Conferenza con la Stampa – Un Matteo Renzi laurista, in comfort-zone e tea-party con i giornalisti italiani, difende il suo 2015 e la sua RAI. Poi suggerisce il titolo ai suoi giornali.

Creato il 29 dicembre 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Sobrio poster blanket-size dal Corriere.it

di Rina Brundu. Buone notizie: secondo Matteo Renzi quello appena passato è un anno molto migliore di quello che aveva preventivato (cosa aveva preventivato? E questo significa che c’é altro marciume che deve ancora venire a galla?), ma soprattutto ora avremmo una Rai che sarebbe guidata da personalità di primo piano che starebbero facendo un ottimo lavoro. Domanda: sono le stesse che solo domenica scorsa hanno permesso a Massimo Giletti di andare in onda nel primo pomeriggio di Rai1 per trattare il tema “Fabrizio Corona”? E sono le stesse che propongono ad ogni ora del giorno e della notte programmi degni del neurone rincoglionito of the year?

De gustibus: evidentemente questa è la best practise culturale e sociale che fa da orizzonte d’attesa al renzismo, ma dubito che sia quella di tutti gli italiani. Subito dopo un tale incipit to-remember, il Premier si è imbarcato nel solito discorso retorico, noioso, laurista, intessuto di perle ridondanti e formule captatio-benevolentiae a proposito di quelli che sarebbero i “successi” governativi: ecco perciò l’immancabile minestra riscaldata e condita con “l’orgoglio” che nascerebbe dall’essere riusciti a portare a casa l’Expo (meglio sarebbe stato che qualcuno se lo ricordasse l’Expo, anche solo dopo un mese, per meriti intrinseci), l’usata idealizzazione di questo “Jobs Act” che avrebbe risolto (almeno da come ne parla Renzi), i problemi del lavoro in Italia e via così almanaccando. Dulcis in fundo, Matteo Renzi suggerisce il titolo ai suoi giornali: “In Italia la politica ha vinto sul populismo”, siamo certi che il suggerimento verrà raccolto.

Di converso, a codesto tristo “narrare” – tra l’altro applaudito da qualche giornalista – ha fatto da contrappunto tonante il silenzio sullo Scandalo Banca Etruria, il suo recente attacco contro i giornali in quel della Leopolda e l’elegante sorvolare su tutti gli altri problemi che hanno costellato quest’anno difficilissmo per l’Italia. Fortuna che poi la parola è passata ai mastini e cani da guardia del giornalismo nazionale che, alla maniera di una Oriana Fallaci dei tempi migliori, lo hanno davvero messo all’angolo (si fa per scrivere, pardon…. per ridere, naturalmente): ecco quindi una pregnante domanda light sul problema dello smog che ha permesso a Renzi di prendere la palla al balzo e attaccare i Cinque Stelle; il tutto prima di passare alla seconda domanda fatta dal giornalista del Messaggero e riguardante il calo dei consensi, la quale è stata posta alla stregua di un amplesso dolce, con risposta incorporata e in virtù della quale Renzi ha potuto sguazzare “gentile farfalletta”; il passaggio (via-domande dei giornalisti) sul Caos Banche è stato così reticente, laurista e all’acqua di rose che non è commentabile senza mancare di rispetto alle persone che in questo momento ne soffrono le conseguenze sulla pelle…. E trallallerò e trallallerà, nessun giornalista che abbia avuto il coraggio di porre sul tavolo una questione scomoda, di interrompere il soliloquio laudatorio del-se, di toglierlo dalla sua comfort-zone, di chiedere chiarimenti sostanziali sul Caso Etruria, sullo status-quo amministrativo di Roma, sull’emigrazione giovanile costante e inarrestabile, sugli imprenditori che chiudono baracca, sul debito pubblico che cresce, sui debiti di stato contratti a scopo spot-elettorale, sullo status-quo della libertà di stampa in Italia così come percepito dagli organi deputati stranieri: eppure, come si evince, c’era solo l’imbarazzo della scelta!

Più che una conferanza con la Stampa uno spot elettorale appoggiato dalla “Stampa libera” italiana, adorante, in pesante conflitto amicale di interesse (almeno a giudicare da alcuni siparietti). Un tea-party praticamente, in senso letterale non di politichese d’oltreoceano. E poi ci chiediamo perché il giornalismo sia morto in Italia: non fosse bastato tutto il resto oggi ne abbiamo disperso le ceneri in alto mare. Ma come si fa??

In chiusura non si può non citare tre immancabili perle renzistiche 2.0. L’aforisma del giorno “Il compito del leader non è commentare i sondaggi ma cambiarli” (crepa d’invidia Sun Tzu!), l’incauta dichiarazione che la sua politica sarebbe da considerarsi “fallita” se non passasse il referendum costituzionale (solo in quel caso?), e la “promessa” che questo sarà il suo ultimo “ruolo pubblico”: come dire meglio mettere le mani avanti sin d’ora per non traballare troppo quando arriverà l’imprescindibile… spinta…. nelle parti basse procurata da cotanta felicità provata dal tartassato italiano!

PS: A titolo di curiosità, e dopo avere osservato una rara panoramica sui giornalisti presenti alla Conferenza: ma quale era la loro età media? Sessanta? Settanta? Centoventi? Mah….

PS2: Per correttezza però pubblico anche l’interpretazione che della “Conferenza” ne da anche l’organo mediatico di Partito.