(Si chiama Moon Indigo dall’omonimo pezzo di Duke Ellington, e si chiama La schiuma dei giorni dal romanzo di Boris Vian del 1947, dal quale il visionario Gondry - e chi meglio di lui? - ha tratto il film)
Il lavoro di stop motion è talmente industrioso e colossale che bisogna assaporarlo di persona, descriverlo solamente non rende affatto l'idea.
è stato come essere invitati a una lussuosa merenda fra amici, e assaggiare dolcetti e tazzine fumanti avvolta in una gonna di tulle rosa;
come scolarsi con voracità numerosi cocktail sfumati dell'intera gamma pantone fluo;
come quando ero piccola e ritagliavo collage nel cartoncino colorato e con l'oro facevo il sole e col verde smeraldo fili d'erba grossi come le mie dita;
come un primo bacio;
come avere di nuovo 8 anni;
come scivolare sui tetti di parigi in autunno, sotto quel cielo grigio polvere così chic;
come abitare all'interno di un sassofono e sentirsi avvolti da una nuvola di note, di penombra e di fumo di sigaretta;
come tuffarsi su un lettone soffice e lasciare il mondo fuori e portare con sè 3 o 4 romanzi e lasciar passare un'eternità prima di ricordarsi di tutto il resto;
come avvolgersi una lunga sciarpa di lana scarlatta quando il mondo attorno è tutto grigio;
come innamorarsi.
Ed è stato anche come un'autoscontro, una giostra lanciata a tutta velocità, ma questo dentro la mia pancia, perchè portarsi dentro un piccolino al nono mese in una sala cinematografica a vedere e, soprattutto, sentire Gondry amplifica le sensazioni lisergiche alla massima potenza: anche lui si stupisce, si ribalta, danza e magari ridacchia felice. Provare per credere!