E' così, Luigi Nacci, poeta e scrittore che da tempo si è messo in cammino. Non sai bene se la sua scrittura è quella del saggista o del poeta, però la sua è parola che fa bene leggere a voce alta e ascoltare, è parola che prende e culla, oppure che libera e spinge per le vie del mondo, parola in ogni caso che sa farsi anche agguato, sorpresa, fulminazione.
Per me è successo anche con questa riga, nella prima pagina di Viandanza, libro con cui Luigi è uscito proprio in questi giorni per Laterza e con il quale prosegue la strada di vita e di scrittura cominciata con Alzati e cammina (Ediciclo).
Ho cominciato con il passo della nostalgia, ma quante cose mi sono capitate dopo. Ecco - scrive Luigi - questo libro tratterà di quei sentimenti, quelle immagini, quei rumori di fondo che si fanno prevalenti durante il cammino.
Via Francigena o Cammino di Santiago non importa, perché la via è soprattutto dentro. E anche se è un libro che odora di sudore e fatica, che si porta dietro il ricordo di boschi attraversati e di cime raggiunte, che sembra farsi conversazione con un compagno di viaggio, ecco, mi pare un libro che racconta soprattutto il cammino della vita interiore. Basta scorrere i titoli dei capitoli: Paura, Stupore, Spaesamento, Nostalgia, Disillusione, Allegria, Arroganza, Umiltà...
E questa parola che è la parola di Luigi, questa parola - Viandanza - che è salutare tenere dentro, ecco, mi sembra esprima saggezza e leggerezza, ma soprattutto un altro modo caricarsi sulle spalle lo zaino della vita e di stare al mondo.
Un libro sulle partenze, così avevo definito a suo tempo Alzati e cammina. E se questo fosse il libro dei ritorni?