Con il self-publishing, gli editori perdono ancora

Da Ayameazuma

Penguin Random House ha di recente venduto la sua divisione self-publishing Author Solutions. Al di là delle controversie legali di cui la piattaforma è stata oggetto fin da subito, con l'accusa di voler fare soldi dagli autori piuttosto che per gli autori, la decisione del gruppo nasce dall'intenzione di tornare ad occuparsi esclusivamente di libri, nel senso più tradizionale.

La cessione non è che l'ennesimo fallimento del tentativo di una casa editrice di introdursi nel bussiness del self-publishing. Dopo il fallimento di HarperCollins con Authonomy, secondo il Financial Times Penguin Random House ha perso una buona percentuale dei 116 milioni di dollari spesi per l'acquisto di Author Solutions nel 2012.

Anche in Italia, esperimenti simili non hanno avuto un esito migliore; alcuni dei servizi che le case ditrici spacciano per self-publishing, in realtà poco hanno a che vedere con l'autopubblicazione.

Concordo con Giacomo Papi, che su ilPost scrive: "Accedere ai servizi di Author Solutions costava incomparabilmente più delle normali tariffe, anche migliaia di sterline. Se qualcuno decideva di spenderle era per il prestigio della casa editrice e la speranza di entrare nella sua orbita".

E' qui che nasce il malinteso: chiaramente gli editori tentano di agganciarsi all'unica area del mercato in forte crescita, ma possono realmente guadagnare da un settore che prevede la loro completa estromissione?

Tanto per chiarire, vi riporto una tabelle in cui sono evidenziate le principali differenze tra self-publishing ed editoria tradizionale.

La vendita di servizi editoriali e/o promozionali, come quelli offerti da Author Solutions, non fanno di norma parte del modello editoriale classico, a differenza invece della ricerca, selezione e promozione di nuovi talenti.

Con tutta probabilità sarà questo l'unico vero modo in cui gli editori riusciranno a guadagnare dal self-publishing.