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Colabrodo Expò: si può rubare un aereo e arrivare sui padiglioni in tre minuti

Creato il 17 aprile 2015 da Tafanus

Basta andare a Bresso, dove i velivoli restano incustoditi sulla pista. Ecco l'inchiesta choc sulle falle nella sicurezza dell'evento milanese (Fonte: l'Espresso)

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TRE MINUTI E QUALCHE SECONDO. Il tempo per rubare un aereo e schiantarlo sull'Expo. Un minuto e 53 secondi dal decollo e la prua è già dritta sull'obiettivo. Tre minuti e 38 secondi di volo e addio Padiglione Italia. Un terrorista impiegherebbe ancora meno manovrando senza regole, alla massima velocità. Meno di tre minuti separano l'aeroporto di Milano Bresso dagli oltre centocinquantamila visitatori attesi ogni giorno all'Esposizione universale. Nemmeno un caccia riuscirebbe a intercettare un attacco a 180 secondi dall'allarme. E tra le centinaia di milioni spesi in appalti, scandali e sicurezza privata, nessun ministro, nessun prefetto, nessun commissario delegato al più grande evento del 2015 deve averci pensato. Perché rubare un aereo a tre minuti dall'Expo è facilissimo.

Nelle ultime due settimane Bresso, il terzo aeroporto di Milano, ha subito sei incursioni: per sei volte sono entrato tranquillamente attraverso i tanti buchi nella recinzione e nessuno si è accorto di nulla. Nonostante le telecamere appese agli hangar, i cartelli con la scritta «proprietà protetta da Civis Vigilanza» e l'allarme scatenato ovunque dalla strage milanese di Claudio Giardiello, 57 anni, salito con la pistola a Palazzo di giustizia.

Una simulazione, ovviamente. Un mese vissuto come farebbe un terrorista, a trovare falle nelle misure di protezione intorno a Expo. Le ultime due settimane passate dentro e fuori l'aeroporto. Ore trascorse di giorno e di notte, seduto ad aspettare sotto le ali o la fusoliera. Fingendo ispezioni pre-volo e filmando con la telecamera (video e foto su lespresso.it). Ore così, molto più del tempo necessario a un pilota-kamikaze per scassinare l'accensione, mettere in moto e decollare. E sempre con la speranza che qualcuno appaia e dimostri che le segnalazioni sulle possibili minacce dall'aria, raccolte dagli 007 dell'Aise e girate alla polizia, sono tenute in considerazione. I rapporti riservati parlano di estremisti marocchini e libici addestrati al pilotaggio che potrebbero compiere clamorosi attentati anche in Europa. E di undici aerei executive e di linea rubati dagli islamisti lo scorso anno all'aeroporto di Tripoli. Invece niente. Non arriva nessuno. Avessi avuto altre intenzioni e qualche pratica aeronautica e criminale, sarei potuto ripartire su un bimotore Partenavia P68, quasi identico al pattugliatore usato dalla polizia. Oppure su un potente Cessna 182 Skylane inglese, o un Piper Pa28 appena arrivato dalla California. E su altri aerei ancora.
LA BARRIERA BOCCIATA - Nemmeno le minacce via terra sembra siano valutate in modo approfondito dallo staff del commissario delegato dal governo per l'Expo 2015, Giuseppe Sala, e del prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca. Le quattro settimane dell'inchiesta hanno infatti rivelato che il sistema di sicurezza non rispecchia affatto le dichiarazioni ufficiali. Né quelle estremamente rassicuranti del premier Matteo Renzi. Il punto debole è proprio il curriculum delle sei imprese alleate, alle quali il 2 febbraio scorso la società pubblica Expo 2015 ha affidato per venti milioni l'appalto sulla vigilanza armata e non, durante i sei mesi della manifestazione. Sono "All System spa", "Ivri spa", "Ivri servizi fiduciari srl", "Sicuritalia spa", "Sicuritalia Group Service scpa" e "Consorzio Prodest Milano srl". Per loro, un bingo di tre milioni e 300 mila euro al mese sottoscritto dal responsabile del procedimento di gara, Christian Malangone, 41 anni, direttore dei contratti e degli acquisti di tutta l'operazione Expo.

Un appalto vinto in cambio di un curriculum sicuramente curioso per un evento così delicato, che "l'Espresso" è in grado di rivelare per la prima volta. Eccone un assaggio. Tre coltelli, un pugnale, vari ordigni esplosivi e un passeggero lasciati transitare senza controlli pochi mesi fa dalle guardie giurate ai metal detector dell'aeroporto di Ryan Air a Orio al Serio, dove "Sicuritalia" condivide l'appalto con "Italpol". E poi la licenza di vigilanza e trasporto ritirata a dicembre 2014 dal prefetto di Cosenza all'amministratore delegato di "Ivri Servizi Fiduciari", per le gravi carenze di un altro istituto del gruppo ai danni di Inps e Poste Italiane a Taranto: «È stata accertata a più riprese», scrive il prefetto di Cosenza tra le irregolarità denunciate, «l'assenza del personale che avrebbe dovuto essere impiegato per il piantonamento come da contratto». Oppure la triste storia delle guardie mandate a rischiare la pelle dalla "All System" nei servizi antirapina senza giubbotti antiproiettile e radio ricetrasmittenti. È la capogruppo nell'appalto Expo e controlla anche gli ingressi del Palazzo di Giustizia a Milano. Tutti tranne quello da cui giovedì 9 aprile è passato il killer che ha ucciso il giudice Fernando Ciampi, l'avvocato Lorenzo Claris Appiani e l'ex socio Giorgio Erba, precisa adesso la società. Come se la sicurezza di una sede altamente a rischio possa essere garantita da un piano organizzato a compartimenti stagni.
IL SALTO DELLE RETI - Cosenza e Taranto, città che non ospitano alcun evento mondiale, sono dunque più rigorose di Milano? Sembra proprio di sì. Alcune di queste società, come "Ivri" e "Sicuritalia", già vigilano sugli ingressi dell'Esposizione. La realtà è quella che abbiamo scoperto domenica scorsa lungo il perimetro di Expo e che Massimo Sestini ha fotografato: decine di operai italiani e soprattutto stranieri scavalcano la recinzione in entrata e in uscita, sottraendosi a qualunque forma di controllo. Forse sono lavoratori in nero. Ma in queste condizioni, le precauzioni antimafia e antiterrorismo sbandierate da almeno tre anni diventano ridicole. Al punto che l'apparato di sicurezza di qualunque capo di Stato in visita a Milano potrebbe chiedere al nostro governo: «Siete sicuri che non siano stati introdotti esplosivi o armi per futuri attentati nell'area dell'Esposizione?». E per ora la risposta sincera non può che essere una: «No».

La possibilità di rubare aerei è un problema di molti aeroporti minori. Come a Valbrembo, 60 chilometri a Est, provincia di Bergamo, recintato soltanto su due lati. Ma lì la sera tutta la flotta viene richiusa a chiave nell'hangar. Bresso è molto più vicino a Expo. Appena fuori Milano, direzione Nord. Già nel 2012 e nel 2013 sono stati aperti gli hangar di notte, senza nessun segno di scasso. Sabotarono alcuni degli oltre cinquanta aerei ospitati. Un giallo ancora irrisolto. Ma con le minacce dello Stato Islamico, gli squilibrati in circolazione e i vari comitati per l'ordine e la sicurezza, convocati con il ministro dell'Interno Angelino Alfano in vista dell'Esposizione universale, probabilmente saranno tutti più prudenti. Invece no. Il cancello dell'aeroporto resta sempre aperto. Giorno e notte. E a pochi metri dalla pista, al di là di una rete piuttosto bassa, la Croce Rossa ha allestito la tendopoli del ministero dell'Interno, in cui Milano accoglie i profughi arabi e africani sbarcati in Sicilia. Proprio lì accanto, un hangar nasconde il grosso elicottero giallo del servizio di elisoccorso della Regione Lombardia. Sono le 6.16 della domenica delle Palme. È ancora buio.
Lungo via Matteotti, appena oltre il cancello sempre aperto, la recinzione è di plastica. Ma non è da qui che si passa. Bisognerebbe poi scavalcare una facile balaustra sotto le telecamere degli hangar. Più avanti, dove si allarga il parco, la rete fin troppo bassa per un aeroporto è anche rotta. Ecco un buco comodissimo. Non serve scavalcare. Basta alzare il piede di circa 30 centimetri. La pista di rullaggio che porta ai decolli è subito oltre. E a ottantacinque passi dal buco nella rete, è parcheggiato un bimotore. È il Partenavia P68 I-Gaus di una società di Cagliari: due motori a elica, 320 chilometri all'ora, oltre 650 litri di benzina, quasi due tonnellate di peso massimo al decollo.
LA MINACCIA VOLANTE - Numeri che nella perversione terroristica hanno il loro significato. Il portellone è chiuso da una fragile serratura, come le Cinquecento di quarant'anni fa. I costruttori di aerei devono risparmiare sul peso. Si può girare intorno al bimotore per quasi un'ora e mezzo, fino alle 7.36. In volo questo aereo sarebbe già arrivato a Grosseto. Non si fa vedere nessuno. Né prima, né dopo. La regola ovviamente è di non toccare nulla e nemmeno provare ad aprire gli hangar. Ma se un criminale sapesse come fare, avrebbe tutto il tempo per manomettere il blocco di accensione, rabboccare i serbatoi e andarsene. I motori fanno rumore, certo. Ma prima che qualcuno capisca, il Partenavia sarebbe già in quota. Nella testa di un kamikaze, un viaggio di sola andata non richiede grandi abilità aeronautiche.

Il manuale per avviare un P68 si scarica da Internet: «Freno di parcheggio: regolato. Circuito: on. Radio: off. Batteria e alternatori: on. Selettori carburante: on. Controllo miscela: al minimo. Manetta del gas: aprire mezzo pollice. Controlli delle eliche: avanti. Interruttore generale: on. Accensione: magneti on. Pompa carburante ausiliaria: on. Miscela: ricca, finché il flusso di carburante si stabilizza, poi al minimo. Eliche: libere. Avviare lo starter. Pressione dell'olio: a livello entro trenta secondi...Ripetere l'operazione con il secondo motore». A questo punto si decolla. Ci sono altri due aerei più piccoli sul piazzale: un costosissimo Cirrus Sr20 e un glorioso Beechcraft P35 Bonanza. Ma con quelli riproviamo domani.

Tornando davanti al cancello sempre aperto, esce un custode. Non ha divisa ed è piuttosto maleducato. Forse mi ha visto girare in pista ed è arrabbiato. No, non è il custode. È soltanto uno che abita dentro l'aeroporto, non si capisce a quale titolo perché non si presenta. Ha visto la macchina fotografica e dice che l'ho immortalato mentre stava facendo la pipì nel parcheggio. Sicuro: avrei potuto rubare tre aerei, ma il suo problema è sapere se l'ho fotografato. Certo che no. Vede sul display le immagini colorate dell'alba. Non si accorge nemmeno che sono state scattate in pista. Si calma e ritorna dentro l'aeroporto.
«SI PUÒ RUBARE ANCHE UN AIRBUS» - Lunedì, due nuove visite. La prima dalle 2.59 alle 3.54. Solito giro intorno al bimotore P68, sempre parcheggiato a ottantacinque passi dal buco nella rete. Poi camminata sul piazzale alla luce dei riflettori davanti agli hangar e alle telecamere. E infine un lungo relax seduto sotto la pancia del costosissimo Cirrus Sr20. Questo aereo di ultima generazione è molto più complicato da avviare. «Ma se uno conosce la procedura», spiegava giorni fa GB Molinaro, ex comandante e famoso solista delle Frecce tricolori, «può rubare perfino un Airbus. E lì non servono nemmeno le chiavi. La sicurezza degli aerei a terra è una questione aperta». Comunque accanto al Cirrus, c'è ancora il più spartano Bonanza. E non succede niente. L'aeroporto è immobile. Terza incursione in pieno giorno. Un'altra ora a gironzolare intorno al bimotore oltre la recinzione bucata. Possibile che non ci sia nessuno? Proviamo sul piazzale principale. Passeggiata fin davanti agli hangar. Ecco che finalmente esce un meccanico: «Qui non può stare, la devo accompagnare all'uscita».

Forse il bimotore è fuori uso. No: martedì vola tutto il giorno. Alla fine i due piloti lo riportano alla piazzola a ottantacinque passi dal colabrodo nella rete. C'è ancora carburante nei serbatoi. Fermano le eliche, chiudono i portelloni e se ne vanno. Sono le 16.22. Si entra e si esce liberamente dal buco. Perfino un cane si infila in pista. I suoi padroni lo aspettano al varco. Domani mattina, quarta incursione.

Alle 5.58 di mercoledì è ancora buio. La torcia illumina la sigla I-Gaus del bimotore. È sempre lo stesso Partenavia P68. Ci si può sedere ad aspettare l'alba. Alle 6.27, con la prima luce dell'aurora, aprono il grande hangar oltre la pista accanto al campo profughi. Il grosso elicottero dell'elisoccorso viene tirato all'aperto. Richiudono l'hangar. L'elicottero resta lì. Alle 7.13 il sole sorge sopra il filare di pioppi. Alle 7.41 si può uscire tranquillamente dalla rete. La sera di martedì 7 aprile quinta passeggiata indisturbata. Il bimotore non c'è, ma altri tre aerei sono a disposizione sul piazzale.

L'Esposizione universale avrà gli stessi standard di sicurezza e gli stessi controlli di un aeroporto, hanno promesso gli organizzatori. Ma non basta un annuncio a qualificare il personale. Lorenzo Manca, presidente e amministratore delegato di "Sicuritalia", spiega con entusiasmo dal sito di Expo che due terzi dei sorveglianti e delle guardie giurate sono nuovi assunti. Mentre Enac, l'ente dell'aviazione civile, rivela che non ci sono stati contatti con le società di vigilanza di Expo per la formazione dei nuovi dipendenti. E riconoscere un'arma o un pacco bomba ai raggi x non è sempre semplice. Lo dimostrano i buchi nella sicurezza all'aeroporto di Orio al Serio, appalto affidato proprio a "Sicuritalia" con "Italpol". Il 9 settembre 2014, antivigilia del tragico anniversario, le guardie pur essendo addestrate e certificate da Enac non vedono nei bagagli a mano un pugnale, due finti ordigni esplosivi e si dimenticano di chiedere la carta d'imbarco a un passeggero. Tutto in un giorno. Per fortuna quelli in partenza non sono terroristi, ma funzionari dell'Enac. A novembre arrivano anche gli ispettori della Commissione europea: «Su otto tentativi di introduzione di esplosivi, ne sono stati rinvenuti sei», spiega l'ente italiano. Cioè due bombe passano indenni il controllo. Il test europeo viene ripetuto e gli addetti finalmente scoprono tutti gli ordigni, superando così l'esame. Sei mesi prima, il 12 maggio, erano già sfuggiti tre coltelli proibiti. Una passeggera sbadata li teneva in un sacchetto e li ha consegnati al bar prima dell'imbarco.
SECURITY AL RIBASSO - Le principali organizzazioni di imprese del settore, Assvigilanza e Anivp, denunciano ora che le loro aziende associate si sono tenute alla larga da Expo: perché, accusano, si tratta di appalti basati sul principio del massimo ribasso e «per eluderlo, prevedono l'affidamento di servizi a società di portierato con mansioni che, per le loro peculiarità, dovrebbero essere invece assegnate a guardie giurate». Una pratica non proprio regolare. In soldi, si tratta di stipendi forfait per un custode a 700 euro netti per dodici ore al giorno, contro la paga base di una guardia armata che non dovrebbe scendere sotto i 1.200 euro. "Consorzio Prodest Milano" è una società di portierato. Negli anni scorsi è stata segnalata per aver svolto servizi di vigilanza disarmata senza l'autorizzazione del prefetto. Tra i clienti sensibili, perfino Banca Intesa.

Ci sono molti modi per tagliare sui costi. Ad esempio assumere fantasmi: si prende l'appalto e non si manda nessuno a vigilare. Come, secondo la prefettura di Cosenza, è più volte accaduto alla sede dell'Inps e delle Poste a Taranto. Per questo, Giuseppe Milazzo, amministratore delegato di "Ivri Servizi Fiduciari", altra società di portierato nell'appalto Expo, si è visto negare la licenza per la vigilanza nelle province di Foggia, Taranto e Lecce. L'aveva chiesta come amministratore della "Sicurcenter spa" di Palermo che con "Ivri" appartiene al Gruppo Basile. In Sicilia la famiglia Basile è quasi un partito. E non solo per la vicinanza con l'ex presidente del Senato, Renato Schifani. Rosario Basile, che nel 2014 ha rilevato "Ivri" con quasi 24 milioni di perdite, è anche presidente di Irfis, la finanziaria della Regione Sicilia. A Palermo Luciano Basile è vicepresidente di Confindustria. E Salvatore Finazzo, amministratore di società del gruppo, è vicepresidente del consiglio comunale, eletto con l'Udc di Pier Ferdinando Casini.

Le contestazioni della prefettura calabrese fanno riflettere sull'organizzazione che proteggerà i visitatori dell'Expo: «Utilizzo improprio delle guardie giurate che tramite ordini verbali vengono allontanate» dalle loro postazioni di vigilanza fissa «per effettuare altri servizi, a causa dell'insufficienza di personale»; orari di lavoro delle guardie armate «di sovente superiore alle 12 ore»; trasporti di valori fino a un milione e mezzo con a bordo due agenti di scorta invece dei tre previsti e rischi gravissimi in caso di rapina. A Torino nel 2013, prima della scalata dei Basile, la polizia scopre che "Ivri" ha risparmiato sui corsi di aggiornamento professionale, sulle esercitazioni di tiro al poligono e sulle dotazioni di sicurezza come il Gps obbligatorio. I colleghi raccontano che la notte del 23 gennaio 2014 la guardia giurata di vigilanza allo stabilimento Indesit di None, in Piemonte, non può fare ispezioni nei reparti al buio: è senza torcia. Non può comunicare: la ricetrasmittente è guasta. Non è addestrata: non ha mai frequentato i corsi obbligatori. Una presenza praticamente inutile.
L'ULTIMA INCURSIONE - C'è tempo per un'altra incursione dentro l'aeroporto di Bresso. La sesta in due settimane. L'ultima. Entrata in pista: ore 5.47. Uscita: 6.50. Domenica 12 aprile, tre giorni dopo la strage al Palazzo di giustizia, non è cambiato nulla. Massimo Sestini, il fotografo, usa addirittura il flash davanti agli hangar. Ci aspettano due aerei parcheggiati all'aperto: il solito Bonanza e il Cessna 182 G-Bmmk, immatricolato in Inghilterra. Il Piper californiano è invece ripartito ieri. Qualcosa di nuovo però dobbiamo riconoscerla. L'Enac ha firmato una deroga agli obblighi antincendio dei piccoli aeroporti. In vista dell'Esposizione universale, Bresso può ospitare i voli commerciali degli aerotaxi anche se i suoi sistemi di soccorso sono limitati. Questo colabrodo diventa il business-airport di Expo. Già, business is business. Gli affari sono affari. Ci saranno più traffico, più passeggeri. E più aerei incustoditi sul piazzale.

Espresso

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