Sin dalla conferenza stampa di presentazione del Festival, tenutasi a Milano lo scorso 14 luglio, la curiosità verso questa pellicola di animazione era davvero molta. Si era infatti percepito orgoglio nelle corde di Oliver Père per aver portato a Locarno quest’opera ed in generale che in concorso vi fosse una animazione davvero particolare.
Recuperata all’ultimo giro, brancolando nel buio (cosa che peraltro consiglio) e senza sapere a cosa stessi per assistere, tranne che fosse film romeno narrato dal punto di vista del defunto. Idea questa peraltro non nuova nel cinema e nella letteratura, forse la peculiarità maggiore era l’associazione disegno animato–Romania. Oggi posso affermare che la scelta dell’animazione sia stata abile escamotage per rendere la storia assai più digeribile così come la lunghezza, – di fatto è un mediometraggio – sia stata ben calcolata… e per fortuna!
Storia dal sapore amaro che si fa ancora più acre superata la prima mezz’ora e che rende la seconda parte quasi angosciante: si rimane in crescente attesa che i propri dubbi non prendano forma, mentre invece tutti verranno confermati e ciò infastidirà il pubblico t a n t o. Il perché è anch’esso intuitivo: quanti romeni emigrano ogni anno e spesso lavorano 7 giorni su 7 per mandare a casa del denaro? E quante volte vengono associati alla microcriminalità? Molte, tante anzi tantissime al punto che non sono associabili ai vicini di casa che tutti vorrebbero (politicamente scorretto, ma reale…). Sembra che i polacchi abbiano sviluppato il medesimo preconcetto diffuso dalle nostre parti e che nelle carceri un po’ ovunque non vi sia una attenzione verso i propri ospiti assimilabile a quella delle SPA di lusso.
Non aspettatevi di uscire dalla sala come se nulla fosse, il film è fatto bene, nonostante il disegno sia in 2D, con colori sbiaditi, spesso sia tono su tono, il tratto della matita o forse del pennello (in alcuni punti pareva un acquarello) sia semplice ed approssimativo, e si ricorra talvolta all’uso del collage ed al supporto soprattutto di fotografie. Immagini queste ultime che sono la chiave di molti dei nostri dubbi, mentre la narrazione scorre spesso con l’ausilio di molta ironia: già nelle prime battute, ad esempio, Crulic condivide il numero del proprio “passaporto mortuario” che ironicamente è 007 e ci ricorda come in polacco il proprio nome significhi “coniglio”, e con un incipt simile …
Dietro la maschera del cartone animato nei fatti abbiamo un documentario leggermente romanzato per non urtare alcuni dei personaggi coinvolti in questa storia agghiacciante soprattutto poiché la quotidianità ne è piena. E non è per nulla piacevole prendere coscienza che alcune situazioni drammatiche siano n o r m a l i al punto da non meritare più neppure di essere menzionate al telegiornale.
Un saggio calcio nello stomaco che, come spesso accade, quando per una volta crediamo di aver accuratamente evitato tutto ciò che aveva un’alea di pesantezza e/o denuncia sociale, ci ritroviamo di fronte semplicemente perché non indossa le solite prevedibili e tanto noiose vesti. Plauso agli autori e ad Anca Damian, l’opera è gentile e non pietistica e forse per questo molto efficace. Vergogna invece alle persone coinvolte nella storia narrata!
Animazione decisamente non per i piccoli, anche se dubito raggiungerà mai la grande distribuzione.