Commenti su Come un marziano sulla terra di Patrizia M.

Da Luciamarchitto

“Hanno un’altra cultura, per loro lasciare un figlio anche di tre – quattro anni non è così difficile come lo è per noi,  il figlio è di tutta la famiglia non solo il loro, perciò quando partono sono tranquille. Le hai mai guardate? Sono tranquille! Prova a guardarle e capirai che è così!”
(Si riferisce alle madri dell’est che vengono in Italia a fare le badanti)
“Non credo proprio che sia così, al di là di ogni cultura c’è sempre sofferenza nel lasciare i propri figli, soprattutto quando sono così piccoli.” Rispondo in fretta e con foga, cerco anche di trovare le giuste parole per articolare ed esprimere al meglio il mio dissenso, ma poi la guardo: cammina col passo sicuro di chi nella vita ha solo certezze, di chi mai ha dovuto porsi il problema di stare o andare via dai propri figli, dalla propria famiglia, dal proprio paese. Di chi ha sempre avuto una casa  dignitosa e nessun problema nel riempire piatti, credenze e armadi. Ed è guardandola mentre cammina nel suo passo deciso che smetto di controbattere alle sue affermazioni. Improvvisamente mi sento stanca, sfiduciata, amareggiata, e tanto più il suo passo è deciso tanto più il mio diventa pesante, come le parole che se anche sono tutte lì ammonticchiate nella testa restano solo pensiero, tanto a che serve? Niente riuscirebbe a scalfire la sicurezza delle sue affermazioni. L’impossibilità del dialogo mi rende muta. Ma dentro  il pensiero urla.
“Come fai ad essere così sicura delle tue parole, hai, per caso, tagliato il cuore di una madre (immigrata) per spiarci dentro? Ma cosa ne sai tu, che cosa ne sappiamo noi del dolore di una madre, da dove e come trovi la sua forza, il coraggio per andare avanti? Che ne sai tu che parli così bene, così sicura di te stessa, così certa nelle tue certezze, che ne sai, che ne sappiamo noi della lacerazione, dello strappo che la partenza ha causato? Ma io penso, credo, ne sono sicura, anche se non ho le prove, che una madre è una madre al di là di ogni cultura. E la sofferenza è la sofferenza al di là di come uno la manifesta: c’è chi si strappa le vesti e chi si veste con l’abito impenetrabile del dolore. Ma sotto la pelle siamo tutti esseri umani, tutti avvolti/travolti dalle stesse gioie, dagli stessi dolori, dalla stessa stanchezza, dalla stessa solitudine.
E poi qualcuno nasce in un posto piuttosto che in un altro, qualcuno nasce con la pelle chiara, altri con gli occhi a mandorla, altri ancora con la pelle nera. Tu sei stata fortunata: hai la pelle chiara, gli occhi azzurri, un fisico perfetto, un lavoro che ami, una bella famiglia, sei nata in Italia e non in un paese dell’Est, non in Afghanistan, non in Africa … tu non devi separarti dai tuoi figli, non ne hai la necessità, tu hai solo certezze.”
Mi sento molto sola, oggi, ma forse anche ieri.
Mi sento così sola in questi ultimi tempi perché non riesco più a capire questi uomini e queste donne, i loro discorsi, la loro lingua, il loro modo di agire, quasi fossi diventata un marziano.
Sono un marziano caduto per caso sul pianeta terra e non so come fare per tornare a casa, per sentire un poco di calore, un poco di marzialità, di comunanza.
Un poco d’amore.


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