Chi scrive i romanzi rosa? Generalmente donne e sul perché ci sono diversi modi di pensare, ma a me è sorta un’altra domanda: come, invece, gli uomini hanno scritto d’amore in passato? La letteratura russa dellOttocento ci aveva abituati a considerare le donne come oggetti misteriosi, degni del più alto sacrificio in quanto fondamentalmente oneste e nobili, sia di nascita che di cuore, spesso anzi le due cose coincidevano: si veda la principessa Bela di “Un eroe del nostro tempo” di Lermontov, che rapita si innamora di un valoroso ufficiale, salvo poi ammalarsi quando questi se ne va indegno, infischiandosene fondamentalmente del suo amore. Ma potrei portare a esempio quasi tutti i personaggi femminili della letteratura russa di quell’epoca, come Aglaia Ivanovna ne “L’idiota” che ne è l’esempio principe.
Delicate, nobili d’animo e svenevoli dunque, diventano nella letteratura francese, per contro, personaggi più complessi, inserite in contesti sociali sempre più articolati nelle varie trame. Non può non venirmi in mente a esempio per tutti la Nanà (e la sua amica Satin) di Zola, se non anche la Marguerite de “La signora delle camelie” di Dumas, a ricordarmi come invece il vizio si impossessa della donna quanto più questa vive negli agi di una classe sociale elevata che corrompe animi già tendenti alla corruzione, se si dà loro la benché minima possibilità di esprimersi liberamente. Il languore borghese di Emma Bovary ci dà forse una misura di come, nell’immaginario maschile, per i Francesi sia storicamente insita una corruzione di fondo nell’animo femminile, tratto meno marcato nel più moderno scrivere di Lawrence e Kipling: carnali sì, le donne, ma non corrotte oltre ogni misura.
E oggi? Nella narrativa contemporanea si usa invariabilmente il cliché per il quale innanzitutto si dividono i personaggi buoni da quelli cattivi; messa in chiaro detta distinzione, le donne appartenenti alla prima categoria si concedono solo ai buoni e valorosi, delle altre generalmente si parla poco.