L'Armata russa ha invaso la Crimea. Anzi, secondo la maggioranza degli abitanti l'ha "liberata". Ovviamente l'Ucraina, non del tutto ancora uscita da una guerra civile nata per l'adesione all'UE, non è minimamente d'accordo e ritiene l'occupazione e il referendum tenuto sotto le armi russe una truffa e un danno evidente all'integrità nazionale. L'UE e gli USA sostengono il punto di vista ucraino mentre Putin dichiara che il referendum è stato del tutto legittimo e che la presenza dei soldati russi, sostenuti dalle milizie che fino a una quindicina di giorni fa sparavano in piazza Maydan ai manifestanti pro-Europa, fa parte del patto con l'Ucraina e che i soldati si trovano lì per difendere le strutture e le installazioni navali russe. L'Ucraina è in una situazione altamente pericolosa: è un paese a un passo dalla bancarotta, con il territorio orientale a maggioranza russa, con l'estrema destra al governo e una situazione interna quantomeno delicata. La scelta degli abitanti della Crimea (più apparente che reale se si tiene conto dell'andamento abituale delle elezioni in Russia), escluso il 20% della popolazione che non è andato a votare, discende probabilmente anche dalla situazione dell'Ucraina. Affidarsi alla Russia può significare una ripresa economica per molti di loro o quanto meno può così apparire anche grazie alla propaganda russa. E gli altri? L'UE, gli USA? Si prevede che gradualmente giungeranno a bloccare i capitali russi all'estero - che infatti in questi giorni stanno riprendendo rapidamente la strada di casa - e che sospenderanno tutti i contratti aperti. Già. Ma l'Europa, Italia compresa, dipende per più del 20% dal gas russo. Un interrogativo tutt'altro che piccolo. Gli USA sospenderanno anch'essi, ma tenendo conto che l'interscambio economico tra Stati Uniti e Russia è molto inferiore a quello tra UE e Russia i danni per l'economia americana saranno decisamente inferiori. E ovviamente anche meno incisivi. Putin, d'altro canto, non può fare passi indietro pena la perdita di popolarità in patria. Gli operatori economici russi, di umore già non particolarmente felice per le perdite previste, si presume non avranno troppa pazienza per una vicenda che non ha molto a che vedere con l'economia quanto con la politica. La Duma ha già dichiarato che riconoscerà l'andamento del referendum in Crimea, il che significa che le sanzioni dell'Occidente non potranno che continuare. E che in Ucraina le posizioni più fortemente nazionaliste guadagneranno spazio e voce. Qualcuno ha notato come la politica seguita in questo periodo dalla Russia post-comunista assomiglia in maniera allarmante a quella del fraterno aiuto che l'URSS utilizzò in almeno due occasioni: l'invasione dell'Ungheria e quella della Cecoslovacchia. Non si tratta, come potrebbe sembrare, di un ritorno a una prassi tipicamente comunista ma il ritorno a una politica imperiale, per la quale la Russia - come l'URSS di un tempo - non tollera politiche autonome da parte delle repubbliche che ritiene facciano parte della sua area di influenza. In questo caso l'Ucraina. La convinzione della funzione imperiale della Russia è un filo rosso che corre per tutta la sua storia ed è stata consegnata senza significativi mutamenti dagli Czar al governo comunista ai suoi successori. E uno degli aspetti più pericolosi della politica di Putin è proprio l'impegno per una rivincita contro i nemici che circondano la Santa Madre Russia: l'Occidente e gli ex-vassalli dell'Europa orientale. Che per ottenere questo risultato si debba far ricorso alla politica delle cannoniere come ai tempi del colonialismo inglese e francese è soltanto un apparente salto indietro nel tempo. Come è stato ed è per la Siria la Russia non è disposta a fare passi indietro ed il suo esercito, parte considerevole e pesante del suo complesso militar-industriale, è sempre pronto a muoversi per difendere gli interessi patriottici. Tenendo conto che la Russia è tuttora una potenza atomica direi che non c'è molto da stare allegri.
Trattative, propongono UE e USA. Ben vengano, tenendo però conto che la Russia, come la Germania di Hitler, non può fare troppi passi indietro né ritornare alla situazione iniziale. I russi "schiacciati e oppressi" da governi stranieri sono un'eccellente strumento di propaganda per una politica estera avventurista e pericolosa. Le democrazie occidentali esitano e certo non andranno oltre le sanzioni previste per difendere l'Ucraina. Ma Putin non intende mollare, la Crimea - e in generale la sua politica estera - sono il vero marchio della sua presidenza.
Soltanto una sinistra curiosità per concludere: la propaganda sulle ingiustizie cui sono soggetti i russi non ricordano un po' troppo i tedeschi oppressi e sfruttati dai Cechi nella Boemia del 1938?