Come reagiamo di fronte ad una catastrofe? Il terremoto in Abruzzo

Creato il 07 luglio 2014 da Mariagraziapsi

Si pensi al terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009 o al recente alluvione che ha colpito l’Est Europa. Sono entrambi catastrofi naturali che hanno raso al suolo edifici, pubblici e privati, provocando morti e feriti. Di fronte ad eventi traumatici come quelli sopra citati che arrivano all’improvviso e distruggono rapidamente, cosa permette all’uomo di “ricomporre i pezzi” prima che avvenga una totale disintegrazione emotiva?

Ciò che permette all’uomo di “ricomporre i pezzi” è la resilienza. Nel mondo della fisica dei materiali, un corpo o un sistema tendono a tornare alla loro forma originaria dopo aver subito una deformazione causata da un impatto. Da un punto di vista psicologico, invece, il termine viene utilizzato in riferimento a sistemi complessi come l’individuo, la comunità e la società, intendendo la capacità di adattarsi all’ambiente per superare le difficoltà causate da un evento traumatizzante, attraverso lo sviluppo di capacità utili.

Da un’indagine svolta dalla docente dell’Università degli Studi dell’Aquila Monica Mazza, riguardo la percezione della capacità di superamento di eventi critici di individui che hanno vissuto l’esperienza del terremoto in Abruzzo, è emersa una buona capacità di resilienza: i soggetti non hanno particolare difficoltà nel percepire e gestire le situazioni quotidiane. Inoltre, hanno mostrato soddisfazione sull’operato per la ricostruzione, nonostante la comunicazione di quanto realizzato non sia chiara e trasparente, e insoddisfazione rispetto ai servizi urbani, definiti inaccessibili (cliccare qui per un approfondimento).

Allo scopo di avviare il processo di resilienza, sono fondamentali alcuni aspetti che negli individui non sono sempre presenti: questi aspetti prendono il nome di “social cognition” e riguardano la capacità di gestire il modo in cui si rappresenta l’ambiente sociale e il grado di soddisfazione della qualità della propria vita. E’ importante, quindi, valutare la capacità di resilienza in soggetti adulti esposti ad un trauma, tenendo in considerazione la soddisfazione personale e la cognizione sociale, al fine di comprendere come intervenire a sostegno della ricostruzione psico-sociale di un individuo.

La resilienza dipende dal rapporto tra meccanismi emozionali, cognitivi e socioculturali: è quindi necessario un intervento esterno, globale e simultaneo che agisca sull’individuo, sul contesto familiare, sociale e culturale. In tale ottica, il sostegno sociale diventa l’elemento chiave per riattivare il percorso personale in una dinamica collettiva.

Si tratta di ricostruire se stessi ammettendo e accogliendo all’interno della propria storia anche vissuti dolorosi ed esperienze drammatiche, ad esempio una perdita. Partendo proprio da questi ultimi, l’obiettivo è quello di elaborare un significato e un senso rispetto al vissuto, promuovendo risposte sociali e comportamentali adeguate. Inoltre, affinchè si possa costruire una nuova vita, in continuità con quella precedente al trauma, sono necessarie esperienze che sostituiscano meccanismi di rimozione e negazione con processi di rielaborazione e di narrazione individuale e collettiva promuovendo il senso di accoglienza e di ascolto.

Cristiana De Porcellinis

Bibliografia 

Barbato R., PugliatiM., Micucci M., (2007) Psicologia dell’intervento. Manuale di intervento sulle crisi da eventi catastrofici, EdUP collana Universale. Roma.

Mazza M., I segni del terremoto: modificazioni cognitive, comportamentali e sociali in soggetti esposti al sisma del 6 aprile 2009, Università degli Studi dell’Aquila.

Putton A., Fortugno, M. (2006) Che cos’è la resilienza e come svilupparla, Carocci, Roma.