Con Sapori reclusi la buona cucina è “made in jail”

Da Saporireclusi

Le parole di Federico De Cesare Viola dalla pagina online di Luxory24, del Sole 24 Ore:

«In prigione la cena era sempre una cosa seria»: inizia così, con la voce fuori campo di Ray Liotta, il racconto cinematografico delle abitudini alimentari dei Goodfellas: la tecnica migliore per affettare l’aglio così sottile da farlo sciogliere in un filo d’olio, i differenti tagli di carne da usare nella salsa di pomodoro, l’abilità nel cuocere una bistecca solo con una padella. Di necessità virtù. Perché in carcere – soprattutto in uno vero, a differenza del film di Martin Scorsese – le regole sono ferree e le limitazioni molte. Gli ingredienti a disposizione non sono certo gli stessi di una gastronomia di lusso e gli strumenti da cucina non vanno oltre, il più delle volte, a un fornellino a gas di quelli da campeggio. Ma mangiare bene, per un detenuto, è un modo per vivere la normalità, per resistere meglio e per sentirsi vivo. Il cibo è identità, memoria, condivisione.
Sapori Reclusi è un’associazione nata a Fossano, nel cuneese, con lo scopo di far unire, attraverso il cibo, due mondi quasi sempre incapaci di comunicare: quello dentro e quello fuori dal carcere.

L’ultimo progetto è “le lezioni di Gambero Nero”, che ha portato un gruppo di sette cuochi – tra i quali gli stellati Davide Palluda dell’Enoteca di Canale, Ugo Alciati di Guido a Pollenzo e Andrea Ribaldone de La Fermata di Alessandria – all’interno della casa circondariale Don Soria di Alessandria, per uno scambio di ricette e di esperienze di vita. Lo stesso gruppo di cuochi, insieme con alcuni produttori e detenuti, saranno i protagonisti di una cena speciale, il prossimo 27 gennaio, presso la sala Punt e Mes di Eataly, a Torino. Tra i piatti del menù il baccalà con gelatina d’arancia, il riso Carnaroli del pavese mantecato al fondo bruno e il filetto di maiale alle spezie.
Una cena per conoscere il progetto e l’Associazione – alla quale andrà parte dell’incasso –, per scoprire la realtà carceraria da un diverso punto di vista e per provare le specialità “made in jail”, ad esempio le polentine e i baci di dama di Banda Biscotti (produttori presso il laboratorio di pasticceria della casa circondariale di Verbania) o il vino di Valelapena (casa circondariale di Alba).

Dietro le sbarre ci sono storie che, appunto, “vale la pena” di raccontare e voci che meritano di essere ascoltate. Come quella di Ciro, napoletano, una vita passata a fare rapine. Con una mano tanto abile a impugnare una pistola quanto a modellare un impasto a regola d’arte. O quella del calabrese Bruno, che ha mancato di un soffio l’indulto, per la gioia dei compagni di carcere che potranno godere ancora a lungo della sua celebre lasagna. «La cucina rende più umana la vita, mescola mondi e fa scoprire sapori nuovi – spiega Davide Dutto nell’introduzione al libro “Il gambero nero. Ricette dal carcere”, un bellissimo racconto fotografico realizzato insieme a Michele Marziani per Cibele –. In fondo la grande cucina nasce spesso dal basso, dalla fame, anche di libertà, che aguzza l’ingegno».

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