Si svolgerà domani (20 febbraio, dalle 10 alle 19,30), nella sala delle conferenze della Cantina Borbonica di Partinico (Pa), un convegno di studi sul tema: “Scienza, ufologia, fantascienza”, organizzato dall’Associazione culturale Impronta e dal Centro ufologico nazionale. Sarà presente, tra gli altri, Roberto Pinotti, autore di parecchi studi sugli Ufo.
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Gli avvistamenti di oggetti non identificati nello spazio, hanno una storia antica. Se ne possono trovare tracce in tutte le epoche. Dalle simbologie della civiltà egizia, ai riferimenti del Nuovo Testamento sulla fine del mondo.
Gli Ufo, opera del partinicese Vito Mollisi
Nel primo secolo a. C. Diodoro Siculo, lo storico greco di Agira (Enna), parla di una torcia che accompagna Timoleonte; Tito Livio descrive una visione di scudi nel cielo. Seneca poi ci racconta di strani prodigi celesti. In tempi più vicini al nostro, Benvenuto Cellini, nel 1550, riferisce di una sbalorditiva trave di fuoco nei cieli di Firenze.
A Partinico, nell’antica biblioteca del barone Francesco Ramo, donata ai monaci Cappuccini, si può leggere, nella rivista “Opuscoli di Autori siciliani”, un articolo, credo del 1726, del diarista Antonino Mongitore. Si racconta che una mattina, mentre il canonico della cattedrale palermitana passeggia per il cassaro, vede nel cielo un oggetto a forma di spada che, dopo avere attraversato la città, sparisce luminoso all’orizzonte.
Insomma, scorrendo la letteratura, la storiografia e l’arte, si possono riscontrare nel corso dei secoli migliaia di riferimenti a oggetti celesti non meglio definibili. E’ strano tuttavia che per un tempo così lungo essi non abbiano mai trovato una loro sistematizzazione razionale, una loro disciplina. Una spiegazione si può cogliere nel fatto che si tratta di fenomeni o di fatti percettivi isolati, sui quali è sempre discesa, assorbendoli, la dimensione pagana o cristiana della vita. Ma il fenomeno prescinde dall’appartenenza ad una professione religiosa.
Per tutto il tempo che arriva al Novecento non sono esistiti sistematici studi di lungo periodo su avvistamenti certi di quelli che oggi siamo abituati a chiamare Ufo, in quanto i primi dati quantitativi si sono cominciati a raccogliere per ragioni di difesa militare, da parte di alcuni Paesi occidentali. Agli inizi del Novecento in Gran Bretagna, alla vigilia della Grande guerra, strane luci che si spostano sono notate nei cieli di Londra e di Liverpool. Sono troppo vistose per passare come mezzi militari inventati da qualche potenza nemica. Come ci raccontano i giornalisti Attilio Bolzoni e Vittorio Zucconi de “la Repubblica”, uno plana in pieno giorno sulla scuola navale dell’Essex. Da qui nasce un dibattito sugli Unidentified flying objects (Ufo) che non si è più chiuso. Ad aprirlo è il primo lord dell’Ammiragliato britannico, Winston Churchill. Sono migliaia di atti desecretati alcuni anni fa dagli archivi di Kew Gardens, e resi pubblici probabilmente perché i governi britannici si sono resi conto che non hanno nulla a che fare con situazioni militari di un qualche Paese, ma con fenomeni inspiegabili. Perciò, più sono conosciuti dal grande pubblico degli studiosi e degli scienziati e meglio è.
I files di Kew Gardens ci parlano di apparizioni, di testimoni, di sopralluoghi e fatti connessi con gli Ufo per un periodo assai lungo della storia mondiale del secolo scorso. Sono migliaia di casi registrati in atti governativi e provengono, in gran parte, da basi militari delle forze armate britanniche. Carte ritenute top secret dal ministero della Difesa di Sua Maestà. Fino a quando i vertici militari arrivano alla conclusione che non esiste alcuna attività militare nemica.
Lo studio di questi documenti ci svela comunque episodi inquietanti.
Nei primi decenni del Novecento ci sono, prima di tutto, gli avvistamenti degli anni della Grande guerra. Nel 1940, i piloti dei bombardieri della Raf che ritornano dalle incursioni sulla Germania di Hitler scatenano senza volerlo le paure apparentemente sopite. Lo dimostrano innumerevoli segnalazioni raccolte nel fascicolo Air 2/5070 degli archivi di Kew Gardens. Sono oggetti luminosi che affiancano gli aerei in volo senza attaccarli. Un report dell’8 luglio dice: “I nostri aerei vengono seguiti anche per mezz’ora da questi apparecchi oltre il canale della Manica e fino al territorio inglese. Cosa ancora più strana, non ci attaccano”. A guerra finita i piloti della Luftwaffe intervistati dichiarano di avere visto anche loro quelle luci.
Nella sola estate del 1946 sui cieli della Scandinavia si registrano settanta apparizioni di oggetti volanti. I Servizi segreti inglesi indagano e arrivano alla conclusione che si tratta di oggetti a forma di sigaro, o di palle di fuoco grandi quanto la luna piena che schiantandosi al suolo non producono rumore.
Negli anni Quaranta e Cinquanta è Winston Churchill a occuparsi del fenomeno. Ma non cava un ragno dal buco.
Ufo caduto in Russia nel 1969 (video KGB)
Il 26 ottobre 1967 Angus Brooks porta il suo cane a passeggio nelle campagne, quando all’improvviso vede nel cielo un oggetto circolare che rimane sospeso per ventidue minuti. L’anno successivo, nel Cheshire, oggetti volanti di colore argento si muovono lentamente e spariscono in una palla di fuoco.
Nel 1980 il colonnello dell’aviazione americana Charles Halt parla in un rapporto di luci inspiegabili e dell’avvistamento, da parte di tre suoi soldati, di oggetti triangolari. E potremmo così continuare a lungo nel riportare episodi, racconti, fatti tutti con il denominatore comune dell’inspiegabilità, di qualcosa che trascende i limiti della ragione.
Nel 1950, nei laboratori di Los Alamos nel New Mexico, Enrico Fermi ed altri scienziati parlavano di galassie e di voli “superluminali”, oltre il limite della velocità della luce. La loro discussione prendeva lo spunto da uno strano fenomeno: la sparizione dalle strade di Manhattan di migliaia di contenitori di immondizia, che per ragioni note soltanto a loro, gli alieni, venivano sottratti alla legittima proprietà della Nettezza urbana di New York e trasferiti nel loro
Margherita Hack
pianeta. Fermi e gli altri si interrogarono e posero una questione: se gli alieni esistono, dove tengono le loro basi, dove sono? Ma soprattutto esistono? Stando a un semplice calcolo di probabilità, considerando che nella nostra galassia ci sono 250 miliardi di stelle nessuno scienziato ne ha mai negato la possibile esistenza. Anche un’astrofisica come Margherita Hack si guarda bene dal farlo, anche se nega ogni possibilità di contatto con altre civiltà, distanti da noi praticamente un tempo infinito.
La possibilità tuttavia di vita intelligente nell’universo, capace come dice Vittorio Zucconi “di bucare il tempo e lo spazio”, rientra nei calcoli probabilistici che ogni uomo di buon senso può fare. Tanto più che siamo ingabbiati dalle categorie kantiane del tempo e dello spazio, senza le quali la nostra esistenza sarebbe inconcepibile.
Al contrario nel Novecento è stata la paura della guerra contro un nemico non conosciuto a determinare la chiusura di ogni informazione sulle migliaia di “marchingegni volanti” e dei vari fenomeni di avvistamento di cui ci parlano le carte militari degli Archivi che abbiamo consultato e che sono presenti, in copia degli originali, nel nostro Archivio storico di Partinico.
Giuseppe Casarrubea