Una sera come tante viene chiamato da degli amici per andare a prendere una pizza al takeaway.
Non scende neanche dalla macchina e non può sapere quello che in realtà sta succedendo.
I suoi amici sono andati lì per compiere una specie di spedizione punitiva ( sulla quale è stato tenuto all'oscuro, a loro serviva solo una macchina e JohnJo ce l'aveva) e nella rissa che ne era seguita un suo conoscente, il rozzo Kieran Gillespie aveva pugnalato a morte Tommy, un ragazzo che in realtà non c'entrava nulla con il loro tentativo di vendetta.
Si trovava semplicemente nel luogo sbagliato nel momento sbagliato.
JohnJo ritorna a casa venendo a conoscenza di tutto ma non va dalla polizia per le minacce ricevute.
Ma non ce la fa a tacere e parla con un detective: in men che non si dica si ritrova a processo e , nonostante l'ottimo lavoro del suo avvocato che dimostra che lui non c'entrava nulla con l'omicidio, viene accusato secondo la legge del Joint Enterprise, vecchia di almeno tre secoli e che era stata promulgata per scoraggiare i duelli tra i nobili e qualsiasi rigurgito di giustizia fai-da-te.
In pratica anche la sola presenza sulla scena del delitto , pur senza nessun ruolo attivo , era sufficiente per essere colpevoli del crimine ascritto al diretto responsabile.
JohnJo si dovrà dichiarare colpevole di un crimine non commesso per non rischiare di passare tutta la vita dietro le sbarre.
Scritto da Jimmy McGovern ( sceneggiatore e creatore di molte serie tv inglesi , per il cinema tra gli altri ha scritto la sceneggiatura di Liam di Stephen Frears) e diretto da David Blair, esperto regista attivo soprattutto in televisione, Common è un film per la tv prodotto dalla BBC e trasmesso da BBC one nel luglio di quest'anno.
Ogni volta che guardo un prodotto televisivo inglese rimango letteralmente basito.
Hanno un modo di fare televisione totalmente diverso da come la fanno gli americani ( più inclini alla spettacolarizzazione per motivi di cassetta) ma anche differente da come si fa qui da noi in cui sembra che pure le fiction risentono della mancanza della voglia di rischiare da parte di produttori e masterminds televisivi.
Anche se ne abbiamo i mezzi e le potenzialità la nostra è una fiction for dummies perché sembra scritta e prodotta per un pubblico di minus habentes che non abbia capacità di elaborare trame un po' più complesse della solita storia lui-ama-lei-ma-lei-è-sposata-e-il-cornutone-del-marito-s'incazza.
Se al cinema impera la commedia, nei nostri palinsesti televisivi regna incontrastata la fiction che parla solo di storie d'ammmmore coi crampi.
Che tristezza!
Poi ti siedi e ti vedi un film come Common, una produzione che non avrebbe sfigurato nel curriculum di un Loach o di un Leigh.
Leggi che semplificano il lavoro ai poliziotti e ai giudici senza scrupoli calpestando i più elementari diritti umani , rovinando giovani incolpevoli e famiglie che , impotenti, assistono a questo massacro.
Common è la storia della sconfitta del diritto e della giustizia simboleggiata dall'odissea di JohnJo e della sua famiglia, la cui unica colpa è stata quella di aver paura di fare la stessa fine di Tommy.
Ed è un prodotto in cui forma e sostanza si amalgamano alla perfezione, bello da vedere ( perché fotografato da Dio e con un regia che più cinematografica non si può nonostante l'abbondanza di interni, di dialoghi e di primi piani) con dei dialoghi assolutamente calzanti che non fanno avvertire per nulla lo scollamento che spesso c'è tra quello che si dice sceneggiature e come si parla veramente nella realtà e recitato alla grandissima da un cast per me di illustri sconosciuti se si eccettuano Michelle Farley ( già vista ne Il trono di spade), il grande vecchio Michael Gambon nel ruolo del giudice e l'esperto Robert Pugh in quello del detective.
Common ti tiene incollato allo schermo dal primo all'ultimo minuto, facendoti quasi toccare con mano il dolore che lo attraversa.
Quello della madre di Tommy ma anche quello di JohnJo e della sua famiglia tirati dentro una storiaccia senza averne la minima responsabilità.
In Common non c'è spazio sufficiente per il pentimento di coloro che hanno fatto del male e neanche per un lieto fine che regali ossigeno a una materia narrativa incandescente.
Perché la possibilità di accettare di essere colpevoli di un reato minore , non commesso, è una sconfitta per chi quella pena la deve comunque scontare ma anche per chi quella pena l'ha assegnata per una legge vecchia di trecento anni.
Trecento anni e fa danni ancora oggi.....
PERCHE' SI : confezione di altissimo livello, recitato benissimo, sceneggiatura perfetta con dei dialoghi assolutamente verosimili e spontanei
PERCHE' NO : qualche personaggio secondario è un po' tralasciato ma sono quisquilie....
( VOTO : 8 / 10 )