Magazine

Come potrà l’acciaieria Arvedi chiudere in attivo il bilancio 2014?

Creato il 28 ottobre 2014 da Cremonademocratica @paolozignani

I brevetti sono stati ceduti ai cinesi, che quindi potranno produrre acciaio a prezzo più basso, visto il minor costo del lavoro. Arvedi rischia quindi di dover competere con chi usa proprio i suoi brevetti e quindi di dover vendere a prezzi ancora più bassi. Come farà?

Se il bilancio 2014 dovesse chiudersi in passivo a causa dello stop forzato degli impianti sarebbe un danno rilevante per l’acciaieria Arvedi, come spiegato in un precedente post (cliccare qui). Infatti l’attivo dell’anno scorso è di soli 2,3 milioni, comprese le rilevanti entrate che l’acciaieria deve ai certificati bianchi, titoli energetici grazie ai quali la stessa azienda siderurgica ha ricavato circa duecento milioni negli anni quattro anni. Sono titoli concessi dallo Stato a quelle aziende che dimostrano efficienza energetica: l’Arvedi ha consumato una quantità notevole di energia acquistandola direttamente dalla rete di trasmissione, senza passare per la distribuzione come le utenze domestiche. E ha rivenduto energia al gestore nazionale GSE a prezzo gonfiato, come consentito da una delibera dell’Authority di settore del 2011, la stessa delibera che ha favorito il business della caccia ai contributi pubblici da parte di tante altre aziende. E’ il regalo fatto dallo Stato alle aziende italiane, grazie a una legge del 2004 proposta dal governo Berlusconi: allora Confindustria non finiva mai di lamentarsi della bolletta energetica. Tante lamentele, poche idee.

Senza certificati bianchi, o meglio con una riduzione dei medesimi, il bilancio di Arvedi viene indebolito: una voce delle entrate si riduce, sempre se lo stop forzato degli impianti, obbligatorio dopo gli incendi del 10 e del 24 ottobre, durerà per mesi.

Arvedi ha realizzato il raddoppio dell’acciaieria grazie a prestiti bancari, che sta restituendo a rate puntualmente, sotto lo sguardo attento delle banche che esigono ovviamente la certezza che il denaro venga reso. Per questo l’acciaieria è stata osservata dal pool di istituti di credito che ne hanno sostenuto il raddoppio e hanno riscontrato la funzionalità dell’azienda. Ma adesso? Se il bilancio di Finarvedi, che controlla Acciaieria Arvedi spa, chiuderà ogni anno in attivo, la restituzione del prestito costerà meno. Se per un anno ci sarà passivo, spunterà qualche problema. Una crisi complicherà le cose Almeno questa è una probabilità che si desume dal metodo sinora applicato e spiegato dal bilancio 2013.

Considerando che i dipendenti sono 1.500 la questione è serissima.

C’è il pericolo che Arvedi perda qualche cliente, in un periodo di fermo forzato e prolungato. Non se lo augura nessuno, ma l’acciaieria cremonese ha venduto molto all’estero, tradizionalmente. Restano ancora diversi coils in magazzino: venduti quelli, che cosa venderà Arvedi?

I clienti avranno bisogno di acciaio: non potranno però acquistarlo da Arvedi nel periodo di fermo. Acquisteranno altrove, dato che si tratta spesso di clienti esteri. Arvedi dovrà battere la concorrenza imprevista che si rafforzerà ora.

Vista la crisi del settore, in Federacciai non mancherà solidarietà, come probabilmente fra industrie italiane. Il cliente straniero invece potrebbe non tornare.

Va considerato anche il calo della domanda, visto che né lo Stato né tantomeno le industrie italiane hanno fatto molto per superare la crisi. Arvedi ha investito molto, ora lo si vede preoccupato in una foto scattata durante le operazioni dei vigili del fuoco durante l’ultimo incendio. Preoccupazione motivata.

Si parlava tempo fa di piano di risanamento acustico, oltre che di investimenti per la Ferriera di Servola e anche per l’Ilva di Taranto. L’impegno di Arvedi a livello nazionale è forte e probabilmente sarà ricambiato da forme di solidarietà.

Quindi? Cassa integrazione? Quale sarà la formula perché la fabbrica torni competitiva?

Molte le incognite che peseranno sempre più fino alla ripresa dell’attività. Che è attesa dall’Arpa per il monitoraggio sul funzionamento del piano di risanamento acustico.

Si riparte da capo con problemi vecchi e nuovi. E operai spaventati. C’è paura infatti: che il lavoro che sembrava assolutamente sicuro si faccia incerto, dopo anni di lavoro tra fumi e frastuono. E’ questo che si meritano gli operai e tutti i dipendenti dell’Arvedi, come anche i residenti della zona, colpiti dall’impatto ambientale?


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :