Per un anno circa, andando a lavoro, ogni giorno sono passato sotto un ponte ferroviario, dove la curva stretta mi obbligava a rallentare per qualche momento e quasi a fermarmi per l'ostacolo degli altri mezzi impegnati a svoltare. Su un lungo corrimano di ferro, al limite del marciapiede, e sulle sue superfici di metallo, verticali, qualche painter cittadino aveva spruzzato la frase che titola questo post, e che, campeggiando per un sei-sette metri buoni, non poteva passare inosservata.
L'analisi del testo cui sono istintivamente portato per lavoro, obbligando prima di tutto a dissezionare il messaggio per partire dalla parola, ed essendo il messaggio abbastanza ovvio e univoco, mi teneva lontano dalla bellezza del senso complessivo.
Ed infatti era quello 'svogliatevi' che mi attraeva. Per il fatto che nella lingua media standard l'unica forma davvero popolare è quella del participio passato: Svogliato che sei!!! E per il fatto che il verbo era a me sconosciuto, nella forma esortativa che qui aveva assunto. 1)
Per quello che so io, il verbo, sia nella forma transitiva che in quella riflessiva, ha un significato di costrizione o di azione cui non ci si può opporre ("la condizione in cui si trovava lo aveva reso svogliato", "la malattia lo aveva svogliato dalla lettura", "si era svogliato per le troppe difficoltà") e non esprime mai la volontà di 'liberarsi dalla voglia', 'imparare a far a meno di un desiderio'. Come a dire che, per la lingua standard e quindi per il sentimento standard, l'uomo può solo volere, come condizione naturale del suo essere, e se svuole lo fa perchè costretto da qualcosa di più forte.
Dunque, attratto da questo piccolo virtuosismo dell'autore, m'ero perso il senso dell'invito. Perchè l'immagine di moltitudini umane che saltano per allontanarsi dal suolo, e quindi per liberarsi dalla schiavitù che subiscono nell'essere soggetti alla natura gravitazionale del mondo, beh... questa immagine che erroneamente mi ronzava in testa era del tutto ovvia. E anche un po' irritante, nel suo velleitarismo zuccheroso.
Però poi succede che un camion, passando sotto il ponte, tranci via la maggior parte della struttura di metallo. Ora, sotto il ponte, si legge solo 'Con infiniti sal ....... olo'.
E sarà forse per l'assenza della parola magica, sarà per altro, ma credo di essere arrivato un po' più vicino al pensiero di questo sconosciuto maestro.
Nel frattempo accade, infatti, che io debba accettare la mia inconsistenza di lettore. Mi devo guardare allo specchio e confessarmi, anzi denunciare pubblicamente la mia incapacità di lettura, se leggere significa passare una qualche parte del proprio tempo con un romanzo in mano.
Già, ormai la letteratura contemporanea mi è quasi del tutto aliena. Apro in continuazione libri e romanzi, spesso esortato da colleghi ed amici. "Questo è un capolavoro!", "Leggilo!", "Ahhhh! Che piacere e che scoperte, che uomo! Che lingua! Che ritmo!". Ogni volta io rispondo "No, non l'ho letto, me lo presti?", sentendomi in colpa vergognosa, perchè tra i miei colleghi ce ne sono alcuni dotati di scienza e coscienza letteraria sontuose.
Poi lo prendo in mano, quel libro decisivo, lo apro ad una pagina a caso, inizio a leggere qualche riga che mi attendo grandiosa come quelle che lessi io pure, ormai un po' di tempo fa. E invece no, l'unica cosa che mi riesce dire è un "Mi spiace, non ce la faccio, ormai sono da buttare via". Assumendo in tutto la colpa sulle mie spalle 2).
Ieri ho letto il testo di Michele Serra, Gli sdraiati, confidando nel fatto che ho sempre amato la scrittura dotata di leggerezza. E perchè sapevo che con l'autore potevo stabilire un patto di età e di comune condizione di padri alle prese con figli ventenni. E poi la sera sono andato a vedere l'ultimo film di Virzì, Il capitale umano, dedotto da un romanzo americano e prodotto dalla RAI. Un film dove il Motorino amaranto, la casa di produzione di Virzì, ha un ruolo marginale.
Li ho guardati come strutture narrative, per soddisfare l'ossessione che mi tormenta. Perchè non posso leggere narrativa? E trovo una risposta orribilmente banale, e intuisco la ragione per la quale il painter di città abbia concepito la sua visione, e perchè sia necessario un atto di volontà per scacciare le voglia del suolo che ci ottunde. Siamo orfani di epica. E nell'impossibilità di trovare un Omero, ci andrebbe bene anche un Melville qualsiasi. E nel nostro stato di orfani che mai hanno elaborato il lutto, ci troviamo costretti a desiderare il suolo.
C'è un quadro di Klee che s'intitola 'Angelus Novus'. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.
Walter Benjamin 3)
____________________
1) Svogliare-svogliarsi si si trova in effetti attestato, e la forma del participio passato è pure comunissima nella lingua parlata: "Sei davvero svogliato!" nel senso di non avere voglia di far nulla.
2) In realtà il mercato librario, della narrativa in special modo, è del tutto fiorente, vivo come mai lo era stato prima, ed è del tutto evidente che il segno della malattia, della tabe improvvisa, è tutto nelle mie mani di fu lettore, di ex amante dei libri, di cultore defunto dell'arte e della bellezza scritta.
Dirò di più. Ormai leggo meno narrativa moderna di quanto facciano i miei allievi.
Ed è da indagare il perchè, superato ormai il mezzo del cammin di nostra vita - secondo le speranze di vita moderne, sia inteso, ho espulso dalla mia vita quasi tutti i romanzi che ora si stampano. Tanto che mi trovo a dover leggere per la seconda o anche per la terza volta, opere già conosciute negli anni miei più lontani.
3) la citazione di coda, lo ammetto, è divinamente pretenziosa, ma io avverto che Benjamin è qui per una ragione principalmente estetica.