Alla domanda: “Ma tu ci sei nato così?” (leggi: incosciente, incapace di vedere i problemi, uno su cui le cose scivolano come sabbia fra le dita) ti rispondono: “no ci ho lavorato!”
Apperò!
C’è chi lavora una vita su se stesso per capirsi, per accettare il lato oscuro, per smussare i difetti, per non compiere e ricompiere sempre gli stessi misfatti, per trovare un modus vivendi accettabile, per venire a patti con tutto quello che lo disgusta di sé.
C’è chi si macera per ore chiedendosi che immagine avranno gli atri di lui e se l’immagine corrisponde al vero, ricordando tutti gli errori commessi, le parole che non avrebbe dovuto dire, le ferite inferte e ricevute, le umiliazioni persino dell’asilo.
C’è chi si chiede che conseguenza avranno le sue azioni, se e quanto potranno danneggiare lui o gli altri.
E poi c’è chi cammina all’indietro, come i gamberi, per diventare “convinto”, sicuro, presuntuoso, arrogante.