Sono pagine in cui va davvero lontano nella sua ricerca per l’originale. E’ proprio come una aragosta a piede libero. I temi che tocca sembrano addirittura troppo numerosi, sembrano dei riff di un grande chitarrista, delle digressioni spesso scoraggianti, ma che vale la pena leggere.
Può scrivere (sempre un po’ di traverso) di Dostoevskij e spiegare perché il maestro russo è importante nella cultura americana di oggi, ma anche dell’industria del porno, di autobiografie sportive e delle stravaganze nell’uso della lingua inglese. In modo luminoso, provocatorio, ma spesso anche frustrante.
Esplorando in modo brillante la soggettività del dolore e della sofferenza
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