Forse proprio perché è interessata a come le cose appaiono… Oppure perché nei suoi racconti il colore, la forma, la struttura e la lucentezza (ma anche la composizione chimica) delle cose sono descritte amorevolmente nei loro dettagli (da sembrare così vivide e incise che sembra di vederle)…
Il suo interesse verso il linguaggio immaginativo si riflette soprattutto nella natura camaleontica della sua narrazione (sempre impeccabile) e infatti la sua varietà stilistica è ampia come la quantità di argomenti che affronta.
I suoi libri pullulano di personaggi e idee, contengono una moltitudine di allusioni che vanno dalla teoria letteraria alla tradizione delle fiabe di molti paesi, fino alla letteratura di periodi diversi come il Medioevo e il XIX secolo. Può però anche scrivere della vita di formiche, della classificazione di farfalle o di falene, della teoria darwiniana dell’evoluzione…
La Byatt ha una notevole sensibilità ironica non solo per gli eccessi del gergo letterario del ventesimo secolo, ma anche per il verso e gli stili di prosa del XIX secolo.
Leggendola attentamente (attenzione: non è facile…) ci si accorge che mima stili e generi diversi e si capisce come la sua opera contenga una moltitudine straordinaria di voci.
Qualcuno di voi è riuscito a farsi “contaminare” dai suoi testi?
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