Una buona parte dei getti sfoggiati dalla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko furiescono da veri e propri pozzi attivi che si sono formati a seguito di crolli localizzati della superficie, chiaro segno di una composizione interna caotica e diversificata.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, si basa sulle immagini della fotocamera OSIRIS ( Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System).
Large heterogeneities in comet 67P as revealed by active pits from sinkhole collapse [abstract]Pits have been observed on many cometary nuclei mapped by spacecraft. It has been argued that cometary pits are a signature of endogenic activity, rather than impact craters such as those on planetary and asteroid surfaces. Impact experiments and models cannot reproduce the shapes of most of the observed cometary pits, and the predicted collision rates imply that few of the pits are related to impacts. Alternative mechanisms like explosive activity have been suggested, but the driving process remains unknown. Here we report that pits on comet 67P/Churyumov-Gerasimenko are active, and probably created by a sinkhole process, possibly accompanied by outbursts. We argue that after formation, pits expand slowly in diameter, owing to sublimation-driven retreat of the walls. Therefore, pits characterize how eroded the surface is: a fresh cometary surface will have a ragged structure with many pits, while an evolved surface will look smoother. The size and spatial distribution of pits imply that large heterogeneities exist in the physical, structural or compositional properties of the first few hundred metres below the current nucleus surface.
Ormai Rosetta sta osservando la cometa da oltre un anno. Quando la sonda si è avvicinata a soli 10/30 chilometri dal centro della cometa tra settembre ed ottobre 2014, le foto ad alta risoluzione di OSIRIS hanno mostrato che, almeno una buona parte dei getti, proveniva da punti specifici della superficie. Un dettaglio che non era mai stato osservato prima.
Jean-Baptiste Vincent del Max Planck Institute for Solar System Research, ed il suo team, ha individuato 18 fosse quasi circolari nell'emisfero nord del nucleo, alcune delle quali sono fonte di attività continua. Questi pozzi hanno un diametro che va da poche decine a centinaia di metri ed arrivano fino a 210 metri di profondità.
"Vediamo getti arrivare dalle fratture presenti sulle pareti interne dei buchi", ha detto Jean-Baptiste nel report pubblicato sul blog di missione. "Ciò significa che ci sono materiali volatili intrappolati sotto la superficie che possono essere riscaldati più facilmente e fuggire nello spazio".
Gli scienziati ritengono che questi pozzi si formano quando il soffitto delle cavità diventa troppo sottile per sostenere il suo stesso peso, crollando. Così l'interno fratturato della cometa rimane esposto e il materiale inizia a sublimare, continuando ad erodere la fossa.
"Anche se pensiamo che il crollo che produce la buca sia improvviso, la fossa potrebbe crescere per lunghi periodi", ha aggiunto il co-autore della ricerca, Sebastien Besse, del'ESTEC dell'ESA in Olanda.
Un' ipotesi è che i pozzi siano sempre esistiti, da quando la cometa si è formata, generati da collisioni a bassa velocità con blocchi elementari grandi decine o centinaia di metri. Il crollo del tetto sopra ai vuoti sarebbe avvenuto, invece, nel corso del tempo per indebolimento della superficie, per sublimazione o per scosse sismiche dovute ad altri impatti. Un'altra possibilità è legata alla sublimazione di sacche di sostanze volatili ghiacciate, come l'anidride carbonica o il monossido di carbonio, riscaldate dal calore del Sole penetrato attraverso il sottile strato di polvere superficiale. In alternativa, la sublimazione potrebbe essere guidata dall'energia liberata dal ghiaccio d'acqua quando cambia il suo stato fisico da amorfo a cristallino.
Dato che i pozzi non sono stati osservati ovunque, le ultime due teorie suggeriscono che la distribuzione del ghiaccio all'interno della cometa dovrebbe essere irregolare.
Possibile processo di formazione dei pozzi sulla cometa 67P.
Da sinistra a destra, il calore provoca la sublimazione dei ghiacci e la formazione di una cavità; quando il soffitto diventa troppo debole per sostenere il peso, crolla; i materiali appena esposti iniziano a sublimare.
Copyright ESA/Rosetta/J-B Vincent et al (2015)
Ma "indipendentemente dei processi che creano le cavità, queste caratteristiche stanno mostrando che ci sono grandi differenze strutturali e / o di composizione entro le prime poche centinaia di metri di superficie della cometa e grazie a questi pozzi, stiamo osservando materiali relativamente grezzi che altrimenti non sarebbero visibili", ha aggiunto Sebastien.
Ogni fossa, poi, sembra un caso a sé e mostra diverse caratteristiche interne.
" Pensiamo di poter utilizzare i pozzi per caratterizzare l'età relativa della superficie della cometa: più pozzi ci sono in una regione e più la superficie è giovane", ha spiegato Jean-Baptiste, mentre un certo numero passaggi vicino al Sole renderebbero il nucleo liscio ed omogeneo.
"Questo è confermato osservando l'emisfero meridionale, dove non ci sono fosse, che riceve molta più luce dell'emisfero settentrionale e perciò è maggiormente trasformato".
Le buche attive sono più ripide e scoscese, mentre quelle meno profonde, che ora non emettono alcun getto e si stanno riempiendo di polveri, dovrebbero indicare regioni attive in passato.
Tuttavia, "pensiamo che la maggior parte dei pozzi attivi risale a diverse orbite fa intorno al Sole, altrimenti avremmo visto una serie di esplosioni al momento del crollo", ha osservato Sebastien.
Una testimonianza del processo, però, potrebbe essere lo sfogo ripreso da Rosetta ad aprile 2014, che si pensa abbia generato dai 1.000 ai 100.000 chilogrammi di materiale.
"Siamo molto interessati di scoprire come questi pozzi attivi si evolveranno e forse potremo anche osservare la formazione di una nuova fossa" ha aggiunto Matt Taylor, scienziato della missione.
"E con la proroga della missione fino settembre 2016, saremo in grado di svelare come funzionano le comete nel miglior modo possibile".
Ora Rosetta sta cercando di ottimizzare le sue orbite intorno alla cometa per stabile un collegamento affidabile con Phlae che si è risvegliato a sorpresa il 14 giugno tra l'entusiasmo generale di scienziati e fan.
In apertura, una nostra elaborazione artistica dell'immagine della rubrica #CometWath del 15 giugno 2015. L'originale è disponibile sul nostro album di Flckr.