efficaci di controllo sul management, dato che la conversione di tali titoli spingerebbe alla protesta i vecchi soci, che dovrebbero fronteggiare il rischio di un deprezzamento delle azioni in loro possesso.
Ad ogni modo, non è un caso che tali obbligazioni siano cresciute di volume negli ultimi tempi, in coincidenza con l’emergere delle difficoltà contabili per le banche europee. Si stima che entro il 2018 si potrebbero avere 700 miliardi di euro di Coco bond in circolazione se le banche dell’Eurozona dovessero spingere su queste emissioni. Pertanto, bisogna stare molto attenti a sottoscrivere simili strumenti, che spesso nascondono insidie molto pericolose per il piccolo risparmiatore.