"Ascoltatemi bene! Quando sarete diventati adulti, i vostri genitori parleranno con la vostra bocca. Lo faranno in due modi alternativi: o dicendo le stesse cose che hanno sempre detto, oppure dicendo l'esatto contrario. Ma in ogni caso saranno loro a parlare, non voi. Ed il tempo per costruire finalmente una vostra voce sarà irrimediabilmente scaduto. Ragazzi miei, volete sapere come fare a distruggerli? Scrivetemi in privato e vi insegnerò alcune preziosissime tecniche. Fate presto però! Il tempo avanza inesorabilmente contro di voi". (autocitazione)
Gli anni del liceo non sono stati i migliori della mia vita. Quando avevo dodici anni, i miei compagni ne avevano quattordici. E quando ne ebbi quattordici, loro erano già arrivati a sedici. Provai ad accelerare l'insorgere di certe attitudini e di certi bisogni sfidando la natura e gran parte delle convenzioni, ma finii dentro al paradosso di Zenone nelle vesti di Achille: per quanto arrivassi loro vicino, la matematica puntualmente mi negava il traguardo ricacciandomi nel bozzolo dell'inferioritá anagrafica. Infine capii che non sarei mai riuscito nel mio intento e pian piano sviluppai un paio di meccanismi di difesa piuttosto rudimentali e di segno opposto, l'umorismo e la presunzione: col primo attiravo, col secondo respingevo. Ancora oggi, nonostante la vita abbia provveduto da tempo a rimettermi in pari con gli altri, mi capita di far uso inconsapevole delle mie due antiche armi e sorridere nel vedere come qualcuno prenda tanto sul serio le mie intemperanze adolescenziali.
Mi sono soffermato sul mio disagio anagrafico senza far menzione delle persone che mi circondavano. La ragazza nella foto è Paola, una mia compagna di classe. Bella, vero? Ci siamo ritrovati qualche tempo fa qui su Facebook dopo oltre trent'anni. Paola fu l'essenza stessa della mia adolescenza. Mi volteggiava intorno, inarrivabile e leggera, con la freschezza dei suoi sedici anni per me già così eccessivi, lasciandosi alle spalle la scia di stelle di Trilli Campanellino. Qualche volta mi si fermava davanti col sorriso più bello che conoscessi ed era lì, quasi a portata di mano, come per un bambino la luna grande e piena in certe notti d'estate. Paola era una delle ragazze più corteggiate della mia città ed io solo uno dei più piccoli, invisibili satelliti gravitanti dentro un'orbita oscura e lontana. Ancora oggi, tutte le volte che ci sentiamo al telefono per raccontarci le nostre piccole, simpatiche disavventure di adulti sposati, scafati, disillusi e magari un po' preoccupati per il futuro dei nostri figli, mi sembra di sentire attraverso le onde radio il magico suono che accompagnava la scia di stelle nella favola di Peter Pan.