Le imminenti elezioni del 25 maggio ed il processo di pacificazione voluto da Juan Manuel Santos con le Fuerzas Armadas Rivolucionarias de Colombia (FARC) sembrano poter modificare radicalmente la democrazia più antica dell'America Latina, definita come i "Balcani delle Ande" a causa dei continui scontri frontali tra governo e guerriglia rivoluzionaria.
La collaborazione tra la Data Experts Corporation (DATEXCO) ed il quotidiano El Tiempo [foto sotto] ha consegnato alla società colombiana una proiezione, a parere di altri esperti assai veritiera, sul possibile esito delle elezioni. La crescita del Voto en blanco, evidente sintomo di un diffuso malcontento popolare, sembrerebbe non ostacolare la riconferma di Santos e del suo Partido de la U. La vittoria del Presidente uscente però, a differenza di ciò che si era preannunciato qualche mese addietro, non appare scontata e priva di insidie. I numerosi casi di corruzione che hanno interessato parte dall' establishment dell'attuale Esecutivo, in particolar modo nelle amministrazioni locali, hanno indebolito non poco l' appeal di Manuel Santos tra gli elettori. Last, but not latest il caso dell'ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro, condannato all'interdizione dai pubblici uffici per 15 anni perché reo di aver legittimato la creazione di un gestore unico pubblico in un piano di zonizzazione mai varato dalla giunta comunale. Criticato addirittura dal The Economist per il suo stile autoritario ed arrogante, Petro è stato sostituito dal nuovo Sindaco Maldonado che, secondo le dichiarazioni di Manuel Santos, amministrerà la capitale fino alla fine delle elezioni.
Se la coalizione di sinistra rappresentata dall'Alianza Verde di Enrique Peñalosa e dal Polo Democrático Alternativo y l'Unión Patriótica di Clara López non appare un serio pericolo per Manuel Santos, è proprio da destra che potrebbero arrivare le reali sfide. Il candidato premier Óscar Iván Zuluaga del Centro Democratico, delfino dell'ex Presidente Álvaro Uribe, si è affermato negli ultimi mesi come principale outsider grazie ad una costante crescita nei sondaggi che, qualora fossero confermati, impedirebbero all'attuale Presidente la mancata riconferma al primo turno. Il ballottaggio del 15 giugno rappresenta per la politica uribista e lo stesso Zuluaga l'unica chance per la vittoria finale.
Il nuevo periodismo latinoamericano ha costantemente osservato i risvolti dell'intera campagna elettorale, coinvolgendo anche il mondo accademico e l'importante Università Javeriana di Bogotà nella quale è stato presentato il libro-inchiesta della giornalista Vicky Dávilain riguardante proprio lo scontro politico nella campagna elettorale. [1] Anche se l'argomento riguardante il processo di pacificazione con le FARC sembra non interessare la società civile [2], è innegabile che lo scontro politico tra Zuluaga e Santos si è inviluppato sulle posizioni che i due mantengono all'interno delle trattative iniziate lo scorso ottobre 2012 a L'Havana. Le posizioni dei candidati Premier sono politicamente antitetiche: se l'attuale Presidente Santos ha intenzione di siglare uno storico compromesso con i rivoluzionari colombiani ed ufficializzare la fine di un conflitto che persiste dal 1964, Zuluaga ed il suo schieramento elettorale dichiarano di voler ritornare alla politica repressiva di Uribe.
Secondo le critiche di Zuluaga il processo di pace evidenzia la falsa politica di Manuel Santos, capace di vincere le elezioni nel 2010 grazie alle promesse di continuità con gli Esecutivi di Carlos Memen e Álvaro Uribe in realtà mai ripristinati. Infatti, se il Presidente Memen era riconosciuto come l'indiscussa personalità della Colombia vicina agli Stati Uniti d'America, Uribe aprì una lotta senza precedenti alle FARC. Sempre Uribe era riuscito ad affermarsi come unico leader della regione in grado di sostenere egregiamente una lotta alla war on drugs (anche grazie alla collaborazione di Washington) e gonfiare massicciamente il budget della difesa nazionale per promuovere la formazione di milizie contadine, incaricate nel pattugliamento delle zone rurali, e sostenere politiche neoliberiste in campo economico. La capacità strategica del governo Uribe, coordinata anche dallo stesso Manuel Santos in qualità di Ministro della Difesa, aveva spinto le cellule delle FARC ad abbandonare le zone urbane per rifugiarsi nelle periferie adiacenti i vari dipartimenti di Cauca, Nariño e Caquetá, di Arauca fino ai confini venezuelani.
Il teso clima della campagna elettorale si è maggiormente trasferito per gli accordi che la trattativa tra Santos e le FARC ufficializzava che nelle piazze e città della Colombia. Iván Márquez - alias Lucian Marín Arango - indiscusso leader e portavoce dei guerriglieri, aveva addirittura chiesto come conditio sine qua non al raggiungimento degli accordi di pace l'assenza di " candidature di destra, a maggior ragione di estrema destra" nel turno elettorale del 25 maggio. Tale richiesta è stata repentinamente rigettata dal Presidente Santos che ha subito dopo raggiunto risultati politici in merito alle politiche sulla riforma agraria, la legalizzazione di droga e la partecipazione politica proprio delle FARC nei futuri turni elettorali. La puntualità della sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 9 luglio, che ha ridato personalità giuridica dell'Union Patriotica, storico partito di sinistra vicino alle FARC, ha scatenato le feroci critiche di Zuluaga che ha accusato il Presidente di collaborare con terroristi e narcotrafficanti solo per scopi personali ed elettorali. La promessa del partito uribista divenne quella di promettere ai colombiani e direttamente ad Iván Márquez di far pagare a " tutti i negoziatori de L'Havana per le loro malefatte con il carcere " qualora vincesse le elezioni di maggio. [3]
Indifferentemente dall'esito del turno elettorale, il processo di pace ha evidenziato alla comunità latinoamericana le importanti capacità di negoziazione ed il peso politico che le FARC hanno accresciuto nella società. L'Ejercito del Pueblo, insieme ai cartelli dei narcos, sono oggi in grado di concludere partnership oltre i confini nazionali della Colombia spostandosi agilmente in Bolivia, Ecuador, Perù e Venezuela. La rigida politica di Uribe, sebbene allontanasse dalle zone urbane i guerriglieri, ha favorito un ampliamento della produzione di droga verso le zone doganali e di confine. L'incremento del traffico di stupefacenti nell'estesa provincia di Arauca, l'esplosione del consumo di cocaina ed il successivo imbarco in Brasile verso l'Europa, confermano l'illegale ruolo delle FARC in tutto il Continente.
Oggi le forze armate delle FARC non possono più essere definite come quella " catena di rifornimento con Karl Marx al vertice e Adam Smith alla base", con i vecchi riferimenti ideologici social-comunisti, ma - al contrario - un vero para-Stato laborioso nelle sue operazioni di business. E' sintomatico che le FARC abbiano lasciato da tempo la lotta ideologica per spostarsi sull'attività criminale imperniata al traffico soprattutto della cocaina, della marijuana e sullo sfruttamento delle miniere d'oro. Anche per questo, forse, le credenze popolari parlano di un Paese, la Colombia, in cui i ribelli sono certi di morire di vecchiaia grazie ad una scelta, quella del mestiere del guerrigliero, che è oramai divenuta sempre più comune tra i giovani.
L'Esecutivo che governerà la Colombia dopo le elezioni erediterà sicuramente un favorevole contesto economico, grazie alle importanti previsione di crescita che nel prossimo biennio si attestano tra il 4,8% ed il 4,5%. Nonostante gli accesi toni della combattuta campagna elettorale, l'inflazione colombiana - secondo l'Istituto Nazionale di Statistica (DANE) - crescerà nel prossimo semestre del 2,7%, confermando la stima del 3% prevista a fine 2013 dalla Banca nazionale. Il favorevole quadro economico colombiano sottolinea che il Paese andino rimane in America Latina una delle poche eccezioni mai sofferenti in fenomeni come iperinflazione o inadempienza dei debiti con Paesi esteri o istituti internazionali.
Il positivo trend economico potrà avere seri rallentamenti dalla vittoria/sconfitta di Manuel Santos e, conseguentemente, dalla conclusione della trattativa di pace con i guerriglieri delle FARC. In ottica nazionale la loro partecipazione politica, legittimata dai giudici costituzionali, romperebbe il tradizionale funzionamento del sistema politico incentrato su ampi ma rigidi accordi tra i due partiti principali, mentre, in ottica regionale, i nodi cruciali interessati i rapporti con il Venezuela di Maduro. L'ex Presidente Hugo Ch ávez aveva rappresentato un importante alleato strategico per le FARC, avendogli fornito supporto economico, armi e i territori di confine per il ripiegamento. Proprio Ch á vez aveva spinto verso la mediazione l'Esecutivo di Santos e le FARC ed attualmente il suo successore, il contestato Presidente Maduro, ha seguito la scelta del suo predecessore non boicottando le trattative.
* Francesco Trupia è Dottore in Politica e Relazioni Internazionali (Università di Catania)[1] Vicky Dávila, Enemigos, Santos y Uribe: por qué se odian?, 2014, CAMM Ed. Interessante fenomeno in America Latina è quello legato alle inchieste giornaliste sui temi più spinosi delle politiche nazionali; in Messico - sul tema dei cartelli dei narcos - il giornalista Diego Enrique Osorno ha condotto interessanti report sulle zone degli Zetas tra gli stati del Tamaulipas e del Nuevo León.
[2] In Colombia soltanto il 5% delle persone intervistate considera di rilevante priorità gli accordi di pace fra il governo e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia-Ejército del Pueblo rispetto alle preoccupazioni sulla mancanza di posti di lavoro, la sicurezza nelle città, la qualità della sanità, la povertà e l'istruzione.
[3] La risposta del capo delegazione è stata molto precisa e radicale come conforme alle FARC: " Possiamo dire in tutta sicurezza che mai un processo di pace si è concluso con il carcere per i protagonisti, per i costruttori della pace. Questo candidato uribista è così giù nei sondaggi da fare basso marketing politico, lanciando azioni di vero sabotaggio contro il processo di pace. In Colombia non ci sarà un'amnistia generale [...], ovviamente dobbiamo discutere di sanzioni, in particolare contro i massimi responsabili dei crimini internazionali " riferendosi ai rapporti tra USA e Uribe.
[4] International Crisis Group, Columbia's Borders: The weak link in Uribe's Security policy, Latin America Report.
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