Canicola è una associazione culturale con sede a Bologna. Un progetto editoriale che dal 2005 fa ricerca in ambito grafico e narrativo attraverso il fumetto e il disegno contemporaneo.
Canicola è a cura di Edo Chieregato e Liliana Cupido. La redazione è inoltre formata da Andrea Bruno, Anna Deflorian, Vincenzo Filosa, Giacomo Monti e Michelangelo Setola. Il gruppo fondatore comprende Davide Catania, Giacomo Nanni, Alessandro Tota, Amanda Vähämäki. Collaborano con Canicola: Jonathan Clancy, Rossella Di Campli.
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Chihoi Lee
Canicola ha inaugurato i suoi rapporti con la Cina portando in Italia, a Bilbolbul nel 2008, Chihoi e Hok Tak Yeung. Come è nato il rapporto con i fumettisti cinesi e il progetto di Canicola Cina?
Nel 2005 siamo stati a Fumetto, il festival di Lucerna, il più oltranzista nell’ambito della ricerca. Il gruppo Canicola aveva un anno e la rivista era appena nata. Amanda Vähämaki riceveva il primo premio dedicato ai giovani artisti e di lì a poco avremmo pubblicato Campo di Babà, il suo e nostro primo libro, tradotto poi in Francia, Svezia, Finlandia e Stati Uniti. Al festival siamo venuti in contatto con la scena finlandese, presente con una mostra stimolante nel sottotetto di un ex-carcere, dove siamo rimasti conquistati dalle tavole collage su lucido di Marko Turunen. Abbiamo conosciuto la redazione della rivista Orang, gli autori tedeschi e il simpaticissimo Chihoi Lee.
Chihoi, nonostante la giovane età, aveva già pubblicato in Europa nel monumentale Comix 2000, e a Hong Kong era considerato tra gli autori più significativi. Fondatore con Hok Tak Yeung del gruppo Springrolllll, rivista di fumetti che in quegli anni era un piccolo fenomeno di costume, Chihoi è giornalista e cultore del fumetto occidentale. Si può dire che, come Ozu per il cinema o Taniguchi per il manga, Chihoi sia il più occidentale dei fumettisti cinesi.
Quella gita a Lucerna è stata seminale per Canicola e ha messo le basi per un’apertura a una rete internazionale con le scene che ancora oggi crediamo tra le più interessanti del fumetto contemporaneo: quella finlandese, quella tedesca e quella cinese.
Il rapporto con Chihoi è continuato negli anni, ci siamo incontrati diverse altre a volte. Nel 2006 ha realizzato per Canicola 4 (poi premiato ad Angoulême) la storia Mare, dove il suo incontro con l’opera di Amanda Vähämaki e Michelangelo Setola è evidentissimo. L’anno successivo abbiamo pubblicato il libro Il treno, una storia delicata sul desiderio di completezza e l’ineluttabilità della vita. Una storia ispirata al racconto visionario di Hung Hung, scrittore culto di Hong Kong di cui abbiamo tradotto il testo in fondo al fumetto.
Da allora abbiamo seguito la scena cinese a distanza, scambiandoci materiali con gli autori e chiedendo nuove collaborazioni a Chihoi, Hok Tak Yeung e Yan Cong.
Siamo molto orgogliosi del volume Il sogno dell’elefante di Yan Cong, esponente della rivista pechinese Special Comic, perché è la prima edizione mondiale, un libro per frammenti che abbiamo proposto all’autore riunendo brevi storie fotocopiate e spezzoni narrativi usciti sul suo blog.
Ora la prestigiosa Star Gallery di Pechino ne ha realizzato un’edizione di grande formato che unisce anche la storia a colori per bambini per Canicola 10 e un volumetto di fotografie dell’autore con il suo gatto, che gioca anche tra le copie della nostra rivista…
Insomma, il progetto Canicola era nel cassetto da un bel po’ e la collaborazione con il Far East di Udine è stata l’opportunità per sistematizzare i materiali in un volume e realizzare una mostra inedita per concezione.
Yan Cong
Perché la Cina? Cosa vede Canicola nel mondo del fumetto cinese e perché pensa che sia interessante, ora e in Italia, guardare alla Cina?
Alla Cina siamo arrivati tramite le opere di alcuni autori, non c’è una particolare fascinazione nostra per quel paese e quella cultura. Ma l’idea di occuparsi di Cina oggi, quando la Cina è dappertutto, attraverso l’indagine di giovani disegnatori, che fino a qualche anno fa perlomeno a Pechino erano semiclandestini, non tanto per questioni politiche ma di pura visibilità, ci fa molto piacere.
Nella Cina comunista, se si esclude il fumetto della tradizione propagandistica e pedagogica, il fumetto imperante è quello giapponese. Gli autori che abbiamo pubblicato noi preservano un’identità che è implicitamente anti-manga; in questo senso il nostro interesse è per la forte volontà nel difendere uno stile, uno sguardo, una ricerca, aldilà del mercato. Le opere di questi autori sono spesso pubblicate su fanzine oppure solamente sul web.
Le tendenze dei giovani autori cinesi, una sperimentazione che ruota attorno al racconto breve, alle schegge narrative, alle contaminazioni tra disegno e poesia, tra forza dell’immagine, visione e valore simbolico della rappresentazione, sono significative di come ci sia consapevolezza di quanto accade nel mondo e di come le nuove generazioni, nonostante l’imperante richiesta del mercato di graphic novel, abbiano la necessità di confrontarsi con il linguaggio prima di tutto. Una ricerca che nella forma esprime individualità e complessivamente identità.
Anusman – immagine non pubblicata su rivista
Ann Xiao
Offrite storie dagli stili molto diversi, dal disegno caricaturale di Hok Tak Yeung al nitore grafico di Ann Xiao ad approcci più pittorici o schizzati. Questa varietà è caratteristica del fumetto cinese in questo momento o vi siete divertiti a rappresentare degli estremi? Avete dovuto fare una scelta, per esigenze di spazio, tralasciando storie o autori, di cui vi siete pentiti?
Questo numero di Canicola è il primo in cui la produzione è cosa marginale. Mi spiego. Nei dieci numeri precedenti il novanta per cento del materiale pubblicato era stato realizzato appositamente per noi, con tutta la complessità e il piacere che questo comporta. In questo caso, il materiale che avevamo raccolto negli anni, e che è stato la base per una ricerca più sistematica, era per noi sufficiente per tracciare dei confini che potessero essere rappresentativi del contemporaneo e potessero essere in linea con il nostro progetto editoriale e le cose che ci piacciono.
Chihoi, l’autore più maturo dell’antologia assieme a Hok Tak Yeung, ha realizzato una storia inedita, la più tradizionale che abbia mai realizzato e l’unica vera anomalia del numero. Chihoi conosce, studia e riflette da tempo sul fumetto occidentale, e in Biblioteca si confronta con la tradizione francobelga, con Black e Mortimer e anche con David B, tra realtà, mistero ed esoterismo. L’altra “stranezza” del numero, e per una produzione come la nostra, sono gli esilaranti sketch su Hitler di Hok Tak Yeung. Hok Tak è un autore straordinario e molto eterogeneo, con il suo Qu’elle e’tait bleue ma vallèe (Actes sud, 2006) – un libro di dieci anni fa! – ha influenzato notevolmente la ricerca grafica di certo fumetto anche mainstream, e in vent’anni ha pubblicato opere molto diverse tra loro per tono e tecniche. Ne L’arte della tortura è evidente la maturità di un autore che sa fondere ironia, qualità del disegno, leggerezza e profondità.
La selezione che abbiamo fatto è avvenuta lentamente: tre o quattro autori sono stati esclusi man mano che ci avvicinavamo alla definizione del numero, perché non ci sembravano realmente necessari alla definizione di un confine che voleva essere non solo della Cina, ma anche di Canicola.
La difficoltà maggiore è stata la scelta della storia di Jin Ningning tra due opere molto diverse da loro, ci siamo consultati più volte in redazione e con gli autori vicini a noi, alla fine abbiamo optato per Il ragazzo dello specchio, perché ci sembrava più strutturata nella drammaturgia emotiva del progetto grafico, mentre l’altra storia ci convinceva per la forza visiva ma meno per compiutezza.
Tavola della storia scartata di Jin Ningning
Immagino che questa sia stata l’antologia più complessa da costruire per distanze geografiche, linguistiche e forse anche culturali. È vero? E come si è svolto il vostro lavoro di raccolta delle storie (intendo proprio a livello operativo)?
Accanto al lavoro di monitoraggio e raccolta di materiali avviato da tempo, è stato importante il confronto con Chihoi e Yan Cong. La lingua non è mai stato un grosso problema anche se quando abbiamo conosciuto Yan Cong a Udine abbiamo scoperto che il suo inglese, che conoscevamo dalle email, non era solo “storto”… ma proveniva da un mini traduttore tascabile…
Aneddoti a parte, nonostante per questo numero avessimo messo da parte l’aspetto produttivo (tranne Chihoi e i disegnoni di apertura e chiusura realizzati da Yan Cong), il lavoro di definizione attraverso adattamento, grafica, montaggio e impaginazione ha richiesto diversi accorgimenti. Per fare alcuni esempi: Mermaid di Son Ni, con cui apriamo il numero, nasce in formato A5 su carta trasparente con piccoli oggetti tridimensionali incollati all’interno e stampata in pochi esemplari. Ci siamo chiesti se fare delle fotografie per riprendere il colore rosa delle bamboline o il riflesso dei piccoli specchi, ma poi abbiamo optato per i semplici file di stampa, perché era evidente che il nostro contenitore e il posizionamento era un altro.
I ventidue disegni di Anusman, che sono opere inedite, sono stati selezionati da quasi un centinaio che ci ha mandato. È stata una selezione difficile e lunga, legata alla drammaturgia evocativa, e finta, creata con il montaggio su pagina e doppia pagina, che abbiamo provato prima al vivo, optando poi per una separazione con il bianco.
O ancora, di Tang Yan abbiamo selezionato frammenti di storie giocando tutto sull’ingrandimento di disegni e vignette; mentre il lavoro più impegnativo sulle sue tavole a fumetti autoconclusive è stato l’adattamento del testo con lettura occidentale su balloon e didascalie verticali (in queste tavole abbiamo dovuto sacrificare anche dei piccoli simboletti nell’alto della tavola che caratterizzavano ogni “haiku grafico” ma ci avrebbero obbligati a un’impaginazione troppo compressa, che avrebbe impedito l’inserimento del testo).
Il font di Wen Ling è stato riprodotto manualmente da Michelangelo Setola, e nel caso delle sue storie, che abbiamo scelto per il suo sguardo acuto nel denunciare la società, la traduttrice accortissima Giovanna Puppin, studiosa tra l’altro di mass media cinesi, ha ritenuto opportuno inserire delle note che chiarissero aspetti della cultura altrimenti indecifrabili.
Tang Yan – immagine originale con frontespizio
Quali progetti avete per il futuro? Temi delle prossime antologie? Prossimi libri?
Canicola è un editore con forte progettualità, e sempre più cerchiamo di costruire progetti attorno alle singole uscite. Gli ultimi numeri della rivista si sono concentrati su aspetti specifici (i confini del disegno, la produzione per bambini, la Cina) e ora abbiamo almeno tre potenziali numeri su cui stiamo riflettendo, ma di cui è presto parlare. Se per la Cina abbiamo trovato in Chihoi e Yan Cong importanti interlocutori, anche per i prossimi numeri stiamo lavorando con persone competenti con cui abbiamo il piacere di confrontarci.
Per quanto riguarda i libri nell’immediato usciranno Alien di Aisha Franz, l’ottimo esordio di una giovane autrice tedesca: un racconto al femminile su tre diversi momenti di passaggio di tre donne, una madre e le due figlie. Il libro è stato un piccolo caso editoriale in Germania e sarà presentato a Lucca, mentre nel 2013 organizzeremo in collaborazione con il Goethe Institut alcune mostre e presentazioni a Bologna durante Bilbolbul e in altre città da definire.
Poi il libro di Edo Chieregato e Michelangelo Setola, Dormire nel fango, che raccoglierà materiale già pubblicato, con in più un centinaio di pagine inedite, e infine il volume di grande formato Lontano di Gabriella Giandelli, a cui è collegata una mostra presso la Galleria d’arte d406 di Modena.
In parallelo ci stiamo concentrando molto sulla produzione di italiani, sono infatti al lavoro Vincenzo Filosa, Andrea Bruno, Ratigher, Paolo Parisi e abbiamo un progetto, piuttosto folle di questi tempi, con alcuni titoli di giovani talenti come Anna Deflorian, Paolo Cattaneo, Alice Socal.
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