Col duo La Russa la Protezione è Razzista

Creato il 05 febbraio 2012 da Albertocapece

 Licia Satirico per il Simplicissimus

Forse ancora memori della disfatta dell’Armata italiana in Russia, i postfascisti hanno un rapporto controverso con la neve: Alemanno prima la sottovaluta dicendosi pronto ad affrontare tutti gli allarmi (o all’armi, nel caso di specie), poi chiama la Protezione Civile per chiedere cinquanta tonnellate di sale e l’intervento dell’esercito. Non pago, invoca commissioni d’inchiesta per scoprire chi sia l’incapace a cui attribuire la responsabilità della disfatta. Di seguito se la prende con Gabrielli e infine chiede una verifica di governo sulle condizioni in cui versa l’Italia dopo l’ondata di freddo polare.

Nel frattempo, la popolazione romana è stata invitata a spalare. Si sa, però, che la spalatura è faticosa e può provocare cadute, assideramento e infarti.  È allora che a Romano La Russa, fratello del più celebre Ignazio Benito nonché assessore regionale del Pdl alla Protezione Civile della regione Lombardia, viene in mente una pregevole iniziativa umanitaria. L’assessore ha invitato gli amministratori locali «a valutare concretamente la possibilità di utilizzare, per le operazioni di pulizia delle strade, rimozione del ghiaccio e spargimento del sale, gli oltre 3.000 profughi che, in attesa di sapere se la loro domanda di asilo politico sarà accolta, sono ospitati in hotel e strutture ricettive lombarde senza essere impegnati in alcuna attività professionale».

Dallo scorso mese di aprile migliaia di profughi libici dimorano in Padania a spese dei contribuenti, e «sarebbe un bel segnale offrire loro la possibilità di rendersi utili nei confronti del Paese che li sta accogliendo». Convinto di contribuire alla causa del multiculturalismo, l’assessore si dice sicuro «che i lombardi apprezzerebbero questo gesto di solidarietà, che per una volta darebbe senso concreto al tanto abusato termine integrazione. Italiani e profughi finalmente sarebbero davvero uniti nell’affrontare l’emergenza neve e ghiaccio»: gli italiani al caldo e i profughi a spalare, secondo il già collaudato metodo Birkenau.

Ogni collegamento tra la richiesta di “collaborazione” e la concessione dell’asilo politico è meramente intenzionale. Se il nostro fosse un Paese normale, dichiarazioni di questa portata dovrebbero essere liquidate con dimissioni immediate e indignazione unanime. Invece, a parte la reazione sdegnata del Direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati, non è accaduto nulla di tutto questo: Romano La Russa è riuscito a raccogliere su internet persino messaggi di apprezzamento per la sincerità e la praticabilità dell’idea, in piena coerenza con il revirement di razzismo “perbene” cui assistiamo sgomenti da qualche mese. I pogrom sfiorati nei campi Rom, le raccolte di firme contro i brutti sporchi cattivi, le incursioni della polizia romana nelle “frutterie etniche” confermano la duplice veste del nuovo razzismo d’accatto: quella pittoresca di Borghezio e Speroni e quella nostalgica degli ex camerati con la croce celtica nascosta sotto il doppiopetto blu. Travestiti con mantelli verdi e ampolle o ripuliti e modernizzati, i nuovi razzisti non resistono alla tentazione di rivelare il loro pensiero, certi dell’indulgenza di un’opinione pubblica indifferente o corriva.

La vicenda del secondo La Russa è interessante perché riassume in sé molti dei problemi che affliggono l’Italia in questo momento: i rigurgiti xenofobo-reazionari legati al crollo dei grandi partiti, l’inettitudine nella gestione delle emergenze, l’assoluta mancanza di etica della responsabilità e il familismo incontinente.  Sono passate poche settimane dalla scoperta delle esibizioni fascio-rock del console Vattani jr. sponsorizzate da Casa Pound (centro sociale frequentato tanto da lettori di Tolkien con la passione per la strage che dal figlio di Alemanno). Non risulta che Vattani jr. sia stato ancora espulso dal corpo diplomatico, nonostante l’imbarazzo della Farnesina e la minaccia di sanzioni pesanti. Sono passati solo pochi giorni dalle dichiarazioni esaltate di Michel Martone, figlio di Antonio, sui laureati “sfigati”. Non risulta che Martone sia stato sfiorato dall’eventualità di allontanarsi dalla vita pubblica. Ora affrontiamo un altro parente esternatore, ansioso di eguagliare il fratello ex ministro nelle sue celebri gaffes. Non potendo invitarlo a una moderazione geneticamente impossibile, non resta che suggerire a Romano La Russa di solidarizzare con i suoi elettori infreddoliti andando a spalare: sarebbe un bel segnale.


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