di Matteo Zola
Argomento delicato quello delle foibe. In questa Giornata del Ricordo riproponiamo l’intervista fatta allo storico del colonialismo italiano, Angelo Del Boca, autore, tra l’altro, di “Italiani brava gente” in cui, con estremo rigore storiografico, si illustrano le reponsabilità storiche (gravissime) degli italiani e di come, fin dalla sua nascita, l’Italia si fondi sulla pulizia etnica (l’esercito piemontese condusse, dopo il 1861, operazioni militari nei confronti delle popolazioni meridionali che oggi verrebbero perseguite al Tribunale penale internazionale come crimini contro l’umanità. Poi vennero, sotto al tricolore, l’invasione di Libia, l’Etiopia, la Seconda guerra mondiale).
Il dramma delle foibe, che ha visto centinaia di vittime italiane (senza dimenticare l’esodo degli italiani d’Istria e Dalmazia), si inserisce bene in questo contesto che riassumiano senza pretesa di esaustività ma sul quale invitiamo a riflettere andando oltre gli obsoleti steccati nazionali. Fino al XIX° secolo, infatti, le popolazioni romanze e slave della Venezia Gulia, dell’Istria e della Dalmazia avevano convissuto. Come scrive Kristijan Knez su La Voce del Popolo, quotidiano istrano di lingua italiana: “è privo di significato parlare di sloveni, croati e italiani lungo l’Adriatico orientale almeno sino al XIX secolo. Poiché il termine nazionalità è improponibile per un lungo periodo, è più corretto parlare di aree culturali e linguistiche, perciò possiamo parlare di dalmati romanzi, dalmati slavi, di istriani romanzi e slavi».
Con l’avvento dei nazionalismi, il crollo del multietnico impero austroungarico, la Prima guerra mondiale, si affermò il concetto esclusivo di etnicità. La fine della Prima guerra mondiale portò a uno scontro diplomatico fortissimo tra il regno d’Italia e il neonato regno degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi (SHS) per la definizione dei confini con conseguenti tensioni sociali ed espisodi di violenza tra le due parti.
Ma è con l’avvento del fascismo in Italia che la situazione si aggrava: dapprima si procedette all’assimilazione forzata delle genti slave che vivevano, come cittadini italiani, entro i confini dello Stato; poi con la conquista della Dalmazia si perpetrarono eccidi e crimini di guerra nei confronti dei civili slavi. Migliaia di persone furono internate, anche donne e bambini, senza aver compiuto alcun reato.
Con la sconfitta del nazifascismo e la creazione del regime titino la reazione delle genti slave si tradusse in vendette personali, eliminazione delle genti italiane facilmente imputabili di aver sostenuto il fascismo. I partigiani jugoslavi, però, non risparmiarono i loro omologhi italiani e anche molti comunisti slavi e oppositori di Tito finirono nelle foibe.
Ecco che davvero, a sessant’anni di distanza, occorre riflettere sulla strumentalizzazione nazionalista delle foibe, sia italiana che jugoslava, e sulla trasversalità di quell’evento storico, pur senza dimenticare il colpevole silenzio della sinistra italiana. Su quel silenzio si è costruita la Giornata del Ricordo, come spiega proprio Del Boca, facendo di un delicato evento storico uno strumento politico di consenso da parte dei partiti della destra italiana. L’evento storico viene così ridotto ad attualissima diatriba politica, un’attualizzazine che appiattisce lo sguardo sulle responsabilità storiche di entrambe le parti.