Harry Crews, con questo suo stagionato romanzo breve (La fiera dei serpenti, 218 pagine pubblicate quasi un decennio fa dalla prima, mai troppo compianta Meridiano Zero), ci trascina nell'angoscioso sfogo annuale di una tipica provincia meridionale a stelle e strisce, mostrandoci un'umanità decisamente inquietante e scalena, composta per lo più da perdenti, gente a cui la vita ha sottratto (o si è lasciata sottrarre) qualsiasi vero scopo lasciandosi intrappolare in una cittadina ubicata Oltreoceano ma che senza troppe difficoltà potrebbe somigliare a qualsiasi cittadina del mondo, anche quella appena oltre il giardino di casa nostra: luoghi come ce ne sono a migliaia in cui le ambizioni franate e i sogni irranciditi ricoprono ogni cosa d'una insopportabile patina di sconforto. E così nulla aiuta a smaltire la frustrazione che riempie le giornate degli indigeni: non i rapporti sociali (soprattutto quelli tra consanguinei), ingolfati dalla violenza domestica più becera, né tantomeno quelli sessuali, consumati sovente in uno squallore assai penoso; persino l'amore è destinato a provocare solo travasi di bile destinati a rimanere senza cura.
un po' ci somiglia, Harry Crews, ai suoi personaggi...
Il romanzo è un bel viaggio verso verso il basso in un crescendo che testardamente conduce il lettore verso il truculento finale, là dove il sangue imbratta l'intera vicenda senza uno straccio di catarsi. Lo stile è diretto e asciutto (ma lavorato al cesello), il linguaggio sboccato come si conviene ad un baluardo della narrativa southern contemporanea, con punte di incredibile efferatezza. Uno scandaglio nelle regioni più recondite dell’animo umano che non lascia scampo: consigliatissimo a chi non si aspetta alcuno sconto da una buona storia.La fiera dei serpentiHarry Crews - (Ed. Meridiano Zero)