Si sedette al volante e guardò il signor Greenleaf dirigersi verso la stanza dei finimenti, dove teneva il fucile. (…) il fattore ricomparve col fucile, (…) aprì con violenza la portiera e si lasciò cadere di peso accanto alla padrona.
Sembra proprio che per il toro sia giunta la sua ora. Il signor Greenleaf è inferocito perché toccherà a lui ammazzare l’animale dei suoi figli. D’altra parte, non è stato mai capace di metterlo sotto chiave, e ricondurlo da loro.
La mattina era asciutta e chiara. (…) La soddisfazione di averla avuta vinta acuiva le sue percezioni. Gli uccelli cantavano forte, dappertutto l’erba era quasi troppo brillante per poterla guardare. Il cielo era d’un azzurro uguale e tagliente. “È arrivata la primavera!” annunciò allegra.
Ecco, questo appare come un semplice passaggio, dove l’autrice illustra brevemente le condizioni atmosferiche. Però io credo (e non solo io per fortuna), che siano ben poche le cose messe su pagina prive di peso e di senso. Anche questa non è (solo) un raccordo con la scena precedente e seguente.
Riflettiamo su questo aspetto. La signora May (è lei il soggetto dell’intera frase), per giorni ha preteso che il toro fosse chiuso e ricondotto ai suoi legittimi proprietari. Una richiesta legittima, sempre disattesa. Perché? Ma perché si tratta di una donna, per giove! Che nel sud degli Stati Uniti conta come il due di picche (ricordiamoci che siamo negli anni Cinquanta).
Non ha alcun potere se accanto a sé non ha un bel maritino, o fratello o quello che volete (purché sia di sesso maschile, certo: anche un caprone può essere utile).
È per lei un’importante vittoria. E sembra che la natura partecipi anch’essa alla sua gioia.
“È arrivata la primavera!” annunciò allegra.
Non solo è arrivata la primavera, ma il suo potere (della signora May certo) sta per manifestarsi. È soddisfatta di averla avuta vinta, ed è tale la gioia che alza osserva, guarda cosa accade attorno a lei. Alla natura. C’è una luce forte ovunque: la mattina è chiara. L’erba troppo brillante per essere fissata dallo sguardo. Il cielo di un azzurro tagliente.
La signora costeggiò il campo finché non scorse il toro, (…). “Il suo gentiluomo l’aspetta,” annunciò al profilo furibondo del signor Greenleaf.
Costui è talmente arrabbiato che pare solo un profilo: la rabbia riduce la complessità della persona a una sola dimensione, il profilo appunto. È talmente primordiale e forte da ridurre un uomo a quella condizione. Intanto la signora May è nel pieno del suo potere: ordina di spingere l’animale verso il secondo pascolo, e il signor Greenleaf scende dall’auto e si dirige verso la sua destinazione. Ha tempo per un dispetto:
lasciando deliberatamente aperta la portiera, (…)
Sì, siamo all’ultimo atto o quasi. C’è anche spazio per qualche frecciatina:
“Se quei ragazzi le volessero un po’ di bene, signor Greenleaf, (…) sarebbero venuti a prendere il toro. Mi meraviglio di loro.”
Già, ma quel toro non vale nemmeno il piombo per impallinarlo. Che lo faccia qualcun altro. Il loro padre, perché no?
Il signor Greenleaf si chinò a raccogliere qualcosa e glielo tirò (…). Dove essere una pietra aguzza, (…) perché il toro fece un balzo e partì al galoppo, scomparendo dietro la cresta della collina. (…)
“Non si illuda di riuscire a farlo sperdere!” gridò la signora May.
Il signor Greenleaf appare più scaltro di quel che sembra: cerca di far allontanare il toro dal pascolo, affinché scappi nel bosco dove trovarlo sarà più dura. La signora May non è però così sprovveduta, anzi. Capisce cosa intende fare. Ormai il tempo dei giochi è finito. Si avvicina il momento del suo trionfo. Un uomo “costretto” a obbedire a un ordine tanto duro emesso da una donna.
Forse abbiamo un racconto sulla donna che nonostante cultura e pregiudizi, riesce alla fine a spuntarla? Benché senza uomo al suo fianco, è davvero capace di usare le maniere forti?
Non è questa la lettura esatta del racconto, anche se esiste probabilmente questa “dimensione”.
La signora May sa già come agire quando il signor Greenleaf uscirà dal bosco per annunciarle di non riuscire a scovare la bestia. In quel caso andranno a cercarlo assieme, e se sarà necessario ci penserà lei a premere il grilletto. Il toro non ne uscirà vivo. Il cerchio si sta per chiudere e in un modo o nell’altro deve essere ucciso. Niente più giochi e giochetti: stavolta si fa sul serio e si arriverà sino in fondo, non importa il costo.
Da notare come la scena sia in un certo senso “sigillata”.
Non ci sono spazi per sorprese o colpi di scena, né è possibile tirarsi indietro, sgattaiolare. Determinazione e volontà hanno sempre guidato questa donna sola, in un mondo maschile. Adesso sta per avere ragione (forse in maniera definitiva), del balordo fattore che ha assunto e che spesso fa quello che vuole lui, infischiandosene dei suoi ordini. Lo riscrivo: la scena è chiusa.
Un uomo armato, un toro, una donna che ordina. Non si scappa. Il finale sta per arrivare. Basta aspettare, e se per caso qualcosa andrà storto, vorrà dire che la signora May si rimboccherà le maniche e provvederà lei a risolvere la faccenda in maniera definitiva. Stiamo per andare incontro a un finale “banale”. O no?
Come leggere un racconto /22 – Greenleaf di Flannery O’Connor