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Con i figli meglio carabiniere che amico. Sono all’antica? Me ne frego.

Creato il 06 agosto 2015 da Freeskipper
Con i figli meglio carabiniere che amico. Sono all’antica? Me ne frego.di Grazia Nonis. Quanto ho odiato le discoteche, da me considerate come luoghi di perdizione fatti di alcol, droga, tunnel di non ritorno. Drammatica ingiustificata giustificazione di una madre con figli in fase adolescenziale. Quel terremoto ormonale che fa vacillare l’istinto materno e paterno, ponendo troppi dubbi e poche soluzioni. Dolcezza e innocenza sostituiti da un paio di occhi che ti scrutano gelidi e indifferenti. Smarrimento, mea culpa, rabbia: “Non sono un bravo genitore; questo non è mio figlio; mio figlio mi odia.” Dio mio, forse si droga. Questa è la prima domanda che il genitore puro, quello che non tollera di essere “l’amico” dei propri figli,si pone quando è di fronte allo “sconosciuto” che ha allevato, coccolato, tenuto per mano o sulle spalle. Ragionando razionalmente, si arriva poi alla conclusione che qualsiasi discoteca, bar, scuola, strada e amici potrebbero essere il punto di partenza del “faccio ciò che mi vietano”. Aggiungiamo la fragilità, la timidezza, la voglia di appartenenza al gruppo, la scarsa stima di se stessi ed il gioco è fatto. L’amico in cui credi ciecamente è il più subdolo, l’incantatore di serpenti che ti dice: fidati, è uno sballo, non facciamo niente di male. Non se ne accorgerà nessuno. Ma è un pirletta, che a sua volta ha ricevuto lo stesso consiglio da un altro incantatore di serpenti che arrotonda la mancia settimanale di mamma e papà con la vendita di erba e pastiglie agli “amici”. La nasconde nella sella del suo motorino, la spaccia durante l’intervallo a scuola, in palestra, per strada e anche in discoteca. Ed è un attimo, un fragilissimo attimo che può cambiare la vita di chi dice “sì”. Può accadere anche a ragazzi i cui padri e madri si sono annullati per insegnar loro la vita, quella vera, quella che merita di essere vissuta. Con la loro costante presenza, il dialogo e quell’amore che solo un genitore può dare. Il fato, il caso, la troppa debolezza, la troppa insicurezza a volte puniscono dove non c’è niente da punire. Dove nemmeno una campana di vetro avrebbe potuto o potrà proteggere quei figli tanto amati. Poi ci sono altri generi di padri e madri, quelli che hanno abbandonati i ragazzi a loro stessi, al “diritto” al divertimento “perché l’ho fatto anch’io alla sua età”, al permissivismo sfrenato senza regole e senza orari. In nome di quella libertà da figli dei fiori che divide questi genitori in due gruppi: quelli che ci credono veramente e quelli che fingono di donare la libertà per potersela godere loro stessi, tranne poi dover piangere sui loro fallimenti, magari incolpando la società, che di colpe ne ha da vendere ma non per questo deve diventare la discarica della nostra coscienza. Genitori che dormono sonni tranquilli mentre i figli sono in giro e manco s’accorgono quando rientrano: se strisciano anziché camminare o si chiudono in bagno a vomitare l’anima. Anzi, magari sono fuori pure loro: week-end al mare, al tavolo di un bar, in discoteca. “Mio figlio ormai è grande, se la cava benissimo da solo” Sono all’antica? Me ne frego. Non si crescono i figli col timer, mettendosi le fette di salame sugli occhi oppure scaricando le proprie responsabilità sugli altri. Serve sacrificio, costanza, fatica, sudore, lacrime e resistenza. Non si fanno i figli per lasciarli crescere allo stato brado. Non sono cavalli. Quando rientrano a casa, sia che abbiano trascorso la serata in discoteca, al cinema, all’oratorio o al parco sotto casa, vanno aspettati. Puntate la sveglia, compratevi un gallo. Scambiatele due parole, guardate le loro pupille, il loro biascicare, l’odore che si portano addosso. Trasformatevi nei Ris di Parma, cani da caccia e da trifola. Insomma, non fatevi abbindolare. E dato che l’ormone adolescenziale non potete soffocarlo con un cuscino, strangolarlo o dargli una coltellata, dovrete aspettare pazientemente che si trasformi in un ormone adulto e consapevole. Continuo a non amare le discoteche, ma non credo esse siano il regno del male più di quanto lo siano altri luoghi frequentati dai nostri figli. Il Cocoricò è diventato il capro espiatorio del mediocre Alfano che con questa decisione sentenzia che le altre discoteche sono esenti da droga, innocenti, vergini, incontaminate. Avrà letto i proverbi cinesi nei biscotti della fortuna o il Libretto rosso di Mao Zedong: “Colpirne uno per educarne cento”?

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