NB: storia di un marciatore poco allenato per la pace
La marcia per la pace non la senti davvero lì per lì. La senti il giorno dopo, a mente fredda, mentre riguardi con il binocolo il Paese in cui vivi, dopo esserti confrontato con 200mila persone. Ritorni sul treno, sulle storie di tutti i giorni che, invece, quel giorno – il 25 settembre 2011 – erano diventate storie finalmente collettive.
Allora quando le storie individuali diventano storie collettive? Quando si capisce di far parte di un movimento più grande di sé? Credo quando si abbia l’idea di coltivare l’Idea, in una provetta, nel grande laboratorio della Vita. La Vita con la V maiuscola perché è solo essa che sopravvivrà a tutto e a tutti. Un tutto omogeneo pullulante e sfregolante.
Essa può essere fatta rivivere in ciascuno quando sentiamo che si interrompe il normale scorrere del bene, badate con la b minuscola, non è solo un fatto di stile. Un bene che , ora più che mai, non dove più trovarsi nella nostra piccola quota di felicità, nel nostro mangiucchiarci le unghie ogni giorno. Perché accontentarsi quando si potrebbe regnare nella storia?
Perché accontentarsi che la sceneggiatura sia sempre ad opera di altri?