In questo frattempo però, voglio lasciarvi qualcosa di marziano da fare, in maniera che non smettiate di pensare almeno un po' al vostro alieno preferito(?). Nella fattispecie si tratta calde, anzi caldissime, segnalazioni di lettura. Vi arriveranno ogni tanto, programmate in maniera automatica, quindi sappiate che non potrò rispondervi in tempo reale, ma lo farò di certo quando sarà di nuovo possibile. Naturalmente siete liberi di coglierle oppure no. Se però vi capiterà di leggere qualcuno dei libri proposti, o se per caso invece l'avete già fatto, vi invito a condividere i vostri commenti, impressioni, recensioni, critiche, pensieri o altro, a riguardo. Dunque, buona congiunzione a tutti e cominciamo con il primo.
Molto forte, incredibilmente vicino, di Jonathan Safran Foer (Guanda)
La trama è semplice è lineare. Oskar, 9 anni, perde il papà nell'attentato alle Torri Gemelle e tutto quello che gli resta di lui è la registrazione di un messaggio sulla segreteria telefonica del cellulare, lasciato pochi minuti prima del crollo delle Torri, e una misteriosa busta col nome "Black" e dentro un'enigmatica chiave. Il ragazzino inizia così un'odissea per la città di New York alla ricerca del legittimo proprietario della chiave per restituirgliela, un percorso che è anche un cammino di crescita, di conoscenza, di confronto col dolore e di accettazione della perdita. Quello che non è semplice e lineare, bensì sorprende per acutezza e verve stilistica, è il modo con cui Foer dà corpo e anima al piccolo Oskar, con una vivacissima prima persona, che fa emergere dalle righe una personalità sorprendente e geniale, triste ed esilarante, intensa e commovente, sempre e comunque originale come davvero raramente capita di leggere in giro.
Tanto per capirsi, ecco l'incipit:
È un bollitore per il tè? Con il beccuccio che, all'uscita del vapore, si apre e si chiude come una bocca e sibila belle melodie, o recita Shakespeare, o semplicemente si scompiscia dal ridere con me?
Potrei inventare un bollitore che legge con la voce di papà, così riuscirei ad addormentarmi, o magari un intero servizio di bollitori che cantano il ritornello di Yellow Submarine, una canzone dei Beatles, che mi piacciono perché l'entomologia è una delle mie raison d'être, un'espressione francese che conosco. Sarebbe bello anche allenare il mio ano a parlare mentre tiro scoregge. A voler essere proprio spiritoso al massimo, potrei insegnarli a dire: «Non sono stato io!» ogni volta che ne gancio una di quelle incredibilmente toste. E se mai ne sganciassi una di quelle incredibilmente toste nella Sala degli specchi di Versailles, che è vicino a Parigi, che è in Francia, naturalmente il mio ano direbbe «Ce n'était pas moi!»
E dei piccoli microfoni? Tipo che tutti ne inghiottiamo uno, e loro diffondono i suoni del nostro cuore grazie a piccoli altoparlanti che potremmo tenere nella tasca della salopette? Di sera, andando in strada con lo skateboard, potremmo sentire i battiti di tutti gli altri e gli altri potrebbero sentire il nostro, come una specie di sonar. La domanda che mi faccio è se i cuori di tutti comincerebbero a battere contemporaneamente, come alle donne che vivono insieme vengono contemporaneamente le mestruazioni, che sono una cosa che conosco, anche se non ci tengo molto a conoscerle. Sarebbe davvero assurdo, a parte che il posto dell'ospedale dove nascono i bambini farebbe tin-tin come un lampadario di cristallo in una casa galleggiante, perché i bambini non avrebbero ancora avuto il tempo di sincronizzare i battiti. E al traguardo della Maratona di New York sembrerebbe di stare in una guerra. E poi: tante volte succede che uno ha bisogno di scappare via subito, ma gli uomini non hanno le ali, o comunque non ancora.
Quindi: inventare una camicia di becchime?
Molto forte, incredibilmente vicino, di Jonathan Safran Foer (Guanda)