Ecco spiegato, finalmente, lo scollamento fra politica e tanti cittadini. Tutti quelli, almeno, che non hanno cominciato a parlare solo attraverso la TV degli ultimi 15 anni ma hanno avuto la disgrazia di studiare l’italiano a scuola e di averlo anche imparato. Secondo le ultime statistiche effettuate (appunto) nelle scuole, si tratterebbe almeno di un terzo della popolazione nazionale, ovvero 20 milioni di persone… Bé, non saremo proprio la maggioranza, ma almeno mi sento un po’ meno solo
Peccato che i due terzi della popolazione, quella che nei licei non è in grado di scivere in un italiano corretto (secondo le ultime indicazioni del ministero), parli in realtà in un’altra lingua. Quale? Nessuno ce lo ha detto, ma il sospetto è che si tratti del Padanglo. Ovvero del nuovo grammelot (grazie Dario Fo) utilizzato dai politici. A differenza del vecchio politichese della prima repubblica, che era fatto chiaramente per non far capire un accidente a nessuno (vi ricordate delle convergenze parallele? Io purtroppo sì, e ancora ne soffrono il mio senso estetico e il mio amore per la logica) il Padanglo è fatto per non far capire niente a nessuno ma almeno con l’illusione di aver parlato chiaro. E’ fatto apposta per lanciare criptici messaggi trasversali (chi ha da capì, capisce) ma con l’aria di parlare pane e salame, un po’ tecnico con termini di inglese consulenziale ma anche con una spruzzata di dialetto e ‘taca banda, mica c’è tempo da perdere, qui da noialtri!
Una lingua così, giocata sul filo di un doppio equilibrismo non può che essere estremamente complicata e incerta, finanche mutevole. Vi ricordate la devoluscion o devolùcion? Oggi si chiama federalismo, ma qualcuno per un bel po’ (per esempio Formigoni) l’ha chiamata anche sussidiarietà…
A Milano per prendere un treno bisogna chiedere della stéscion (come stéscion uégon) o della stasiùn? Urgono neologismi intermedi come stésiùn o stacion: l’importante è capiamoci.
Naturalmente una lingua del genere, svelta, flessibile, mutevole, cambia a seconda di chi la parla e di come si relaziona con lei. Insomma, il Padanglo chiarisce molti misteri.
Per esempio Bossi non vuole un ritorno al governo di Casini? E giù giornali e tv a immaginare retroscena politici complicati e contorti: e invece no. E’ solo una questione di (neo)lingua. Casini (che pure è di Bologna, per cui tecnicamente un padano anche lui) ha un nome che fa troppo vecchia Italia, che manco l’inno di Mameli. Si fosse chiamato, che ne so, Rebelott (che però è un po’ troppo milanese) o meglio ancora Burdéla probabilmente sarebbe stato più gradito.
Anche Fini (sempre di Bologna, ohibò: non ci sarà una cospirazione?) potrebbe migliorare la sua reputazione, soprattutto nell’ambito della coalizione di governo, cambiando il suo nome da quello di una vecchia marca di tortellini un po’ appannata, che non da più lustro, a una marca più giovane e dinamica, per esempio Rana…
Il povero Silvio, poi, viene spesso frainteso dai soliti “giornalisti fuori dalla realtà” che insistono a scrivere e a parlare in vecchio italiano, non avendo capito che hanno a che fare con il padre di tutti i padanglismi: non soltanto la “politica del cucù” che (secondo lui) tanto terreno ci avrebbe fatto guadagnare con la Merkel, ma fin dal nome. Quanti altri bauscia che sberlusegano avremo mai al governo? Possibile che nessuno degli asini comunisti dei media abbia mai capito che cosa vuol dire, che nessuno parli la sua lingua (se non i soliti due o tre mila fedelissimi capitanati dalla Trimurti Feltri-Belpietro-Minzolini), che nessuno traduca quando lui parla?
Insomma, è decisamente tutta una questione di lingua. O no?
Perché anche in Padanglo spiegare perché Denis Verdini andava a cene dove discuteva con magistrati competenti come influenzare la Corte Costituzionale sul lodo Alfano, tramava in affarei loschi come l’eolico in Sardegna o la scuola per marescialli della Finanza di FIrenze, è un po’ difficilotto.
Forse i mezzi linguistici non ci sono ancora. Se ne facciano una ragione Bondi , La Russa, Schifani che sostengono (in purissimo Padanglo) che il loro partito, il PDL, non è giustizialista (altro termine padanglo) ma innocentista fino a sentenza definitiva. Amenoché quello che in padanglo è il Partito delle LIbertà in vecchio italiano non suoni come Partito dei Ladri…