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CARI AMICI, immaginate un vasto soggiorno in un immobile borghese del quartiere di Fredriksberg a Copenhagen. I numerosi adulti seduti attorno alla lunga tavola con i resti di una cena dano-rwandese, gli ancora più numerosi i bambini seduti attorno a tavolini allestiti per l’occasione. Presso il grande albero di Natale, un autentico abete decorato con palle, ghirlande e candeline, la piccola Fiona, asso del flauto dolce, sta suonando melodie natalizie accompagnata da un tizio che suona un organo elettrico. E’ una scena idillica, un Natale perfetto. Cosi’ sta pensando il tizio mentre esegue gli accordi di Stille Nacht, seguendo la toccante melodia tessuta dal flauto dolce contralto che la piccola Fiona sa far cantare come una voce umana. Mentre suona, il tizio respira profondamente il buon odore di resina dell’abete misto a quello dei resti alimentari e questo odore gli evoca ricordi antichi. Ogni tanto sbircia le sue 2 figlie che stanno parlottando e ridacchiando come se avessero cessato di farsi la guerra. E’ cosi’ felice che pensa: felicità è suonare carole la sera della vigilia di Natale con la sua nipotina di 8 anni. Felicità è vedere le sue figlie parlare come buone amiche. Felicità è Natale, questa festa magica che mette tutti d’accordo.
MA COME SAPETE, la felicità è simile alla sottile crosta di ghiaccio che copre la superficie di uno stagno. Basta niente perché si spezzi e vi faccia sprofondare nel gelido abisso. In questo caso a incrinare il ghiaccio è lo stridulo squillo del telefono. “Rispondi tu» dice la cognata del tizio alla moglie, che si trova più vicino al molesto apparecchio. La moglie alza il ricevitore e il tizio la sente dire: « Si. No. Certamente. Buon Natale, a presto.» «Chi era?», domanda il tizio quando lei ha riagganciato. «Famiglia» risponde lei evasiva. Non puoi vivere per 25 anni con una donna senza capire quando ti racconta una frottola e il tizio è sicuro che sua moglie abbia mentito. Non soltanto per la sua aria evasiva, ma perché al telefono ha parlato in francese mentre con i membri della famiglia parla in kinyarwanda. <<Chi era?» ridomanda il tizio, guardandola negli occhi. « Era… » La moglie si accinge a raccontare un’altra frottola ma sotto lo sguardo inquisitorio crolla di schianto. «Mohamed.»
A QUESTO PUNTO il tizio si trasforma come il dottor Jekyll quando diventa Mr Hyde. Sparito il pacifico suonatore di carole natalizie, al suo posto una belva assetata di sangue. «Eh? Ancora quell’arabo di merda? Che cosa fa qui? Perché non lo avete rispedito al bled?» Si rende conto di avere quasi gridato e aggiunge a voce più bassa: «E gli hai pure detto buon Natale, a presto.» «Ha detto che vuole vedere suo figlio» lo informa la moglie come se questo giustificasse tutto. Il marmocchio in questione sta sgambettando in un recinto alle spalle della madre seduta a tavola. «Non è suo figlio» ribatte il tizio. « Anche le bestie possono riprodursi ma essere padri si merita. E un Mohamed che registra all’anagrafe mio nipote come Mohamed non merita di essere padre.» A corto di argomenti, la moglie tenta una diversione: «Sei geloso di tua figlia.» «Geloso io?» sbraita il tizio, alzando di nuovo la voce. «Stai scherzando? Mia figlia è maggiorenne e per me puó andare a letto anche con il cadavere di Osama Ben Laden, ma mio nipote è un’altra questione. Mio nipote è minorenne e va protetto. Soprattutto contro chi cerca di marchiarlo alla nascita come un vitel… » Di tutto questo discorso la figlia, che ha seguito attentamente la conversazione, ha capito soltanto una cosa: «A letto con il cadavere di Osama Ben Laden?» Balza in piedi con gli occhi luccicanti di lacrime, lascia la stanza di corsa e un momento dopo si sente sbattere una porta.
«HAI VISTO?» dice la moglie al tizio in tono di accusa. «Sei il Grinch.» «Il Grinch! Il Grinch!» fanno eco i bambini con entusiasmo. Per chi non lo sapesse, il Grinch è un leggendario mostro sciupanatali. E il tizio (come avrete capito sono io) non puó fare a meno di pensare: a volte la parete che separa un pacifico Babbo Natale da un Grinch è più sottile della crosta di ghiaccio che copre uno stagno.
Dragor