Le sue origini risalgono al VI secolo d.C. e cioè al periodo in cui il buddhismo attraverso la Cina e la Corea penetra nell'arcipelago nipponico introducendo l'usanza delle offerte floreali votive.
In origine l'arte dei fiori era praticata solamente dai nobili e dai monaci buddhisti, che rappresentavano le classi elevate del Giappone, e solo molto più tardi si diffuse in tutti i ceti diventando popolare con il nome di Ikebana. Il primo stile, piuttosto elaborato, fu il Rikka che comprendeva la presenza nella composizione di ben sette elementi: i tre rami principali e i quattro secondari.
In seguito venne elaborato uno stile più semplice, il Nageire. A questo seguì il Seika, una specie di Rikka semplificato, meno austero del Nageire.
In epoca moderna ogni scuola adottò un proprio stile personale e si cominciarono ad usare anche vasi bassi dal bordo poco elevato, elementi vari come sassi, rami secchi ed altri materiali naturali.
Tutti gli elementi utilizzati nella costruzione dell'ikebana devono essere strettamente di natura organica, siano essi rami, foglie, erbe, o fiori.
Nelle composizioni dell'Ikebana rami e fiori sono disposti secondo un sistema ternario, quasi sempre a formare un triangolo.
Il ramo più lungo, più importante, è considerato qualche cosa che si avvicina al cielo, il ramo più corto rappresenta la terra e il ramo intermedio l'uomo.
Così come queste tre forze si devono armonizzare per formare l'universo, anche i fiori e i rami si devono equilibrare nello spazio senza alcuno sforzo apparente.
Nelle composizioni occidentali l'attenzione è sulla quantità dei fiori completamente sbocciati e la combinazione dei colori.
Capire l’ikebana significa infatti capire soprattutto in cosa essa si differenzia rispetto alle composizioni occidentali. Queste ultime mirano più alla quantità che alla disposizione dando importanza ai colori e alle forme delle corolle, tendono ad eliminare rami e parti superflue e proprio perché particolarmente ricche, ma disposte in vasi con poca acqua, sono destinate ad appassire rapidamente. Inoltre ci si rivolge di solito verso una disposizione simmetrica, con vasi scelti in base alle dimensioni dei gambi da contenere, per cui, nonostante la ricchezza della composizione, si finisce per perdere l’essenza di ogni singolo fiore.
Le scuole:
- Ikenobo : caratterizzata da una rigida applicazione di geometrie formali ;
- Hararyu : la prima a introdurre in Giappone l’ uso dei fiori Europei (Moribana ) ;
- Sogetsuryu : introduce l’ uso di materiali moderni e concetti presi dalla scultura intensificando la rottura con la tradizione Rikka ;
- Koryu : scuola che esaspera la perfezione nell’ arte del bonsai Seika ;
- Mishoryu : una scuola che adotta una posizione intermedia tra la Ikenobo e la Sogetsuryu , cercando sia di salvaguardare la tradizione ma anche di introdurre concetti moderni ;
- Ryusseiha : una scuola che sintetizza tutte le altre , utilizzando indistintamente i loro stili .
Il fondamento che unisce tutte queste scuole di ikebana è la manifestazione in una composizione floreale del concetto di forma geometrica perfetta , ossia il triangolo .
Il concetto del triangolo come forma perfetta giunge nell’ ikebana come evoluzione nella speculazione estetica di concetti metafisici presenti sia nello Zen che nelle altre religioni importate dall’ Asia . Affascinati da intuizioni come lo Yang e lo Yin , e dalle loro corrispondenze nei fenomeni naturali ( giorno e notte , uomo e donna , ecc. ) , gli artisti orientali elaborarono una rappresentazione di questa dualità nell’ unità di tutte le cose , attraverso il ben noto simbolo dello YinYang che nell’ ikebana si tradusse nella nota figura del quadrato iscritto nel cerchio . Immaginando una linea retta che tagli in due il quadrato , si ottengono appunto due triangoli : lo Yinnegativo e lo Yang positivo , o anche due copie speculari di uno stesso triangolo piano . Questo triangolo verrà profondamente percepito dagli artisti floreali dell’ ikebana come il simbolo per eccellenza della perfetta completezza .
Nel triangolo cosmico vengono ad ascriversi i due attori dell’ ikebana , la pianta Yin ( natura ) in continua dialettica con il cielo Yang ( eternità ) , determinando un movimento che trasforma la figura geometrica piana in figura dinamica : è un perenne inseguirsi di staticità e dinamicità in un movimento continuamente in divenire ma iscritto nel limite dell’ immutabile , delimitato da confini invalicabili .
Non si assiste più a una creatività ma a una copia della copia , a causa della costante preoccupazione degli artisti di rispettare le innumerevoli regole implacabilmente codificate .
La continua ricerca di variazioni sullo stesso tema conduce però a un’ altra grande conquista del pensiero estetico dell’ ikebana : la valorizzazione degli spazi vuoti , che esaltano il movimento delle linee intensificandone la definizione scultorea e conferendo loro un senso poetico .
Gli spazi vuoti diventano il vero completamento fisico dell’ opera ( basti pensare a un prodotto derivato da questo concept , ossia ilgiardino Zen ) , donandole una unità che trascende l’ immediato e riportandola al concetto religioso del tutto cosmologico .
Le varie composizioni floreali diventano infatti non più creazioni dettate dall’ intuizione e dalla sensibilità dell’ artista ma sembrano essere diventate un esercizio fine a sè stesso per dimostrare di essere in grado di saper stare dentro ai codici dettati dai primi maestri.
Il rinnovamento causato dalla dinamicità dei nuovi concetti si svolge perciò strettamente dentro i confini della tradizione , non portando alla creazione di un linguaggio che apra strade nuove , ma parlando sempre la stessa lingua delle origini , divenendo quindi quasi un rinnovamento che ha come unico scopo la preservazione di ciò che è tradizionale .
Alle nostre orecchie può suonare contraddittorio , ma dobbiamo ricordarci che l’ ikebana è inserita nella temperie culturale che vede il paradosso come l’ unico mezzo per giungere alla verità suprema ( ilkoan dello Zen , unica via per l’ illuminazione o Satori ) .
Ecco perchè , personalmente , subisco intensamente il fascino dell’ ikebana e amo le composizioni dei maestri di questa arte , ma nelle mie intenzioni c’è l’ impegno di riuscire a trasmettere l’ idea di una composizione che al di là del linguaggio usato , valga per sè stessa determinata dal filtro della sensibilità di chi la crea e non per l’ abilità di mantenersi all’ interno di parametri predefiniti .
(c) 2010 Cerini Guido