Fumetto, cultura, mercato, arte, sperimentazioni. Due autori si confrontano su questi punti fondamentali, sul loro significato oggi e sulle prospettive che avranno domani. Uno scambio di assoluto interesse, ricco di stimoli e spunti di riflessione.
Marco Galli: Te lo chiedo come intervistatore “una tantum”: cosa vuoi tu, dal fumetto e cosa vorresti che fosse nel mondo culturale di oggi, il fumetto? A me interesserebbe molto saperlo… sempre che tu abbia voglia e tempo.
Akab: Tante cose in testa. Difficile metterle in fila. Credo di volere dal fumetto le stesse cose che cerco in tutti gli altri campi della mia esistenza. Non saprei esattamente come riportarla in una parola, ma sarebbe qualcosa di simile all’evoluzione. Mi sembra che ci siano cose che spingono verso l’evoluzione (usiamo questa di parola, ma sono certo ce ne siano di migliori) ed altre verso l’involuzione. L’abbrutimento. Il piatto ripetersi di idee dozzinali, prodotti per adulti mai cresciuti, cose che rallentano il passaggio da scimmia a sapiens. Questo in tutti i campi. Quindi dal fumetto mi basterebbe che iniziasse ad usare il pollice opponibile per sfogliare meno cazzate e imparasse a camminare in posizione eretta.
Poi se vuoi un po’ di pragmatismo penso tristemente che manchino proprio i numeri per poter sostenere libri di autori non allineati. La chiamano società dei consumi.
Comunque Pasolini lo dice meglio:
“Ora invece succede il contrario; il regime è un regime democratico ecc ecc. Però quella acculturazione, quella omologazione che il Fascismo non è riuscita assolutamente ad ottenere, il potere di oggi, il potere della civiltà dei consumi invece riesce a ottenere perfettamente, distruggendo le varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. E allora questa acculturazione sta distruggendo in realtà l’Italia, e allora io posso dire senz’altro che il vero fascismo è proprio questo potere di questa civiltà dei consumi che sta distruggendo l’Italia e questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che in fondo non ce ne siamo resi conto. E’ avvenuto tutto in questi ultimi cinque, sei, sette, dieci anni…è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi, sparire, adesso risvegliandoci forse da questo incubo e guardandoci intorno ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.”
MG: Io concordo con te, però mi viene da fare “l’avvocato del diavolo”, più che altro perché mi interessa una tua risposta, e ti pongo un altra domanda: come rispondi a chi obbietta che quelli che la pensano come te, cioè essere una voce non omologata al mercato, poi pretenderebbero dallo stesso, cioè gli stessi meccanismi che rendono il mercato regime, una visibilità che si trasformi in successo e conseguentemente in monetizzazione?
E’ come nella fattoria degli animali. Non tutti gli animali si vogliono affrancare dal padrone. Se sei un cavallo e devi spingere l’aratro tutto il giorno è un conto. Ma se sei un cane coccolato dal padrone è tutta un altra storia.
”Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.”
MG: Tu fai un discorso sulla tragedia del “livellamento verso il basso” che percorre il mondo del fumetto e, più in generale, la cultura. Questa è una questione molto vecchia che è figlia, secondo me, dell’alfabetizzazione di massa del dopo guerra e che si è acutizzata con le nuove tecnologie, dove chiunque pretende di essere “qualcosa” e non “qualcuno”.
Ti chiedo: pretendere che la cultura sia “alta”, da qui il fumetto che è cultura, non è come tornare a una sorte di elitarismo di stampo reazionario?
A: Ma io non dico che il “basso” debba sparire. Io dico che “l’alto” è agonizzante!!!
Poi tutto ci sta. Per un creativo è naturale cibarsi di ogni cosa. Anche di spazzatura, ogni tanto. Ma che ci sia solo quella è un emergenza da denunciare come a Napoli.
MG: Ma c’è chi dice che il mercato offre già quello che dici tu: da “i bonelloidi” a “gli autori”. Nel senso che anche tu pubblichi e credo che tu non ti senta un agonizzante, in senso artistico.
Nelle tue parole mi sembra quasi di scorgere, e la ritengo una lettura nuova del tuo pensiero, almeno per me, una critica rivolta verso gli “autori” inconsistenti piuttosto che verso i cosiddetti “popolari”.
Cosa intendi, che anche gli autori si stanno adeguando al mercato del bang-bang?
Cosa dovrebbe essere o fare un autore, muovendosi nelle condizioni in cui versa l’editoria italiana a fumetti?
A: Io dico che il bang-bang paga. Sperimentare no. Prescindendo dal giudizio delle opere, senza sperimentazione non c’è ricerca, senza ricerca si muore per un’ influenza. Se mi segui nella metafora medica.
E’ questa civiltà stessa che sta implodendo. Il fumetto è solo un sintomo come un altro.
MG: Sono d’accordo, il problema è che una volta si voleva fare lo scrittore, esempio, per scrivere come Dostoevskij. Adesso lo si fa per diventare Dan Brown. Il problema più grosso è che tutti, quasi, ti dicono che è normale: diventi ricco.
Dunque non c’è speranza, tu stai combattendo una guerra persa in partenza o ce l’hai un idea di dove indirizzare la prua?
Comunque adesso che sono le 06:14 ti racconto una cosa che ho pensato l’anno scorso quando ero con gli altri Dummy in Calabria a promuovere il libro. Una cosa intima che forse non metterei nel caso si deciderà di rendere pubblico questo scambio. Una cosa in fondo molto semplice.
Guardandoli da fuori (e togliendomici) mi sono accorto che noi eravamo lì con un libro che parlava di lutto, all’interno di una manifestazione minuscola in un minuscolo paesello fatta di assessori con impegni inderogabili alle 10 di sera, cosplayer disperati e figure oscure chiamate sponsor, e noi in quel contesto da sagra della porchetta abbiamo comunque (invano) tentato di portare un discorso serio e di un altro livello, e lì ho capito. Ho capito che stiamo lavorando per i figli dei figli. Insomma in questa vita non mi aspetto di vedere dei risultati concreti. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare.
Detto ciò mi viene da aggiungere un paio di considerazioni a margine. Io, come molti, ho una strana tendenza allo sdoppiamento. Mi spiego. Se da una parte cerco di avere uno sguardo lucido e distaccato sulla situazione generale, dall’altro rivendico il mio diritto ad una visione meno razionale dell’insieme. Insomma come autore voglio essere libero di fottermene del reale stato delle cose e imbarcarmi per rotte sconosciute, non curante della tempesta.
MG: Infatti, secondo me, il nocciolo è questo: per salvare la nave, per permettere che navighi in futuro, bisogna non avere paura di usare la parola élite culturale. Cerco di spiegare il punto: io vengo dal popolo, la mia formazione è popolare e per quanto pensi di riuscire ad avere qualche pensiero profondo,
Anzi, umilmente, cerco di usare la forza performante del pensiero e del fare alto, per introdurlo nel mio piccolo, che per ora è il fumetto. Come dire: secondo me per creare un character (fumettistico) bisogna ispirarsi a Dostoevskij e non a Lucas.
Non so se tu sei d’accordo con questa prospettiva, la dittatura del popolo, che è stata un fallimento sociale, credo sia un disastro maggiore se applicato alla cultura. Cosa pensi tu?
Poi mi spieghi se ti svegli molto presto o se vai a dormire molto tardi…
> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="324" width="215" alt="Come in alto così in basso: Akab e Marco Galli, l’arte, Pasolini e Duchamp >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-44764" />A: Allora… cominciamo dalla fine. Certe volte vado a dormire talmente tardi che è presto. Comunque in un modo o nell’altro vedo sempre l’alba.
Le questioni dei massimi sistemi mi lasciano sempre un po’ perplesso. Io so che potenzialmente siamo tutti svegli uguali, poi se ti mostrano solo film di Vanzina il risultato molto probabile sarà inferiore rispetto a chi si è visto tutto il cinema d’autore. Come dire che se mangi bene stai meglio in salute. Banalità del genere. Quindi il popolo fa schifo. Noi si lavora per il 10 per cento che ancora è in grado di pensare con la propria testa.
Per l’ispirazione, meglio ancora che a Dostoevskij, bisognerebbe trovarla dentro di sé. Dal frullato di delitto stellare e guerra e castigo assorbito da te. Alla fine è come dice Duchamp, è il punto di vista dell’artista che rende un oggetto qualsiasi, arte.
MG: Io credo che il dentro di sé va a braccetto con il fuori di sé. Il fatto che sia il punto di vista dell’artista a trasformare il tutto in esclusivo (arte) è un poco semplice, cioè: secondo me le “grandi” idee sono tali perché possono essere confutate, quando c’è un ragionamento ragionato, metafisico, alla base. Se uno si alza la mattina e dice che Dio esiste, o che non esiste, è una cosa inconfutabile. Serve un ragionamento, un’idea, sul perché esisterebbe o non esisterebbe in modo da poter ragionarci. Questo per dire che uno non è artista solo perché dal suo punto di vista fa arte, se no diventa deresponsabilizzato da ogni ricerca seria e si crea il cortocircuito, secondo me molto presente nella nostra società, per cui chi sa parlare produce idee.
Mentre senza una ragione ragionata, dietro a quello che dice ci sono solo parole.
Io per “cultura elitaria” non intendo snobistica, penso a una ricerca artistica che pensi al porre gli obbiettivi in alto e non a esporli dall’alto.
Esco dai massimi sistemi e ti chiedo: perché è il fumetto per te?
Perché non il cinema (visto il tuo esordio a Venezia)? Questione di costi produttivi o che altro?
Aspetto risposta alla prossima alba…
A: Ci ho ragionato su questo. Moltissimo. Credo che il fumetto abbia su di me la stessa forza che ha per un pulcino vedere il primo essere e scambiarlo per madre. Indipendentemente se lo sia davvero. L’imprinting insomma. E’ il mio media di riferimento in qualunque disciplina mi stia cimentando. Dal fumetto arrivo alla pittura.
Dal fumetto arrivo al cinema.
Dal fumetto arrivo alla grafica.
Dal fumetto arrivo alla scrittura, ecc ecc…
Alla fine tutto questo vagabondare per media è solo un modo per tornare al fumetto con nuovi punti di vista.
E’ davvero un peccato che sia un media in estinzione. Un vero enorme grandissimo peccato.
Su Duchamp la possibilità del fraintendimento è talmente alta che infatti l’intero sistema di arte contemporanea, fraintendendo, è collassato. Quindi ATTENZIONE, io non dico che tutto quello che un artista dice sia arte poi lo sia realmente. Io dico che il punto è sviluppare uno sguardo personale e non omologato sulle cose. Ed è proprio quello che fa o non fa di te un autore.
MG: Detta così la condivido, anche se essere un autore non omologato non vuol dire, ancora, essere un artista. Ma sto infiorettando inutilmente, credo che tu dica la stessa cosa. E’ curioso: io arrivo ai miei fumetti pensandoli in modo cinematografico, compongo immaginariamente la colonna sonora e la sento mentre lavoro, cerco di fermare le azioni in composizioni pittoriche e provo a imbastire un testo che sia “romanzato”. Sembrerebbe il contrario del tuo approccio, invece credo sia la stessa pratica, che sicuramente è condivisa da molti.
O parli del fumetto in generale?
Io credo che la forbice tra le due “sezioni” si farà sempre più larga, più per questioni di mercato che di stupida appartenenza. Penso che le nuove tecnologie di lettura apriranno i confini del fumetto popolare, che in fondo ha costi di produzione bassissima e di distribuzione cartacea alta. Il colto si ritaglierà la sua nicchia, probabilmente nelle librerie, facendosi conoscere digitalmente e vendendosi in cartaceo, come un “libro da avere”, un oggetto da collezione. Non so se è una cosa che mi piace, ma credo che andrà così. Tu cosa ne pensi?
Ti ringrazio per la chiacchierata.
NOTA IN CALCE: Forse qualcuno obbietterà a questa discussione dicendo che è la solita aria fritta, che sono le solite “seghe mentali” degli autori.
Beh, per conto mio ha perfettamente ragione, spero sia stata la cosa più effimera che abbiate mai letto…
A: Ahahahah!! cosa fai? metti la mani avanti??!> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="368" width="260" alt="Come in alto così in basso: Akab e Marco Galli, l’arte, Pasolini e Duchamp >> LoSpazioBianco" class="alignright size-full wp-image-44772" />
Sono io che ringrazio te per avermi dato modo di costringermi a ragionare su aspetti che normalmente preferisco ignorare. Tipo il mercato.
Io penso che si legga sempre meno. E guardando indietro non vedo speranze per il futuro. Come dice un noto aforisma di Cioran “il futuro è sempre stato atroce”. Forse ci sposteremo a raccontare le nostre storie disegnate in piccoli teatri, o comunque, in situazioni live. Il mio approccio all’esistenza non è abbastanza tecnologico per poter profetizzare scenari digitali per il fumetto. Io non riesco a leggere a monitor. E i così detti esperimenti di web fumetto che ho visto fin ora mi fanno davvero cagare.
Vedi sopra (cioè sotto) e con questa massima alchemica chiuderei.
Riferimenti:
Il blog di Marco Galli: www.kazzemberg.com
Il blog di Akab: mattatoio23.blogspot.com