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Come si comprende quando bisogna fermarsi? Quando si capisce che davvero l'individuo non vuole andare oltre?

Da Rolando

Un atto terapeutico non è un duello fra contendenti di una presunta verità, ma una ricerca di melodia, come in un orchestra. (Flavio Bianchi) 

"Una domanda: quando bisogna fermarsi? cioè quando si capisce che davvero l'individuo non vuole andare oltre?"
Questa domanda è stata posta da una lettrice su un gruppo di Facebook.
Apparentemente può sembrare una cosa scontata, ma posso assicurarti che non lo è, soprattutto tra operatori del benessere, terapeuti o aspiranti tali.
Come si comprende quando bisogna fermarsi? Quando si capisce che davvero l'individuo non vuole andare oltre?
Spesso la voglia di "aiutare l'altro, fa perdere di vista che l'atto di aiuto è incentrato sull'altro e non su noi stessi.
Ci sono momenti in cui la persona che chiede aiuto, potrebbe aver voglia di fermarsi, di non andare avanti.
Ricordiamoci sempre che ognuno è diverso da noi stessi e come tale, avendo un vissuto diverso dal nostro può avere motivazioni interiori e meccanismi di filtro emotivo, diametralmente opposti ai nostri.
Magari, noi vediamo una situazione come semplice e l'altro la vede estremamente complicata; noi la vediamo rosa, lui la vede rossa; a noi sembra galleggiare, alla persona appare immersa in acqua.
La diversità, dovrebbe guidarci nell'evitare di proiettare i nostri pensieri di operatori e le nostre aspettative.
Ma allora, torniamo alla domanda iniziale: "Quando bisogna fermarsi? cioè quando si capisce che davvero l'individuo non vuole andare oltre?" chiede Stella.
Si comprende "ascoltando" con le orecchie,  con gli occhi, con il corpo e con un livello di attenzione totale verso la persona che vorremmo aiutare. Ci sono parole che possono segnalare un livello di stress talmente elevato in quel momento che la persona non è in grado di vedere oltre..........perde la motivazione alla guarigione perché il "premio" che ci sarà dopo la tensione che sta provando, non riesce a vederlo a causa dell'alto dolore emotivo che vive in quel momento; non ha la percezione della capacità di superarlo o pensa di non avere i mezzi o reputa la guarigione una cosa impossibile. In quel momento "il terapeuta esperto" è in grado di accogliere e ascoltare le esigenze della persona........fossero anche quelle di fermarsi momentaneamente.......e attraverso delle domande mirate portarlo ad un altro livello di consapevolezza superiore ma senza insistere nel dimostrargli che le cose sono così come pensa lui. Il "dimostrare" serve solo a noi stessi e quando facciamo qualcosa per noi "nell'atto del prenderci cura" dell'altro, stiamo dimostrando che siamo più interessati a noi che a lui.
Oltre alle parole, c'è tutta la comunicazione non verbale (CNV) che parla sempre della persona. Ad una attenta lettura del corpo e della micromimica facciale puoi capire tanto.
Infine e non ultimo in termini di importanza, c'è quel "sentire" di coscienza che un operatore esperto ha più ho meno sviluppato e che induce a comprendere che è il momento di fermarsi.
Questo è frutto di allenamento dell'ascolto delle proprie sensazioni e di fiducia nei messaggi corporei che il corpo ci segnala sempre.
Possiamo essere "sordi" rispetto ad essi, ma nella meravigliosa armonia mente-corpo, quest'ultimo segnala comunica sempre qualcosa sia all'esterno che all'interno di noi stessi.


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