Derek Cianfrance ci aveva in qualche modo conquistati nel 2010, con il suo Blue Valentine, un film drammatico che vede anche lì, protagonista, il biondino dallo sguardo triste, Ryan Gosling. Oggi parliamo di Come un tuono (The Place Beyond the Pines) e come coerenza vuole, il regista torna a parlare di problemi legati alle relazioni familiari, padri complicati e case che si innalzano a sedi di inevitabili "stage" che garantiscono una vita sballata, perennemente in bilico. Mi ha particolarmente colpita un articolo apparso su Panorama.it, nel quale l'autrice espone cinque buoni motivi per vedere il film. Per carità, non andiamo a stuzzicare critiche e pareri altrove, però vorrei riprendere questi stessi punti per dirvi, al contrario, tutto ciò che a mio modestissimo avviso, proprio non funziona, in questo ultimo lavoro firmato Cianfrance.
Luke Glanton è "Luke il bello", la star dell'attrazione più attesa ogni sera. Una gabbia e tre motociclette intrappolate, a toccare e disegnare linee con quelle ruote, che nemmeno immaginiamo. Cianfrance commette il suo primo sbaglio, proprio nel momento in cui ci presenta Luke. La sua entrata in scena di spalle, il giubbotto e il corpo tatuato, per poi finire su uno sguardo perso nel vuoto della folla gasata e in preda all'euforia del rombo dei motori, che mandano a mille l'adrenalina. Ebbene, l'eco del Driver smarrito nell'anonimato, raccontato da Refn è forte, si fa sentire ma grida giustizia. Sono quelle scelte che a fatica comprendiamo, perché un regista dovrebbe evitare di servire personaggi già visti. A distanza ravvicinata poi, e per di più l'attore è lo stesso...Queste mie primissime impressioni già scombinano i due punti dell'articolo di cui vi accennavo sopra, infatti sono più che convinta che Cianfrance sia un autore in gamba, dotato di una forte sensibilità e sa muovere la macchina da presa con efficacia, tanto da aggiungere ai suoi film, quella forza realistica da documentario. Però non perdono il fatto di aver visto il remake di Driver. Viene irrimediabilmente soffocato il potenziale di un interprete che può dare molto e, per ovvie ragioni, non lo fa, non ci riesce. Non mi bastano le lacrime di un uomo che vede il proprio figlio a distanza e non mi basta nemmeno l'aver pianto (io, spettatrice) nei due o tre unici momenti in cui quel figlio, si ritrova nelle braccia del padre. Anche perché il tutto si frantuma nel momento in cui tu, regista (padre dell'opera), molli le redini e te ne vai (perché è questa la sensazione che si ha) terminata quella che potremmo definire la prima parte del film.
La cosa assurda è che la parte affidata a Gosling rimane comunque la migliore, la meno peggio. Nella seconda poi subentra Avery Cross/Bradley Cooper, il poliziotto per bene (???) la cui vita andrà a sbattere con quella di Luke, di quel bambino e della sua famiglia. Onde evitare spoiler e togliervi pure quel minimo di buona speranza che, uno spettatore, si riserva sempre e comunque prima di entrare in sala, ammetto che vorrei dire tante di quelle cose su Cooper...ma farò un respiro profondo: Excelsior! Excelsior Vale! Ce la puoi fare...va bene, una sola domanda: ma non lo si può rimettere in terapia??? No, Cooper non ce la fa ragazzi, è questa la realtà. Il lato positivo secondo me è stato uno straordinario abbaglio, per noi e per egli stesso...credetemi!!!Eva Mendes è quanto di più fuori ruolo possa esistere al cinema, la madre che deve saper gestire una situazione complicata, mi dispiace, non è per lei ed è tanto evidente da sembrare irreale, fai fatica a vedere.Poi c'è Ben Mendelsohn che veste i panni dell'amico più matto che uno sballato già di suo possa trovare, e anche questo personaggio mi è stato letteralmente bruciato. Il film, nelle sue tre parti, compie un arco temporale di quindici anni, e questo tizio, come per magia, nonostante il tempo e gli evidenti problemi di alcolismo, mi ringiovanisce ed è perfino meno scemo di prima...bah.
Un dramma confezionato male, malissimo, che a tratti arranca per farsi thriller/poliziesco, invano. L'unico tassello azzeccato è quello di Ray Liotta, lui è nato per fare il poliziotto corrotto, ormai è un dato appurato.Tutto il film annega nell'assenza di una sceneggiatura solida, di un montaggio che va fuori dai binari e diventa pesante, soffocante. I personaggi sono condannati agli archetipi, visti e stravisti. L'epilogo poi consegna in definitiva tutto ciò che non avremmo voluto scartare. Un dramma da dimenticare, un grido asfissiante che non arriva perché non è mai partito. I ragazzi che si calano perché non comprendono le scelte dei genitori, la corruzione e il coraggio che non abbiamo di esorcizzare le nostre paure. Tutto questo avrebbe potuto funzionare, si.
Ma ciò che rimane è solamente il rombo di una moto che sfreccia incondizionata, senza avere meta. Come un tuono, che alla fine si schianta...