Come bestie che cercano palchi. Che azzannano corpi. Che cambiano abiti. Spazi spogli da periferia d'una scenografia, un ring d'assi di legno multifunzionali essenziali perfette per una strana copia dalle alterne rovine do botte e puttane di tasche e pance vuote di Testaccio al tempo dell'odore del sangue, del macello, di San Basilio, del passeggiar romantico sotto il monte dei cocci. Presa diretta col popolo in verace lingua di borgata,.
Come bestie misere e disperate. Rabbia simil proletaria paragrafizzata in otto tranche per iscritto da PPP e poi a voce messa in scena trapuntata da pause pop canore e rappresentata da Imamama Teatro in con-formazione con corpo tondo rozzo e sozzo - in esplicito esagerato overacting fin dagli stiracchiamenti attoriali dell'esordio - e suo contraltare trasognante romano rumeno di mastodontica mole sonnecchiate.
Dateci allora un po' di pericolosa violenza agita, scosse energetiche e vibranti colpi a vuoto come carne da macello come copertoni che segnano scomodo corpo umiliato e morto, abbattetevi con le vostre ombre nette su di noi. Come cani dalle ossa rotte, disperati animi dai fetidi odori.
E non attardatevi ancora a raccontare quello che non c'è o c'è stato in un altrove, mandandoci così lontano dal nostro presente spettatoriale, ovvero ancora una volta confortevolmente al sicuro e al riparo dai pericoli dei margini degli eccedenti degli emarginati degli eccessi infetti della carcassa del nostro corpo sociale. Rovinarsi insomma solo coreograficamente e a parole invece che picchiare, ammaccarsi, mancarsi, scopare sul serio ferirsi e grondare sangue.
E invece pur rigettando l'addio borghese come attaccamento alla roba, ci si attiene a ciò di cui in principio si dichiarava l'estraneità e si è ordunque come bestie che non mordono, bestie realiste ammaestrate, cercatrici non di vaste radure nelle quali correre, ma di briglia con le quali restar meno sciolte.
Canzone non cantata, ballata non andata. Inchiodati all'infimo in cui si è impantanati, senza alcuna scala sociale. La riscossa si sa, è nello scendere la china fino in fondo.