Come esce Roma dal confronto con Dublino? Un'altra utile e costruttiva riflessione

Creato il 03 dicembre 2015 da Romafaschifo






Sono un lettore italo irlandese che ha vissuto sia a Roma che a Dublino, e volevo cercare di fare un confronto tra gli approcci che le due città hanno verso la mobilità*. Le differenze sono certamente profonde ma recuperare il terreno perso, vedremo, non sarebbe poi tanto difficile e non avrebbe bisogno di grandi investimenti, ma implicherebbe un cambio di paradigma nel concepire le soluzioni alla condizione assurda della mobilità romana.A Dublino infatti, come in tante altre città europee e non, si parte dall'ovvia constatazione che impostare la mobilità sulla macchina privata è stato un fallimento: l'auto ha enormi esternalità che diminuiscono la vivibilità di una città, oltre ad avere delle velocità medie ridicole a causa della congestione. Uscendo dal raccordo si scopre che la soluzione alla cosa è abbastanza ovvia: si disincentiva in ogni modo il trasporto privato (con tasse e restrizioni) e si incentiva quello pubblico (rendendolo più efficiente, anche con i soldi generati dalla tassazione di quello privato).Venendo al dunque, la prima differenza che si nota arrivando a Dublino, prendendo il taxi o il bus per il centro, è l'onnipresenza di corsie preferenziali per gli autobus e taxi. Se vi è più di una corsia, sembra essere quasi obbligatorio avere una bus lane. Praticamente a costo zero, si incentiva così il trasporto pubblico e si disincentiva quello privato; non c'è bisogno di scavare o inventarsi chissà cosa. Che gli autobus aspettino nel traffico come tutti è considerato, giustamente, una cosa assurda: quando Pearse Street, una delle strade importanti che collega il sud con il centro, ha iniziato a essere congestionata, hanno subito messo una bus lane, facendo un ragionamento inverso a quello che purtroppo viene fatto qui. (E anche li c'è, purtroppo, l'opposizione di un gruppo della popolazione miope - come alcuni miei zii - che si lamenta dell'aumento del tempo di percorrenza dell'auto privata, ignorando la possibilità di prendere il bus e metterci un quarto del tempo rispetto a quando non c'era la preferenziale). Quando in macchina ci si mette il triplo che con l'autobus, anche un convinto maghinaro romano potrebbe convertirsi e, aumentando la proporzione e tipologia della popolazione che usa mezzi pubblici, anche l'interesse politico a garantire un servizio decente diventa più forte.Ci sono ovviamente anche tantissime bike lanes, e quasi tutte sono semplicemente disegnate sull'asfalto. Non mi soffermo tanto sulla cosa, ricordo solo quanto l'ex assessore alla mobilità Esposito fosse al passo con i tempi quando definiva questo tipo di ciclabili pericolose e non implementabili (ma, chissà perché, presenti in tutta Europa)Arrivando nel centro di Dublino ci si rende conto che sono in corso dei grandi cambiamenti. Delle arterie principali come (College Green e Dame Street, ma anche Nassau Street e Suffolk Street), sono praticamente chiuse al traffico, o comunque sono aperte solo a determinate ore, per la costruzione di una nuova linea del tram e del collegamento tra le due già esistenti. Dove viene trovato lo spazio per costruire il tutto? Semplice, viene levata qualche carreggiata alle strade che ne hanno più di una, o si chiudono completamente le vie al trasporto privato. In pochi anni, e nel mezzo di una crisi economica, Dublino riesce cosi a collegare le sue due linee di tram (la verde che fa sud-centro, la rossa che fa est-ovest) con la Dart (servizio suburbano che fa la costa da nord a sud) e a costruirne una nuova (la blu che farà da nord a centro) a costi molto più limitati rispetto ad una metro.Il centro non è ovviamente un ammasso di lamiere come Roma. I parcheggi all'aperto sono pochi, tutti rigorosamente a pagamento(sui 3 euro l'ora), anche in zone non proprio centrali, e chi va a fare spese in centro la mette nei parcheggi al coperto dei vari shopping center, pagando il dovuto. Solo a Roma il parcheggio a pagamento viene visto come un sopruso ai danni dei cittadini: è invece un ovvio disincentivo all'uso e acquisto di auto private, oltre che una fonte di rendita da poter utilizzare per incentivare il trasporto pubblico. (come ho già spiegato qui (si potrebbe mettere link del post sui parcheggi che ho fatto)Si rimane poi stupiti del numero di taxi in giro per la città. Nel 2000 il mercato è stato infatti liberalizzato e ora la densità di taxi per abitanti è il doppio di quella romana (cercare la cosa su google per credere). Per chi non vuole prendere il taxi in maniera tradizionale, ci sono poi varie applicazioni – Uber, Lyft, Gettaxi o quelle degli stessi taxi– che permettono di fare il tutto con pochi click. Non a caso la sera è difficile incontrare auto private: perché prendere la propria auto per uscire la sera quando posso evitarmi lo stress e costo del parcheggio ed eventuali controlli per l'alcool (assenti purtroppo a Roma)? Chi è a favore di una liberalizzazione del mercato dei taxi non è quindi un venduto alle multinazionali americane che vuole togliere il lavoro a dei poveri (?) tassisti: aumentare l'offerta nel mercato, abbassarne i costi, e migliorarne la qualità rientra semplicemente in una normale ottica moderna di disincentivo all'uso e al possesso della macchina.E' questo quindi l'approccio di città moderne che devono rispondere alla congestione delle auto e al fallimento del trasporto privato, garantendo trasporti efficienti ai propri cittadini e quindi un normale sviluppo dell'economia. Cambiare mentalità e impostazione non ha dunque grandi costi materiali, ma non è di certo indolore: ci sarà sempre una parte della popolazione pigra, non lungimirante e avversa al cambiamento che si batterà per il mantenimento dello status quo. Nella realtà romana questi costituiscono purtroppo una fetta corposa della popolazione: basti considerare la reazione all'ovvia e sacrosanta pedonalizzazione dei Fori (che è stata, a mio parere, il peccato originale di Marino, visto che da lì è nato l'odio di molti romani verso l'ex sindaco); o ai sit in e piagnistei disperati davanti al Campidoglio che alcuni romani farebbero, in crisi di astinenza da caffeina, perché impossibilitati a parcheggiare in quinta fila davanti al loro bar preferito, dopo l'inizio di un normale uso dello street control. Non c'è da essere quindi troppo ottimisti: se i cittadini (si spera) guidano le decisioni di una città, forse nessuna realtà politica, per quanto innovativa, sarebbe in grado di convincere l'elettorato della necessità di cambiamenti radicali e di resistere alle forti pressioni di chi, per interesse o pigrizia, vuole lasciare Roma nella sua condizione disastrosa.Erik*Devo rispondere all'onnipresente commentatore con il complesso per le dimensioni (eh si, sono sempre Erik, quello dei due post -qui e qui -sulla fenomenologia dei commentatori di Roma Fa Schifo), che al leggere il primo paragrafo aveva già aperto wikipedia sulla pagina di Dublino per controllarne il numero degli abitanti. Si possono benissimo paragonare due città con dimensioni diverse; il fatto che Roma sia più grande dovrebbe forzarla ad avere politiche contro il trasporto privato ancora più forti rispetto ad una città più piccola come Dublino. La congestione, e i suoi effetti negativi, sono ovviamente proporzionali alla dimensione di una città: i paeselli in Abruzzo non hanno bisogno di ZTL o corsie preferenziali, mentre New York e Londra si.