Io e gatto abbiamo cominciato a fare tira e molla poco dopo le sei di mattina.
Lui pensava che fosse proprio l’ora perfetta per alzarsi e correre insieme per tutta casa come matti, io ritenevo invece che fosse scandalosamente presto per pensare sia pur lontanamente di abbandonare letto e piumone, figuriamoci correre per tutta cosa appresso a lui.
Fuori nebbie e piogge, alla faccia della primavera.
Dopo numerosi scambi d’opinione ho vinto io al grido di “Se non la pianti ti butto dalla finestra!”.
E così abbiamo poltrito fino all’arrivo del sole. Cioè metà mattinata. Che poi, a dire il vero, erano giusto due raggetti striminziti.
Visto il giorno di festa impegni in agenda pari a zero e questo mi ha provocato un piccolo moto di compiacimento. Ah si, una bella giornata pigra a far niente !
Fino all’ora di pranzo tutto bene.
Poi dopopranzo già mi sembrava un po’ troppo lenta, questa giornata pigra a far niente.
Alle tre ho cominciato a sentirmi decisamente annoiata e prima delle quattro già non ne potevo più.
Per questo è arrivato il temporale: per impedirmi di uscire, per punirmi di quel peccaminoso moto di compiacimento, ode alla pigrizia.
Così mi sono ribellata facendo dolcetti, una ribellione eroica ed astrusa visto che sono a dieta e non posso mangiare, tanto meno dolcetti.
Però a farli non si accumulano calorie superflue e a regalarli si guadagnano amici, che torna sempre utile.
Per fare questi tortini non ci vuole certo una laurea in economia domestica, tanto meno una master in gastronomia e neanche un corso breve del Gambero Rosso.
La frolla con lo strutto potrebbe farla persino un sordo-muto-cieco paralitico privo di intelletto.
Ne ho già parlato nel post sui bocconotti: è rapida, semplice, amabile e perfetta per chi è stanco dei sapori “burrosi” (io).
Inoltre questa volta ho anche diminuito la quantità di strutto per guadagnare calorie (anche se poi i tortini non li posso mangiare lo stesso, sich).
Per sei mini pie vi occorreranno:
200g di farina
100g di zucchero
80g di strutto
Un uovo intero grande
Scorza di limone grattugiato.
Impastate, stendete e foderate gli stampi. Farcite e ricoprite con un altro disco di pasta che bucherellerete con uno stuzzicadenti. E via in forno a 180° per una mezz’ora.
Ma fin qui che ci voleva un post?
Pensavo invece a qualche nota sulla marmellata.
Quella che ho appena usato è di fichi e, ovviamente vista la stagione, non è appena fatta ma è dell’estate scorsa. Tutti sanno fare la marmellata. O meglio quasi tutti l’hanno vista fare, la fanno.
La marmellata di casa propria è buonissima anche quando non è proprio perfetta, la marmellata fatta con le proprie mani è perfetta anche quando non è davvero buonissima, la marmellata casalinga è un TABÙ!
Si fa e non si rinnega mai, la si accetta come un figlio come sia, sia. E spesso è così, così…..o peggio. Ma ogni scarafone………………..
Ah, quante marmellate stracotte, scure, dal colore smorto e spesso inquietante, dure che non si spalmano manco con la cazzuola, caramellate che fanno venire i brividi!
“E’ venuta così, ma è buona, eh, buonaamammà!”
E com’è che “è venuta” così?
Avete notato che si dice sempre “è venuta”? NON: “l’ho fatta così” (un po’ a cazzo), non si dice “l’ho fatta senza sapere quel che facevo” e nemmeno “ho fatto una vera schifezza” noooooooo : E’ VENUTA.
E com’è che “ è venuta” così, dunque?
La frutta. La nonna comprava quella sfatta, ipermatura, sull’orlo dello sfinimento. Questo non è il segreto della nonna per la marmellata. Il segreto delle nostre nonne è che risparmiavano comprando frutta a poche lire o utilizzavano quella avanzata in casa, quella da buttare. Dovrebbe almeno venirci un sospetto: cominciare qualcosa di nuovo utilizzando roba da buttare? Beh, certo, riciclo, risparmio, “nun se butta via gnente” ecc…..però in questo caso (lo so, sarete dispiaciuti) ma in questo caso cotanta virtù non ripagherà. Mia nonna, in tempo di guerra, se c’era qualche vermetto nel riso o nei legumi cucinava pure quello. Le nonne…… : )
Poi dunque: si butta in pentola frutta e zucchero, acqua se il caso e via cuocere, cuocere…ma quanto cuocere? “Più è meglio è!” Se questa non fosse la risposta che i più si danno come si otterrebbero quelle marmellate dure e scure, amarognole e a prova di scalpello? Beh, un metodo alternativo o da utilizzare in contemporanea potrebbe essere il fuoco vivace. Sì, cuocere a fuoco molto alto e vivace, far si che la melma ribolla e stantuffi, sbuffi e gorgogli. Se borbotta è normale, direte voi, è frutta vecchia ed i vecchi si sa, hanno sempre un po’ da ridire e i giovani invece….ah, Santa Pazienza!
Quindi, su, lasciamo gorgogliare e con un po’ di fortuna gli schizzi di zucchero sulle pareti della pentola faranno caramellare tutto.
Com’è che la marmellata fatta in casa c’ha quel colore lì?
Com’è che le fragole, rosse all’origine, acquistano quel colore torbido e grigiastro?
Com’è che pesche e fichi perdono il loro giallo-oro-ocra per acquistare un giallognolo- verdastro cacca-di-piccione-che-ha digerito-male?
Com’è che le arance sono diventate marroni? Le belle arance arancioni?
Eh, beh, direte, la marmellata di casa è così.
Si?
Mica deve essere bella da vedere.
No???
Certo in casa uno sta così: tuta e pants sformati, t-shirt ipercandeggiate e con qualche buchino, capelli arruffati, ciabatte sbilenche. Ma uno che in casa sta così non riceve, non si presenta in pubblico, non si OFFRE.
Invece la marmellata di piccione la offrite o ve la mangiate solo voi?
In realtà fare un buona marmellata pur essendo semplice non è affatto banale. E di certo non è una cosa da fare con la trasandatezza che pur si è tramandata per generazioni. So che per tanti è buona così, molte volte è buona davvero ciononostante si può migliorare. E renderla davvero speciale.
Regole per cominciare
a) Frutta fresca e matura al punto giusto. Un paio di frutti toccati non creano danno ma per ottenere qualcosa di buono bisogna utilizzare materie prime buone. Ovvio, no?
b) Lo zucchero è un conservante naturale. Se vi piace la marmellata “dietetica” con poco zucchero dovete sapere che non si conserverà a lungo. D’altro canto non eccedete inutilmente, benché molte ricette parlino di una parte di zucchero ed una di frutta questo è veramente troppo, di norma. La quantità di zucchero può variare da metà a due terzi rispetto al peso della frutta (lavata, pulita e denocciolata).
c) Non è una cottura lunga che elimina i microorganismi e rende sicuro il prodotto bensì la temperatura. Lo zucchero a 110° gradi elimina batteri e microrganismi pericolosi per la perfetta conservazione. La cottura della marmellata non deve avvenire a temperature inferiori ai 105° ma non deve superare i 110° (salvo utilizzo di macchinari specifici a bassa e lunga cottura). La marmellata NON deve bollire MAI ed il fuoco deve essere molto basso.
d) La frutta delicata come le fragole cuoce in pochissimo minuti, dieci sono più che sufficienti. Per la maggior parte della frutta occorrono dai trenta ai quaranta minuti, raramente occorre un’ora, in caso di ricette particolari. Ma basta pensarci un poco per capire che la frutta cuoce velocemente no? Quindi perché stracuocere?
e) Utilizzate pentole capienti in acciaio,dal fondo spesso. Tenete a portata di mano un pennello di silicone immerso in un bicchiere d’acqua con il quale mantenere pulite le pareti della pentola.
f) Schiumate la marmellata di quando in quando (se necessario) togliendo la schiuma bianca che affiora in superficie. Si tratta di impurità della frutta e (ahimè) dello zucchero…..che non è più quello di una volta, sich!
Dunque non è una lunga cottura che garantisce sicurezza alimentare ma una cottura ben fatta. Non superate mai un’ora. Lo zucchero conserva ma non ne serve una quantità industriale e NON è vero che la marmellata, sia pur casalinga, non può essere bella. DEVE essere bella!
Come si fa?
Noterete che una cottura breve, alla giusta temperatura, vi aiuterà molto a mantenere un colore gradevole e soprattutto non distruggerà i sapori e gli aromi della frutta.
Ma per ottenere facilmente un risultato eccellente provate questo metodo:
con il quantitativo di zucchero e pochissima acqua (o la quantità di acqua prevista dalla ricetta, se ne occorre) fate uno sciroppo. Questo dovrebbe raggiungere la temperatura di 100° ma se non avete un termometro controllate che lo zucchero sia completamente sciolto, che il liquido si stia facendo denso e vischioso ma che il colorito sia perfettamente trasparente. A questo punto unite la frutta lavata e tagliata e mescolate con delicatezza. Fate attenzione a non sporcare le pareti della pentola e tenetele pulite con il pennello. Portate a termine la cottura mescolando delicatamente di tanto in tanto e versate nei vasetti. E vedrete che le vostre fragole sono rimaste rosse, brillanti e profumate, le susine sembrano ambra così come i fichi e che i sapori sono più intensi mentre la densità della marmellata è perfetta: non dura e non liquida.
Questo procedimento non vale per gli agrumi che richiedono un trattamento del tutto particolare così come esistono procedimenti molto più complessi e laboriosi per ottenere della marmellate veramente sorprendenti. Ma intanto meglio cominciare dall’inizio. E poi magari giocare un po’ con aromi e spezie: un tocco di vaniglia nei fichi, mandorle nelle albicocche, rosmarino, timo o un tocco di Rum, di Calvados, di Porto.
Per quanto riguarda luoghi comuni e dicerie:
- sono pronta a giurare che non è necessario utilizzate la pectina o altri addensanti il cui solo pensiero mi fa rabbrividire. Scolate i liquidi in eccesso, utilizzate quantità di zucchero opportune, aiutatevi con limone e mele o succo di mela e a costo di qualche esperimento otterrete la più grande soddisfazione. Ricordate anche che la marmellata calda sembra più liquida di come sarà una volta freddata;
- leggo spesso: “capovolgere i vasetti per sterilizzare i coperchi”. Maddai! Un buon modo per far appiccicare i coperchi o rischiare muffe. Piuttosto ricordate di versare sempre la marmellata nei barattoli quando è ancora bollente e utilizzate di preferenza coperchi vergini e confezionati in ambiente sterile;
- se aprendo un barattolo trovate qualche traccia di muffa sappiate che non è affatto nociva e che può essere rimossa. Potete stare certi che la muffa si sia formata solo in superficie e che….la marmellata NON sviluppa il botulino (siiii, mi è toccato sentire anche questa, tse!).
Per la mia marmellata di fichi le dosi sono:
1kg. di fichi bianchi
500g di zucchero
15cl di acqua
Il succo di un limone
½ cucchino di vaniglia (facoltativo)
1 tappo di rum (facoltativo)
Mettere in una pentola di acciaio dal fondo spesso lo zucchero con l’acqua. Non far bollire e tenere pulite le pareti della pentola con un pennello umido. Quando lo zucchero è completamente sciolto e lo sciroppo si è fatto denso ma è ancora trasparente aggiungere la vaniglia ed il limone e quindi i fichi puliti ed affettati con tutta la buccia ma privi del picciolo. Cuocere per circa quaranta minuti sorvegliando che la marmellata non bolla mai e che le pareti della pentola siano sempre pulite dagli schizzi di zucchero. Se si vuole aggiungere il rum unire il liquore cinque minuti prima di spegnere il fuoco. Versare la marmellata calda nei barattoli, sigillare e far freddare i barattoli avvolti in un canovaccio.
Ed ecco una marmellata fluida e gradevole al palato, dal colore brillante e ambrato e senza NESSUN accenno di caramello!!!
Intanto qui, sui monti e le valli ha continuato a piovere per tutto il dì di festa. Il fiume gonfio non ha visto le solite acrobazie delle rondini (depresse anche loro per pioggia?), il gatto ha saltellato annoiato un po’ qua e un po’ là prima di arrendersi sul divano nella nota posizione “sembro o no un cuscino tondo in pelliccia?” ed io ho fatto più o meno lo stesso ma senza assomigliare ad un cuscino di pelliccia perché mi depilo regolarmente. Ora, per fortuna, questo giorno di festa, pigro e lento è quasi finito.