Oggi la commissione ha adottato due proposte: una sulla fornitura di contenuti digitali (come la musica in streaming) e una sulla vendita di beni online (come l'acquisto di abbigliamento online). Obiettivo: superare la frammentazione giuridica nel settore del diritto contrattuale dei consumatori, che genera alti costi per le imprese e scarsa fiducia dei consumatori quando acquistano online da un altro paese. Il miglioramento dell'accesso, per i consumatori e le imprese, ai beni e servizi online in tutta Europa è uno dei pilastri del mercato unico digitale. Il commercio elettronico, indica la Commissione, è in crescita, ma il suo pieno potenziale rimane inutilizzato: solo il 12% dei venditori al dettaglio vende online a consumatori di altri paesi Ue, mentre sono tre volte più numerosi (il 37%) quelli che operano nel proprio paese. Solo il 15% dei consumatori acquista online da un altro Stato membro, mentre quelli che fanno acquisti online nel proprio paese sono tre volte tanti (44%). Secondo le stime comunitarie, almeno 122 mila imprese potrebbero iniziare a vendere a consumatori di altri Stati membri, e il numero totale dei consumatori che acquistano online da altri paesi Ue potrebbe arrivare fino a 70 milioni. In teoria i consumi dovrebbero aumentare di 18 miliardi di euro grazie al calo dei prezzi al consumo e il pil Ue dovrebbe crescere di 4 miliardi.
Per la tutela dei consumatori si prevede l'inversione dell'onere della prova. Oggi se scopre che un prodotto acquistato online più di 6 mesi fa è difettoso e ne chiede la riparazione o la sostituzione, il consumatore può essere tenuto a dimostrare che il difetto esisteva al momento della consegna. In base alle nuove norme, durante l'intero periodo di garanzia di due anni i consumatori non dovrebbero più dimostrare che il difetto esisteva al momento della consegna. Se si scarica un gioco che risulta non funzionare, oggi si può ottenere come risarcimento solo uno sconto per scaricare altri giochi. In futuro potrebbe essere chiesto di risolvere il problema e, se ciò non è possibile o non avviene correttamente, si potrebbe ottenere una riduzione del prezzo o si potrebbe risolvere il contratto ed essere rimborsati integralmente. Per le imprese si prevede un risparmio considerevole dal momento che oggi nella Ue devono sostenere un ulteriore costo una tantum pari a 9 mila euro per adeguarsi al diritto contrattuale nazionale di ogni nuovo Stato membro in cui desiderano vendere. Con le nuove norme valide in tutta l'Ue, un'impresa potrebbe risparmiare fino a 243 mila euro se desidera operare in tutti gli altri 27 paesi.