Come chiamerò il mio bambino?

Da Unamammapsicoterapeuta

Quando sta per nascere o nasce un bambino, la domanda successiva a quella inerente allo stato di salute e al sesso, è quella sul nome. “Avete già scelto il nome?“, “Come si chiama?”, “Che nome gli hanno messo?”.

Io sono sempre molto curiosa di conoscere il nome del nuovo arrivato o del futuro arrivo perché ho necessità di darmi un riferimento che lo identifichi come persona, di crearmi una sagoma mentale con dei contorni definiti, di associarlo a qualcosa di già conosciuto o a qualcuno di familiare. Mi piace vedere il volto dei genitori mentre pronunciano quel suono e i loro occhi che brillano sorridenti. Il nome è una semplice parola che si attribuisce ad un essere vivente eppure è in sostanza veramente complessa.

Il nome è un diritto, lo ricorda l’Art.6 del Codice Civile “Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito” e l’art.7 della Convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, secondo il quale “Il fanciullo dovrà essere registrato immediatamente dopo la nascita ed a partire da essa avrà diritto ad un nome …”.

Il nome è sinonimo di identità, grazie ad esso veniamo chiamati, riconosciuti, individuati. Attribuendo un nome a nostro figlio, diamo a lui il permesso di Esistere e di soddisfare il bisogno di essere riconosciuto attraverso le Carezze (sentirci salutare con il nostro nome, ci rende felici per essere stati visti e riconosciuti nella nostra individualità).

Il nome personale può essere considerato quasi un’etichetta che permette di distinguersi dagli altri e allo stesso tempo mette in evidenza l’unicità della persona. Proprio attraverso il nome, l’aspetto personale e quello sociale si congiungono in quanto il nome diventa l’espressione sociale della persona, ne verbalizza la sua presenza nel mondo.

In ambito psicologico, risulta un certo accordo sul fatto che il nome abbia un solo significato e più funzioni: esso corrisponde al concetto della persona che lo porta e ha la funzione di etichetta (in positivo e in negativo), di rappresentazione di fronte agli altri ed è che ciò che rende gli individui pensabili. Esso rappresenta l’estensione vocale dell’identità della persona ed esercita un’influenza diretta sulla sua organizzazione della personalità.

Secondo la Bioenergetica, ogni essere umano radica la sua identità ed il suo respiro anche in rapporto al nome con cui viene chiamato: se il bambino viene chiamato con il suo nome di nascita, questo diventa una struttura stabile ed immutabile della propria identità. Ogni nome  si compone di vocali e consonanti che corrispondono a suoni con una loro particolare risonanza energetica in specifiche parti del corpo. Risulta che il suono vocale del proprio nome stimoli un’apertura respiratoria che inconsciamente permette risonanze affettive ed energetiche diverse in base alla vocali. Nello specifico: le vocali  ”A, O, U”  toccano gli organi più profondi, muovendo un’energia connessa alla gioia ed al piacere della vita, mentre le vocali “E, I”, legate al torace ed alla testa, promuovono energie connesse al coraggio ed alle attività mentali. Grazie a questi stimoli ricevuti sia nel pronunciare il proprio nome, sia nel sentirlo pronunciare ad altri, il corpo riceve delle vibrazioni che stimolano varie emozioni.

Dietro al nome ci sono delle scelte, quelle dei genitori. Il processo di decisione è qualcosa di molto divertente se fatto con complicità, soprattutto nella fase della ricerca durante la quale ci si può avvalere di curiose guide facilmente reperibili nelle librerie, di statistiche intraprese sui forum per mamme/papà, persino delle applicazioni per smartphone. Alle volte si arriva alla soluzione in maniera unanime, altre volte si arriva a delle negoziazioni interessanti es. “Se è femmina lo scelgo io, se è maschio lo scegli tu”.

Dietro alle scelte dei genitori ci sono delle storie personali e familiari, costellazioni storico-religiose ed archetipiche, talvolta dei miti che vengono tramandati di generazione in generazione, così il nome del bambino diventa portatore di valori che possono caricare positivamente o negativamente le scelte di vita, le identificazioni, le aspettative, su cui poggia il pensiero, l’identità e l’ideale dell’Io.

I nomi sono anche figli di un’epoca storica. Fino a qualche decennio fa, era d’obbligo mettere ai figli lo stesso nome dei nonni, soprattutto se si trattava di un figlio maschio con lo stesso cognome del nonno. La scelta era facilissima, ma anche la confusione e l’omonimia. Attualmente, questa moda sembra perdersi e il tutto lascia posto ad una certa fantasia, alle volte esagerata. La famiglia rimane sempre più isolata, quindi anche la scelta del nome è sempre più legata ai gusti personali dei genitori, liberi da influenze parentali.

In questo momento, mi sembra che si usino molto i nomi corti, soprattutto legati a cognomi lunghi (es. Gaia, Emma, Viola, Sara), quelli delle grandi attici per le femmine (es. Sofia, Mia, Greta), molti di origine straniera frutto dell’interculturalità, (es. Nicole, Nicolas, Ryan, Michael, Desireè), per i maschietti nomi biblici (es. Samuele, Emanuele, Gabriele, Matteo). Il nostro amato Papa ha dato una spinta massiccia all’impennata del nome Francesco/a e mi sembra di sentire spesso nomi come Martina, Ginevra, Rebecca, Lorenzo e Tommaso.

Ho trovato una categorizzazione molto interessante circa le tipologie di nomi che vengono scelti per i propri figli, distinte in base alle ragioni che sottostanno alla scelta stessa:

  • Nomi augurali: contengono in sé un augurio per la vita, es. Benedetta, Gioia, Vittoria;
  • Nomi dedicativi: sono dedicati ad una persona cara;
  • Nomi distintivi: sono scelti per emergere rispetto agli altri, alla ricerca di una certa originalità (es. Domitilla, Emerenziana…);
  • Nomi fonosimbolici: si tratta di una scelta di tipo fonetico spesso fatta in base al suono che produce in relazione al cognome;
  • Nomi ideologici: esprimono una certa ideologia sociale o politica della famiglia d’origine;
  • Nomi proiettivi: vengono scelti sulla base di aspettative che i genitori riversano sui figli;
  • Nomi punitivi: si accompagnano ad atteggiamenti negativi nei confronti del bambino, spesso indesiderato (anche se trovo difficile pensare a questa categoria di nomi, mi viene in mente Dolores);
  • Nomi di socializzazione anticipatoria: vengono tratti da personaggi che hanno determinati ruoli sociali o culturali con i quali ci si vorrebbe identificare;
  • Sovra-determinazione della scelta: il nome viene scelto in base a più fattori.

Al nome, quindi si legano aspettative e desideri dei genitori, nonché degli auguri, più o meno consapevoli. Il nome può portare con sé, quindi, un copione di vita che viene affidato al bambino, talvolta senza volerlo. La scelta, infatti, spesso contiene in sé non solo la volontà di garantire un’identità al nuovo nato,  ma anche quella di delinearne il destino e la storia.

È per tutte queste ragioni, che la scelta del nome per il proprio figlio deve essere fatta con grande rispetto per chi arriverà e quanto più sarà un nome al di sopra di miti familiari, attese e desideri genitoriali, tanto più il bambino sarà libero di crearsi una sua storia personale.

Riferimenti bibliografici

Berne E., “Ciao…e poi?”. La psicologia del destino umano, Bompiani, 1964.

Gullotta G., La vita quotidiana come laboratorio di psicologia sociale, Giuffrè, Milano, 2008.

Lowen A., Bioenergetica, Feltrinelli, Milano, 2004.


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