I fatti sembrano confermare quanto era già stato teorizzato negli scorsi anni, ossia, che il digitale non sta soltanto cambiando le abitudini di lettura dei consumatori, ma sempre di più incide sulle modalità con cui un libro viene scritto.
Poter accedere ai dati che analizzano il gusto dei lettori, addirittura il loro grado di interesse per un opera mentre sono in procinto di sfogliarla, mette gli scrittori faccia a faccia con le proprie mancanze. Niente più autocommiserazione da geni incompresi, quindi.
Come si dice? La matematica non è un opinione e i dati parlano chiaro.
- la lentezza del racconto (46,4%);
- una scrittura debole (18,8%)
- una trama inesistente (8,5%)
Tutto quello che si può fare, in quanto scrittori, è provare a prendere atto dei numeri e cercare sempre di migliorarsi.
Ad esempio, anche quando la trama, invece, c’è ed è abbastanza forte da invogliare i lettori a proseguire la lettura, non è detto che questa sia strutturata nel modo giusto (giusto per l’era digitale).
Spieghiamo.
Lo stesso accade anche sugli ebookstore, dove gli utenti possono accedere alle anteprime dei libri (circa un 10%) gratuitamente; se non è lì che lasciate intuire al lettore che qualcosa di interessante contiene, difficilmente lo convincerete ad acquistare l’intero romanzo. Il che ci porta all’ultimo dei quesiti dell’indagine di Goodreads:
cosa fa continuare i lettori a voltare pagina?
Il 25,2% risponde: sapere che succede, come va a finire la storia.
Stimolare continuamente questo interesse dovrebbe essere l’unico imperativo per uno scrittore. Quindi, meglio studiarla questa psicologia degli abbandoni, adesso che si può.