Questo preambolo mi pare doveroso dopo aver sentito il TG3 regionale che anticipava, l’altro ieri, i risultati dei vincitori dei tre bicchieri del Gambero rosso in Alto Adige (26). Non è un guaio in assoluto, se paragonato alle notizie che filtrano dalle cancellerie di certi tribunali, ma sufficiente per drizzare le orecchie in attesa di sentire quanti, invece, sono o saranno i gamberi per il Trentino. Invece niente, silenzio. Un promo-scoop per i nostri cugini che, senza troppi apparati istituzionali hanno già occupato, come si dice, l’area della comunicazione sul tema specifico.
Il modo più semplice per ridimensionare la notizia e ridurne gli effetti è non riprenderla. Anche questo sarebbe politicamente corretto, ma equivarrebbe a nascondere la testa sotto la sabbia perché fra qualche settimana al massimo sapremo tutto. E allora tanto vale parlarne subito, rischiando di essere smentiti dai fatti, così, tanto per anticipare ciò che comunque è nell’aria non da oggi, ma da anni ormai. Oltre all’unico riconoscimento certo sino a questo momento, perché segnalato giusto oggi dall’azienda (qui), Letrari Riserva Brut, e a mitici San Leonardo e Giulio Ferrari che farebbero notizia mancando il colpo, c’è da attendersi un pugno di bicchieri dai soliti Vignaioli che tenacemente perseguono la via della Qualità percepita, ma nulla che faccia sistema e che riconduca ad una politica di territorio. Come dire che sul terreno giace un cadavere, quello del Trentino, con qualche splendido virgulto. Ma non cambia il panorama.
Il gap fra Trento e Bolzano dei premi del Gambero è arcinoto, come note sono le motivazioni e le ricorrenti reazioni. Sarà così anche stavolta, perché non può che essere così. Una storia che va avanti da almeno 10 anni e che negli ultimi 5 si è acuita in coincidenza della crisi generale che ha evidenziato i limiti contingenti del modello trentino. Ci si è difesi, talvolta sprezzantemente, sostenendo che qui la redditività diffusa assicurata dal sistema cooperativo faceva comunque agio su quella altoatesina, per cui non era il caso di cambiare.
Peccato che ogni discorso, ogni dichiarazione, ogni convegno mirassero comunque alla politica della qualità, spingendo i viticoltori a produrre sempre di meno e meglio. Quest’anno, con la natura che ci ha messo del suo, con la crisi che pare non abbia ancora toccato il fondo ed in assenza di un serio e risolutivo piano di rilancio, a pagare saranno i viticoltori cui non resterà nemmeno la consolazione dell’inversione di tendenza con i riconoscimenti del Gambero. Che continuerà per la sua strada, cioè andando indietro.