Be’, alcune cose le so, ha detto Wes, guardandomi. So che sono contento che tu sia venuta quassù.
In inglese:
I know a few things, Wes said, and looked at me. I known I’m glad you came up here.
All’improvviso, o quasi, la storia inizia a prendere una direzione insperata. È come se la presenza di Edna, la sua tenacia nel credere che le cose, comunque, possono andare bene anche quando prendono una direzione diversa, dispiegasse i suoi effetti.
Wes inizia ad allontanarsi dalla rabbia che prova verso Linda la grassa, il suo amico Chef che lo mette alla porta; e guarda a quello che ha. Edna, appunto.
(…) guardandomi. So che sono contento che tu sia venuta quassù.
Quando un racconto è costruito con cura, e ogni frase ha senso ed è efficace, persino uno sguardo ha un suo peso e valore.
guardandomi.
Vogliamo dire qualcosa a proposito del punto? Di solito quando si scrive la punteggiatura viene tralasciata. Mentre ci sarebbe da scrivere per dei giorni interi sull’importanza di quei piccoli segni che nessuno vuole considerare.
L’esordiente poi ha troppa fretta per perdere tempo con punti, punto e virgola, virgola, giusto?
Sbagliato.
guardandomi.
looked at me.
Il punto dopo quel verbo, rende gli occhi di Wes su Edna straordinariamente efficaci. Non è un’occhiata, generata dalla curiosità, o fretta. È uno sguardo. In un certo senso si prende tutto il tempo che desidera, di cui ha bisogno, prima di lasciare spazio alle altre parole, al discorso. Quel punto è davvero una pausa che Wes si prende prima di procedere. Esagerando, si potrebbe affermare che fa una specie di respiro profondo, prende il coraggio a due mani e va.
So che sono contento che tu sia venuta quassù.
E aggiunge:
Non lo dimenticherò, ha detto.
I won’t forget you did it, Wes said.
Anche questa frase, contiene molto di più di quello che leggiamo e vediamo, non è così? In fondo dice: comunque andranno le cose, qui o altrove, questo fatto che tu sia venuta sin quassù è per me importante. E non lo dimenticherò.
Carver non la fa tanto lunga. Non è necessario dire tutto, ma solo l’essenziale.
Non lo dimenticherò, ha detto.
Tre parole che però rivelano parecchio, e trasformano quello che Wes vive in quelle ore, in una specie di tesoro. Da custodire, difendere e non importa cosa accadrà tra una settimana. Ci sarà la fine del mondo forse. I mari si alzeranno, il cielo ci cadrà sulla testa, ma
Non lo dimenticherò.
In un racconto (anche in un romanzo, però lì si ha più spazio a disposizione), è necessario imparare ad avere una cura incredibile per creare i momenti cardine. In verità, ogni frase lo è un po’, ma di certo capita eccome di arrivare a una svolta. A un momento particolare perché, nonostante la sua fragilità e piccolezza, riesce a dare al personaggio, alla storia, uno slancio inaudito.
Una credibilità.
I personaggi di Carver sono memorabili per via della loro onestà. Si trovano in essi, tratti che ritroviamo in noi, o in persone che conosciamo. Non c’è nulla di eccessivo. Davanti ai nostri occhi scorrono queste vite spogliate di ogni eroismo, del tutto genuine. Però non ci viene mai fornito tutto, ma solo l’essenza.
In un racconto (“La casa di Chef” inizia a pagina 31 per terminare a 35), la cura per l’essenza, per i cardini deve essere maniacale. Tutto deve svolgersi al meglio, il meccanismo deve funzionare alla perfezione; forse qualche cigolio è inevitabile. Però quando c’è la volontà di scrivere al meglio, il cigolio è solo un suono che rapisce per un secondo l’attenzione. E dopo si torna a leggere.
Sono contenta anch’io, ho detto. Sono contenta che tu abbia trovato questa casa.
I’m glad too, I said. I’m glad you found this house, I said.
Edna non poteva certo restare muta. Se Wes è uscito dal bozzolo di rabbia in cui la notizia dello sfratto lo ha infilato, è merito suo.
Dopo questa frase, ci sarà dell’altro, e lo vedremo nelle prossime settimane. Per adesso possiamo arrestarci qui, e assaporare la freschezza e la veridicità di questi personaggi.
Come leggere un racconto -Lezione Quattordici