Ieri (23 maggio), nella sede del Comitato elettorale della destra, è stata ritrovata una lettera anonima e minatoria, pare accompagnata da un proiettile, che intimava di “lasciare la città” (rif).
Fenomeni di violenza e intolleranza che, in periodi di assoluta calma, non si manifestano mai. Cagliari è abitualmente città abbastanza tranquilla, senza particolari episodi di conflitto politico, al di là della vis polemica circoscritta alle parole, mai sconfinata nell’odio o in azioni violente.
Ciò non toglie che l’idiozia possa abbondare su qualsiasi versante o addirittura non avere collocazione e matrice politica. In questo caso, com’è evidente, la mamma dei cretini è sempre incinta e, questi ultimi, non sanno neppure chi sia il padre.
Saltano fuori bufale e ipotesi inverosimili su un’eventuale ingovernabilità qualora dovesse prevalere il candidato del centrosinistra Massimo Zedda.
Non si capisce bene su quali basi, nel momento in cui è noto che in caso di vittoria scatta il premio di maggioranza (60%) (rif. sentenza n. 03022/2010 del Consiglio di Stato).
Circolano illazioni su false parentele tra il candidato Massimo Zedda e l’ex governatore Renato Soru. E – anche qui – non si capisce bene quali terribili riflessi e implicazioni potrebbero derivare.
E’ come se sostenessimo, con altrettanta forza e sottintesa malevolenza, che il candidato della destra, siccome è fratello di persona che ha estrema vicinanza con l’immobiliarista Zuncheddu, potrebbe essere, direttamente o indirettamente, condizionato e al centro di colossali conflitti di interessi.
E il fatto che faccia parte, sempre il fratello del candidato della destra, del Consiglio di Amministrazione dell’Unione Sarda, la cui portata editoriale si estende alle emittenti televisive Videolina e TCS, all’emittente radiofonica Radiolina e alla comproprietà del Foglio, rappresenti una aggravante.
D’altra parte non è una novità l’evidente sostegno di questo gruppo editoriale alla destra isolana e nazionale come parte politica di riferimento.
Circolano accuse reciproche di padrinaggi, condizionamenti (del mattone e del massone). Echeggiano i riflessi della politica nazionale. Insomma il peggio del peggio, lontano dai problemi concreti riguardanti l’amministrazione comunale.
In realtà devono pesare e valere ben altre argomentazioni. Nessun pregiudizio e nessun processo alle intenzioni. La valutazione deve essere fatta a priori sulla base del programma presentato e, in seguito o in itinere, sulla sua realizzazione e sull’efficienza di chi sarà chiamato ad amministrare la città di Cagliari.
La mia preferenza va al candidato Sindaco Massimo Zedda, su cui orienterò il mio voto.
Per due ragioni: la prima, ovviamente, si basa sul programma elettorale che ho esaminato, che mi sembra più circostanziato, meno generico e che mi dà l’ìdea di una città capace d’essere realmente inclusiva. Espressione di una futura amministrazione comunale chiamata ad affrontare e governare i problemi della città, senza agitare spauracchi e nell’interesse collettivo. Capace di governare in nome della dovuta trasparenza e dell’obbligo di render conto ai cittadini del proprio mandato.
La seconda motivazione si fonda sulla necessità di colmare quel gap generazionale che contrassegna, condanna e limita da troppo tempo la politica, sia isolana che nazionale. Il mio giudizio personale, pertanto, è quello di chi sostiene l‘alternanza e il cambio (anche sotto il profilo anagrafico): il che si traduce nella scelta di un candidato che non deve farsi interprete di nessuna eredità di vecchie e immutabili gerontocrazie.
Insomma e infine: la faccia buona che oggi propone la destra, laddove addita la controparte come portatrice di un estremismo che non esiste, non mi convince e mi dà l’impressione d’essere retaggio d’una politica che vuol ridurre tutto ad una guerra tra bande o che sembra chiamata a tutelare particolari priorità o rappresentare interessi di parte.
E mi convince ancor meno nel momento in cui adotta il solito lessico, ormai insensato e abusato, che prospetta catastrofi in caso di sconfitta elettorale.
E allora se la sfida è tra l’interesse troppo spesso privato e di parte e quello che, invece, deve riguardare tutti e riportare un nuovo civismo anche nella città di Cagliari, la mia scelta si spinge verso questa seconda opzione.
Immagino una Cagliari dei diritti (e certo dei doveri) riconosciuti a tutti: una città nella quale la garanzia e l’estensione dei “diritti di cittadinanza”, sia parte fondamentale di una realtà urbana inclusiva.
Ecco perché il mio personalissimo favore va verso chi prospetta una visione più tollerante del vivere civile e ha il coraggio di immaginare che l’estensione dei diritti non significa in alcun modo ledere quelli pre-esistenti o privilegiarne qualcuno o pochi a scapito di altri.
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