Come documentarsi per scrivere un libro (o un racconto, un’antologia, un biglietto d’auguri per Natale…)

Creato il 18 luglio 2012 da Nasreen @SognandoLeggend

La prima cosa da fare dopo aver steso almeno la trama generale di un racconto, romanzo o quello che sia, è chiedersi onestamente: “Su quali degli elementi che intendo affrontare non ho conoscenze sufficienti per dipingerli in modo realistico?” oppure “Cosa sto dipingendo basandomi sulle mie conoscenze e cosa, invece, sto inventando di sana pianta?” A prima vista, l’elenco potrebbe sembrarvi sconfortante, ma non perdetevi d’animo: non vi toccherà trascorrere anni sui libri per scrivere un racconto di una decina di pagine (non sempre, perlomeno). Vediamo perché.

Su cosa bisogna documentarsi

Sebbene la documentazione sia un dovere fondamentale per ogni autore, è davvero importante solo per quegli elementi che hanno un ruolo nella trama: se un personaggio ha una collezione di spade nel suo studio, ma non ne userà mai una nel corso del romanzo, è inutile spulciare tutti i testi di scherma medioevale esistenti. Documentatevi su uno o due modelli e descrivete quelli, magari accennando alle targhette che identificano e facendo spalancare gli occhi alla vostra protagonista specializzata in storia medievale. Questo è più che sufficiente. Purtroppo, per tutto il resto vi toccherà studiare sul serio; il rischio, altrimenti, è quello di commettere errori grossolani, visibili anche a chi non possiede una cultura specifica (per esempio, se la vostra protagonista alta un metro e un tappo e pesante quaranta chili afferra una di quelle spade e la usa per tagliare in due il Cavaliere Nero, i lettori si chiederanno perché fra i cavalieri non ci fossero donne minute e come mai questi indossassero armature in battaglia).

La prima cosa da fare, dunque, dopo aver deciso quali sono gli argomenti di cui vi dovete documentare, è decidere quali meritano una ricerca approfondita e per quali, invece, è sufficiente un’indagine più superficiale. Nel caso di questi ultimi, leggersi un paio di articoli o saggi brevi è più che sufficiente; per gli altri, invece, avrete bisogno di esaminare fonti più consistenti. In caso di dubbi, scegliete sempre la strada della documentazione approfondita: meglio imparare qualcosa in più che ritrovarsi con delle conoscenze insufficienti.

Non tutte le fonti sono uguali

Esistono due grandi categorie di fonti: fonti di prima mano e fonti di seconda (o terza, quarta, quinta…) mano. Semplificando, le fonti di prima mano sanno ciò che vi serve; quelle di seconda mano lo hanno sentito dire. Se volete documentarvi sulla battaglia di Vittorio Veneto (perché il vostro racconto si svolge nel corso di essa o perché l’evento è in qualche modo importante ai fini della storia), fonti di prima mano saranno i resoconti dei reduci, i rapporti degli alti ufficiali e i piani di battaglia; fonti secondarie saranno i libri di storia dedicati allo scontro. Un esempio di fonte terziaria potrebbe essere un libro di testo compilato da qualcuno che ha letto i principali trattati storici sulla battaglia.

Parlando in generale, è meglio utilizzare fonti di prima mano: più ci si allontana dalle testimonianze dirette, più si corre il rischio che qualcuno abbia commesso degli errori o trascurato alcuni elementi che a voi sarebbero utilissimi. Per questo, se la vostra storia prevede un’antagonista (o perché no, una protagonista) affetta da una particolare patologia psichica, oppure si svolge all’interno di un ospedale psichiatrico, prima di comprare una guida per lo scrittore alle malattie mentali accertatevi che l’abbia scritta uno specialista in materia e non, diciamo, un giornalista che ha intervistato degli psichiatri: nessuno garantisce che questi abbia capito tutto ciò che i medici gli hanno detto, o anche solo che abbia fatto tutte le domande giuste.

Detto questo, non sempre le fonti di prima mano sono accessibili o consultabili: non tutti hanno il tempo o la possibilità di mettersi a spulciare gli archivi dell’Esercito italiano, per dirne una. In questi casi, testi scritti da studiosi accreditati sono un surrogato più che accettabile; abbiate solo cura di leggerne più d’uno, in modo da poter confrontare opinioni diverse e, perché no, scegliere quella che più si adatta alla storia che avete in mente.

Alcune fonti di prima mano possono essere ostiche per il lettore non specializzato: un testo di psichiatria dà per scontate delle conoscenze che ci si aspetta essere parte del bagaglio di uno studente di quella branca della medicina, ma che di certo non è proprio della cultura di uno scrittore laureato in Ingegneria. Per questo esistono le guide per scrittori: testi scritti in modo tale da essere leggibili praticamente da chiunque e che contengono tutte le informazioni necessarie su un dato argomento. Di nuovo, accertatevi solo che le abbiano scritte degli specialisti: per la vostra storia che inizia con la fidanzata del protagonista in ospedale dopo aver subito un’aggressione, scegliete una guida ai traumi fisiologici scritta da un medico.

In alcuni casi, le fonti di prima mano non sono di alcuna utilità senza la mediazione di una fonte di seconda mano: è il caso, ad esempio, dei manuali di scherma rinascimentale, pensati in origine per essere complementari all’addestramento e pieni di illustrazioni realizzate senza l’utilizzo della prospettiva o delle linee cinetiche. Siccome nessun maestro di scherma del Rinascimento è sopravvissuto fino ai giorni nostri, leggere i manuali non serve a granché; si è costretti a ricorrere a delle interpretazioni, dunque a delle fonti di seconda mano. Per esempio, quando ho scritto il mio primo romanzo fantasy completo (che metterò a disposizione gratuitamente quando avrò voglia di farmi ridere addosso), la mia fonte principale per quanto riguarda i combattimenti è stata Medieval Swordsmanship di John Clements; Clements è fondatore e presidente dell’ARMA (Association for Renaissance Martial Arts), il che ne fa una delle persone più qualificate al mondo sull’argomento. Un’altra delle mie fonti, una raccolta di illustrazioni commentate risalenti al Quattrocento, mi è stata di utilità ridottissima, perché nonostante le didascalie, quelle immagini mi dicevano poco o niente (in molti casi, il commentatore stesso ammetteva di non aver la minima idea di quali mosse fossero rappresentate).

Guardatevi dai falsi amici

Ci sono alcuni media che sembrano fonti, ma non lo sono e non vanno considerati come tali. In particolare:

  1. Le opere di fantasia (film, romanzi, serie TV, cartoni animati, ecc) non sono fonti: nessuno vi garantisce che gli autori non si siano presi delle libertà o che semplicemente non abbiano trascurato di documentarsi.

  2. Wikipedia non è una fonte: tutti possono scrivere su quel sito e modificare le pagine, non solo persone qualificate.

  3. Blog e siti web, a meno che i loro articoli non siano basati su una bibliografia e/o scritti da esperti riconosciuti, non sono fonti. Un tempo, per pubblicare un articolo o un libro bisognava essere persone capaci oppure ignoranti raccomandati; con l’avvento di Internet, anche gli ignoranti non raccomandati possono scrivere quello che vogliono e condividerlo con il mondo. Prestate molta attenzione.

Come già detto, è importante esaminare diverse fonti su ciascun argomento: non solo perché un autore può concentrarsi su dettagli che un altro trascura, ma anche perché nessuno, per quanto preparato, imbrocca ogni singolo dettaglio. Documentandomi sui cecchini per alcuni racconti di ambientazione militare, mi sono imbattuto in un manuale che raccomanda a questi soldati di portare con sé una scorta di sigarette quando vanno in missione; ciò mi è sembrato molto strano, anche perché lo stesso autore (un maggiore in pensione dell’esercito degli Stati Uniti d’America), qualche decina di pagine più in là, consiglia ai cecchini di non fumare, poiché il bagliore e il fumo potrebbero attrarre l’attenzione del nemico. Ho consultato un altro manuale e vi ho trovato un’opinione più netta: i cecchini vanno selezionati tra i non fumatori, perché anche nel caso in cui non si portino le sigarette in missione, la loro efficacia risulterebbe comunque ridotta (per via del nervosismo extra e delle altre conseguenze dell’astinenza da nicotina). L’opinione della seconda fonte, anch’egli un ex-militare, mi è parsa più convincente, dunque ho deciso di farla mia.

E adesso cosa ci faccio?”

Una volta trovate le fonti giuste, il modo migliore per studiarle è leggerle sottolineando le parti più importanti; quando avete finito di esaminare una fonte, passate a quella successiva, riprendendo in mano quelle già lette solo dopo un certo periodo (qualche giorno per un articolo o un saggio breve, qualche settimana o anche qualche mese per un testo più corposo). Così facendo, il ripasso sarà più utile, perché avrete avuto il tempo di assimilare le conoscenze acquisite.

Nel corso dello studio, una tecnica molto efficace è quella del Pomodoro, sviluppata da Francesco Cirillo (http://it.pomodorotechnique.com/ ). Si basa su periodi di studio (“Pomodori”) di 25 minuti, alternati a periodi di riposo di 5, con una pausa più lunga (15-30 minuti) ogni quattro Pomodori. Questo sistema consente di organizzarsi in modo efficace e alleggerisce, suddividendolo in parti più piccole, il carico di lavoro. È sufficiente decidere, la sera prima o inizio giornata, quanti Pomodori dedicare allo studio, e il gioco è fatto.

Ricapitolando: ora sapete come individuare la necessità di documentarvi, come scegliere le vostre fonti e come consultarle. Tutto questo non vi servirà a niente senza le idee, quindi rilassatevi e guardatevi un film, andate a fare una passeggiata, allenatevi o fate qualunque altra cosa normalmente susciti in voi la voglia di scrivere. Poi cominciate a buttare giù la struttura di una storia.


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