Come crescono gli asteroidi

Creato il 17 aprile 2015 da Media Inaf

Condrule al microscopio in luce polarizzata

Attraverso sofisticate simulazioni al computer, una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances racconta una storia un po’ diversa dal solito su come gli asteroidi crescono e diventano grandi, pascolando nella polverosa prateria che circonda una stella appena nata. Per scrivere questa storia, occorre partire dagli indizi che abbiamo in mano: i meteoriti.

«I frammenti di asteroide che ricadono sulla Terra, conosciuti come meteoriti, contengono al loro interno un’abbondante percentuale di sferule, le cosiddette condrule. La nostra ricerca mira a spiegare come le condrule siano state incorporate negli asteroidi. Per questo abbiamo sviluppato un modello in cui gli asteroidi si sviluppano in un oceano di condrule orbitanti attorno al giovane Sole», dice a Media INAF Anders Johansen dell’Università svedese di Lund, giovane capofila del piccolo gruppo di esperti che ha realizzato lo studio.

La maggior parte delle meteoriti cadute sulla Terra sono condriti, rocce che hanno presumibilmente avuto origine nella fascia principale degli asteroidi all’epoca della formazione del sistema solare, attorno ai 4,6 miliardi di anni fa. Il loro nome deriva appunto dalle condrule, grani vetrosi di dimensioni millimetriche presenti al loro interno.

La forma e le caratteristiche di queste mini biglie sono dovute a un processo di liquefazione seguito da un rapido raffreddamento. Un processo che non ha ancora avuto una descrizione soddisfacente, benché sia di fondamentale importanza per capire come, a partire dall’anonimo disco di gas e polveri aleggiante attorno al Sole, si sia arrivati alla varietà di corpi rocciosi che possiamo oggi osservare, dagli asteroidi ai pianeti come la Terra.

Benché si stia facendo strada l’ipotesi che le condrule si siano generate in seguito agli impatti fra embrioni planetari avvenuti durante i primi cinque milioni di anni del sistema solare, l’opinione prevalente rimane che queste goccioline pietrificate facessero parte del materiale originale che, aggregandosi, ha dato origine ai planetesimi (un termine più tecnico per definire gli asteroidi), dalle cui collisioni sarebbero nati poi corpi sempre più massicci. Ma com’è avvenuto questo fenomeno di compattamento?

Grazie a due simulazioni ad alta risoluzione, Johansen e colleghi hanno dimostrato che, quando le condrule si muovono all’interno del gas nel disco protoplanetario, l’attrito tra le condrule e il gas toglie energia alle condrule, rendendone possibile la cattura da parte di un asteroide di passaggio.

Da questo fotogramma della simulazione si può avere un’idea di come gli autori “vedono” la formazione di planetesimi nel disco protoplanetario. Crediti: A. Johansen et al.

«Nella prima simulazione», spiega Johansen, «abbiamo visto come particelle di dimensioni centimetriche, fluttuanti nel disco di gas e polvere che circondava il giovane Sole, si siano concentrate per formare un sottile filamento, alla fine frammentato in un certo numero di planetesimi quando la gravità tra le particelle era divenuta troppo forte». I planetesimi ottenuti nel primo calcolo sono stati quindi immersi in un oceano di condrule orbitanti, come parametri in input della seconda simulazione.

«Misurando come gli asteroidi catturassero le condrule con la loro gravità», continua Johansen, «abbiamo rilevato che gli asteroidi crescevano molto rapidamente in massa incorporando condrule, e che le dimensioni degli asteroidi così accresciuti nella simulazione corrispondevano bene alle dimensioni degli asteroidi osservabili nella fascia principale tra Marte e Giove».

Secondo gli autori, questo risultato rafforza l’ipotesi che gli asteroidi si siano formati inglobando condrule per milioni di anni, piuttosto che come risultato della collisione tra planetesimi più piccoli come suggeriscono le teorie tradizionali. Inoltre, lo stesso meccanismo sarebbe alla base della formazione di pianeti come la Terra.

«Con nostra sorpresa, nella simulazione abbiamo anche osservato come gli asteroidi più grandi continuassero a crescere fino a embrioni planetari delle dimensioni di Marte», dice in conclusione Johansen. «Si ritiene che la Terra e Venere siano il risultato del gigantesco impatto tra tali embrioni planetari, ma nessuno è ancora stato capace di spiegare in maniera convincente come si siano generati gli embrioni originali. Basandoci sul nostro modello, noi riteniamo che embrioni planetari si possano essere rapidamente formati mediante il progressivo inglobamento di condrule di dimensioni millimetriche».

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Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini